“Sempre nel posto sbagliato” potrebbe essere il titolo di un film che narra le vicende del popolo palestinese. In effetti non è solamente il testamento spirituale dell’intellettuale più stimato del nostro tempo, è anche il racconto della lotta e dell’esclusione della sua gente.
Edward Said, letterato della diaspora, appartenente ad una benestante famiglia cristiano-palestinese, vive i giorni della Nakba non direttamente, ma di riflesso, tramite i racconti di parenti e amici. ”Al Cairo notavo spesso la tristezza e la disperazione sulla faccia e nella vita di persone che in Palestina avevo conosciuto come normali e spesso prosperi borghesi, ma non avevo gli strumenti per comprendere la tragedia che li aveva colpiti… Tutto il parentado sembrava aver rinunciato per sempre alla Palestina, che diventò un posto dove non saremmo più tornati, sempre più raramente nominato, fonte di nostalgia struggente ma muta”.
Per Edward Said, cresciuto al Cairo e negli Stati Uniti, la Nakba non avrà i risvolti drammatici degli altri scrittori palestinesi della diaspora, ma nelle sue memorie si intuisce il “silenzio”, quel silenzio che accompagnò i suoi familiari dopo gli eventi del 1948. “Vi era un senso di pudore nel solo pronunciare la parola ‘Palestina’, come se evitando di parlarne i protagonisti di questa storia vera cercassero di cancellare il dolore”.
Oltre a narrarci con intelligenza e con linguaggio preciso e articolato le origini della sua famiglia, dalla cacciata nel 1948 da Gerusalemme, dalla giovinezza agiata e spensierata vissuta al Cairo, mostra anche attimi più intimi della vita all’interno della famiglia, con un padre burbero, distante e duro, ed una madre invasiva ma amatissima. E intanto ci rappresenta come, prima dell’occupazione israeliana, arabi ed ebrei convivessero pacificamente all’interno anche delle stesse famiglie.
Said sempre nel posto sbagliato, palestinese cristiano con passaporto americano, non bene inserito perché crea sospetti tra i compagni inglesi in Egitto, sospetto ai nazionalisti arabi religiosi, agli studenti ebrei della Columbia, si esprime sempre in una lingua diversa da quella della maggioranza che lo circonda, inglese tra gli arabofoni, arabo tra gli anglofoni, tradisce spesso le aspettative che hanno su di lui. Ma in questo libro finisce scrivendo: ”A volte mi sembra di essere un ammasso di correnti in flusso continuo. Preferisco quest’immagine all’idea di un solido, di un’identità fissa alla quale, pure, la gente attribuisce tanta importanza. Ho imparato a preferire la diversità e lo spaesamento”.
Questa autobiografia, scritta in inglese, oltre a rappresentare uno specchio fedele delle vicende personali e del suo tempo, mette in evidenza il tema del ritorno dei palestinesi in visita nel loro paese.
Edward Said è nato a Gerusalemme nel 1935, critico letterario e uno degli intellettuali di spicco nel panorama culturale contemporaneo, ha insegnato Letteratura comparata alla Columbia University di New York. È morto nel 2003.
Cristina Micalusi –Nena News
Lascia un commento