Nel 2013 era nato come un libro (edito da Bruno Mondadori), una guida all’uso corretto delle parole, dedicata in primo luogo ai giornalisti. Oggi, Parlare civile è diventato un sito web, con oltre 300 parole e locuzioni, tra quelle più usate dai media e nel linguaggio comune, per affrontare temi quali l’immigrazione, la disabilità, la salute mentale, la povertà e l’emarginazione, ma anche le questioni di genere e Lgbt, la prostituzione e la tratta, la religione, Rom e Sinti.
Sia il libro che il sito sono stati realizzati dal Redattore Sociale, il primo network multimediale italiano sui temi sociali, insieme all’associazione Parsec, tra le massime organizzazioni non profit di intervento e ricerca sociale, con il sostegno di Open Society Foundations.
Il progetto, il primo in Italia nel suo genere, è curato dalla giornalista Raffaella Cosentino e dalle ricercatrici Giorgia Serughetti e Federica Dolente.
Sul sito www.parlarecivile.it, ogni parola ha una scheda ricercabile in ordine alfabetico, che ne riporta l’etimologia, l’uso, i dati e le statistiche corrispondenti, le alternative consigliate (dove esistenti) e l’esempio tratto da alcuni casi giornalistici. In questo modo sono state pubblicate sul sito più di 180 schede-parola che all’interno contengono la spiegazione di un numero maggiore di espressioni, frasi fatte e termini collegati, per un totale di oltre trecento.
Si va, ad esempio, da espressioni quali male incurabile, costretti sulla sedia a rotelle, non udenti, dramma della gelosia, vu cumpra, a parole come clandestino, lucciola, trans, nomade.
Così, navigando on line, ci si accorge che “non esistono parole sbagliate, esiste un uso sbagliato delle parole” come recita lo slogan del progetto. E allora è sufficiente imparare ad usarle, senza trascurarne l’origine, il significato e quello che possono rappresentare per le persone alle quali si riferiscono.
Lascia un commento