“A trentaquattro anni dal disastro di Ustica il mio pensiero riverente e commosso va alle 81 persone che in esso persero la vita e ai loro famigliari che, attraverso l’Associazione che li riunisce, ne perpetuano il ricordo”. Cosi’ il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio inviato al Presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, Daria Bonfietti.
“La scelta, che si rinnova anche quest’anno, di affidarne la trasmissione alla potenza espressiva dell’arte- aggiunge il capo dello stato- contribuisce a mantenere viva la memoria collettiva di uno degli episodi più inquietanti della nostra vita nazionale. Comprendo e condivido il rammarico per la mancanza di una esauriente ricostruzione della dinamica e delle responsabilità di quel tragico fatto, nonostante i lunghi anni di indagini e i processi celebrati”.
“La tenace sollecitazione a compiere ogni ulteriore sforzo possibile, anche sul piano internazionale- sottolinea Napolitano- per giungere ad una esaustiva ricostruzione di quello che avvenne nei cieli di Ustica impegna tutte le istituzioni a fare la loro parte perchè si giunga all’accertamento della verità. Con questo spirito, rinnovo i sentimenti di affettuosa vicinanza mia e dell’intero Paese ai familiari delle vittime e all’Associazione che con ammirevole tenacia si batte perché’ si faccia piena luce sulle cause di quel drammatico evento“.
Le rivelazioni francesi sulla strage di Ustica del 27 giugno 1980? “Sono soltanto il segno che ci avevano detto delle bugie”. Così Daria Bonfietti, presidente dell’associazione che riunisce i familiari delle vittime (video nel notiziario in abbonamento), che oggi a Bologna ha partecipato alla commemorazione del 34esimo anniversario della strage. “E’ da tempo che i pm romani- afferma Bonfietti, prima di intervenire nell’aula del Consiglio comunale- stanno interrogando i militari che stavano a Solenzara”, la base militare francese in Corsica. C’è stato “un primo interrogatorio, ma è già da più di un anno che lavorano su queste nuove rivelazioni, che sono soltanto il segno che ci avevano detto delle bugie”. La base “non chiudeva alle 17”, come affermato per anni, “questi militari- commenta Bonfietti- dicono tranquillamente che quella notte lavoravano”. Ancora, però, “non si sa, ed è questa la cosa importante- continua l’ex parlamentare- cosa facevano e quale era l’ordine e la consegna del silenzio che hanno tenuto per tutti questi anni”. Altro capitolo è quello che riguarda le mancate risposte di Abdessalam Jallud, all’epoca numero due Muammar Gheddafi, e gli archivi libici che sarebbero finiti in mano ai servizi segreti inglesi. “E’ una brutta cosa”, dichiara Bonfietti, perchè “sapete bene che Jallud non è in un altro Paese, forse è in Italia e se è qui forse è perchè qualcuno gli ha garantito, dato quello che è avvenuto nel suo Paese, di esserci”. Di conseguenza, “credo che si dovrebbero pretendere delle risposte. Jallud era in quei momenti, nel 1980, il braccio destro di Gheddafi”, continua Bonfietti: “I magistrati hanno in mano altre occasioni, altre testimonianze che lo vedono raccontare di quella vicenda, a suo modo, cioè rivendicando che era l’aereo libico di Gheddafi il deputato ad essere abbattutto quella notte. L’ha detto mille volte lui, l’ha detto Gheddafi. Negarlo oggi è veramente squallido, ma è squallido che noi Italia accettiamo queste risposte”.
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