In pietra bianca, spesse due metri e lunghe 4,8 km, le mura intorno a L’Aquila furono completate nel 1316 e lungo il tracciato si innalzarono 86 torri merlate e si aprivano ben 17 porte di collegamento con il territorio circostante, considerato parte integrante della città.
Fra pochi giorni si faranno i conti sulla fine di una di queste porte, quella di Barete,quella della vittoria su Braccio Forte da Montone, che dovrebbe essere riapertura attraverso l’eliminazione totale del terrapieno ottocentesco e borbonico di Via Roma, salvaguardando “il diritto dei cittadini di rientrare nelle proprie abitazioni”, secondo una proposta all’ordine del giorno del Consiglio Comunale del 6 marzo scorso, con primi firmatari Giuliano Di Nicola (Idv) e Daniela Ferella (Udc, che ha ottenuto da subito il sostegno di Enrico Perilli, esponente di Rifondazione Comunista e presidente della commissione in cui è stato presentato l’Odg e che fa sua la cosiddetta soluzione di compromesso che mons. Antonini aveva formulato già nel novembre 2013 dopo aver appreso che, al contrario di quanto egli supponeva nel 2010, sia l’immobile Del Tosto sia quello del civico 207 di via Roma per ragioni diverse sarebbero rimasti sul medesimo sito pre-sisma; soluzione che, invece, se adottata, permetterebbe di recuperare al completo le mura e le due torri della piazzetta d’armi interna, consentendo, al contempo, la già autorizzata ricostruzione del caseggiato al suo posto.
Oltre alla senatrice Blundo, del M5S, molti altri aquilani sono intervenuti a favore di questa soluzione, sostenuta infine anche dal Comune e tante associazioni aquilane hanno ricordato che la questione è una occasione da non perdere per a rivalutare il patrimonio storico della città ferita, rispondendo ai migliori canoni dell’estetica e della funzionalità e tenendo conto sia dei diritti privati che di quelli della collettività.
Come è stato scritto da l’Archeoclub d’Italia – Sede L’Aquila, Aternus – Valle dell’Aterno, Gruppo Aquilano di Azione Civica “Jemo ’nnanzi”, Italia Nostra – Sezione di L’Aquila e Panta Rei, occorre riflettere sul fatto che, anche se, come da alcuni scritto, il progetto di riqualificazione avrà certamente necessità di approfondimenti a livello tecnico, storico e urbanistico anche in relazione alla nuova viabilità che si sta realizzando e a eventuali modifiche di quella preesistente; il recupero di Porta Barete pè la prima importante occasione che i Cittadini Aquilani e tutti gli Abruzzesi hanno per dimostrare la volontà di contribuire a una vera rinascita che sappia valorizzare ciò che si possiede e sappia guardare al Bene Comune e che quindi vada avviato con urgenza un percorso di progettazione partecipata secondo gli indirizzi codificati dalle scienze sociali, già sperimentati in altre città, per cercare soluzioni che siano rispettose della giusta aspirazione e della imprescindibile necessità di vedere ricostruita una città più bella e attrattiva e dei diritti acquisiti dei residenti.
Tutto questo partendo dal modello grafico realizzato volontariamente e gratuitamente dal disegnatore e modellatore grafico aquilano Antonello Buccella: una ricostruzione tridimensionale che si basa realisticamente sullo stato di conservazione attuale dell’antiporta e che dimostra che il progetto ha una sua valenza e fattibilità anche in termini di sicurezza, in quanto garantisce un’ampia area di sgombero in caso di emergenza, considerata la densità edilizia dell’area; oltre a contenere valori aggiuntivi in termini di qualità della vita, perchè l’opera diventerebbe un comodo passaggio pedonale e ciclabile tra il quartiere e i vicini servizi, pubblici e privati, con lo spazio dietro l’antiporta che potrebbe inoltre ospitare un’area verde attrezzata con conseguente beneficio per fruitori di tutte le età.
Come ho già avuto modo di scrivere, da aquilano di adozione ma ormai quarentennale, ciò che rende arduo il progetto non è il rimpallo fra autorità e competenze, ma, soprattutto, il dna aquilano (la cosiddetta Aquilanitas), in cui risiedono molte doti positive riconosciute da tutti (tenacia, fierezza, ironia, capacità di adattamento), ma anche un’innata tendenza al dileggio, alla rissosità interna e alla superficialità di giudizio.
Qualche mese fa, a L’Aquila, in un incontro con Mons. Antonini e con l’allora Ministro per i Beni Culturali, Massimo Bray, Pietro Di Stefano (Assessore alla Ricostruzione), Rodolfo de Laurentiis (Consigliere d’Amministrazione RAI) e Gabriele Centazzo (designer), coordinamento del giornalista Angelo Di Nicola, Massimo Cacciari parlò di bellezze come linea direttiva di ogni ricostruzione e di filocalia, letteralmente “amore della bellezza”, titolo del breviario ascetico e mistico della Chiesa d’Oriente, che racchiude un patrimonio spirituale di grande valore per l’intera umanità.
In quella occasione il filosofo veneziano ricordò a noi aquilani che una autentica ricostruzione si realizza quando una pluralità di bisogni materiali si incontrano con un ‘idea immateriale di bellezza e che, nel ricostruire le cose, si ricostruisce anche la società, la rete di relazioni, gli elementi comuni di un sentire che è connubio, interscambio, idea di comunicazione che passa anche recuperando i varchi aperti delle comunità.
Carlo Di Stanislao
Quoto a pieno questo passaggio “nel ricostruire le cose, si ricostruisce anche la società, la rete di relazioni, gli elementi comuni di un sentire che è connubio, interscambio, idea di comunicazione che passa anche recuperando i varchi aperti delle comunità” e sottolineo, soprattutto quelli chiusi impropriamente come Porta Barete.