Colpo a sorpresa per il governo nell’Aula di Palazzo Madama, che sta proseguendo la maratona sul ddl di riforma del Senato e del Titolo V (oggi, dopo quattro giorni, è stato approvato l’articolo 1 del testo), con voto segreto che fa approvare l’emendamento 1.1979 di Stefano Candiani (Lega Nord), che affida al Senato competenze in materia di famiglia e bioetica e rischia sull’emendamento Candiani che proponeva la riduzione a 500 del numero dei deputati; con scampato pericolo solo grazie al voto palese deciso dal presidente Pietro Grasso, tra le urla dai banchi dell’opposizione.
Ieri notte la Camera, aveva accordato la fiducia al Governo con 346 voti favorevoli, 176 contrari e 10 astenuti, sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari.
L’esame del testo sta proseguendo da stamani e dell’Assemblea sui 167 ordini del giorno.
Nel testo su cui l’Aula ha votato la fiducia al Governo, cambiano le soglie di età per la pensione, rispetto a quanto approvato pochi giorni fa dalla commissione Affari Costituzionali della Camera. Mentre, con l’emendamento approvato in commissione i dirigenti medici e del ruolo sanitario del Ssn, i professori universitari e i ricercatori, potevano accedere alla pensione soltanto a partire dai 65 anni, un nuovo emendamento del relatore (1.501), Emanuele Fiano (Pd), presentato successivamente in Aula, ha spostato questa soglia a 68 anni per i primari e gli universitari, lasciando il limite dei 65 anni per gli altri medici.
Nel testo dell’emendamento si legge come le Università, per ogni professore per il quale verrà applicata la nuova regola, dovrà “procede prioritariamente all’assunzione di almeno un nuovo professore, con esclusione dei professori e dei ricercatori a tempo indeterminato già in servizio presso la stessa Università” o all’attivazione “di almeno un nuovo contratto per ricercatore a tempo determinato”.
Nel testo in discussione molte altre le norme riguardanti la sanità: assicurazione obbligatoria per i dipendenti del SSN, ma non più con scadenza il 15 agosto; divieto di conferire incarichi dirigenziali a chi è già pensionato, con consenso solo per gli incarichi e le cariche conferite a titolo gratuito; taglio del 5% sulla “agibilità sindacale” con, a partire dal 1° settembre, dei contingenti complessivi dei distacchi, aspettative e permessi; riordino delle scuole di specializzazione medica e della loro durata che risulta ridotta di un anno ; nuove norme semplificate per la prescrizione per malati cronici; erogazione di somme di denaro in soluzione unica ai soggetti che hanno presentato entro la data del 19 gennaio 2010 domanda di adesione alla procedura transattiva, nonché ai loro aventi causa nel caso in cui nelle more sia intervenuto il decesso a seguito da danni da trasfusione o da trasfusione di emoderivati infetti o danni vaccinali; cancellazione dell’annullamento dell’obbligo di rilascio da parte della Regione della certificazione di compatibilità del progetto di realizzazione di nuove strutture sanitarie private, riferita al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale della struttura da realizzare, in funzione della presenza di attività analoghe sul territorio regionale e possibilità per le amministrazioni di ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza.
L’iter delle riforme mette in chiara evidenza che il governo Renzi è in difficoltà, con forze ostili che si muovono nelle stanze segrete e costruzioni di reti da tempio massonico a Palazzo Madama ed un tour de force volutamente snervante, con una rappresentante di Sel che è scivolata in Aula ed ha battuto la testa; u’altra parlamentare svenuta appena ha saputo che la discussione sarebbe andata oltre i 7.500 emendamenti e tensione e stress tali da creare un gran lavoro al medico del senato dott. Marini.
Com’è noto Matteo Renzi propone la riforma del Senato come un vero e proprio cavallo di battaglia, nei confronti del quale la maggior parte dei rappresentanti del PD si è dimostrata favorevole. Anche Forza Italia si è rivelata d’accordo e sulla stessa scia la Lega Nord, che più volte ha espresso l’intenzione di promuovere la creazione della Camera delle Autonomie.
Il Movimento 5 Stelle punterebbe a qualcosa di più radicale: i grillini chiedono una vera e propria abolizione totale del Senato, in modo anche che vengano eliminati i senatori a vita, oltre alla possibilità di insistere su un campo ancora più ampio, rivedendo la seconda parte della Costituzione, che riguarda la riduzione degli eletti anche alla Camera.
Scelta Civica condivide una certa linea di intesa con il Nuovo Centrodestra. I due partiti non vorrebbero l’abolizione del Senato. Più che altro sarebbero interessati ad una modifica, che possa continuare a far restare le cariche elettive, con la riduzione, comunque, del numero dei senatori. Anche SEL si porta su questa.
Ma il risultato in aula mette fortemente in forse tali posizioni ufficiali, con franchi tiratori e scontenti in ogni schieramento, pronti a sgambetti ed imboscate.
Il Parlamento di fatto è bloccato da settimane e gli italiani, sempre più numerosi, pensano che anche se la riforma costituzionale, le legge elettorale, la questione delle preferenze, sono temi fondamentali per la governabilità del nostro Paese, è soprattutto l’economia che non si riprende che dovrebbe riguardare l’attenzione di tutti.
Confcommercio ha stimato che il Pil del 2014 allo 0,3%, consistente nel dato più alto indicato dagli analisti italiani e internazionali, ma uguale a quello previsto dal fondo Monetario internazionale. Bankitalia e Confindustria prevedono un Pil intorno allo 0,2%, mentre, secondo l’Inps, il Prodotto interno lordo potrebbe ancora risultare stagnante o addirittura in recessione. La disoccupazione è in aumento e ha toccato il 13% , con il record del 43% di quella giovanile. Sul fronte dei consumi, nonostante il bonus di 80 euro, questi non ripartono e i conti pubblici risentono della mancata ripresa. Tutti gli osservatori concordano sulla necessità di una manovra correttiva a settembre.
Renzi smentisce, naturalmente, ma i fatti non sembrano dargli ragione, a partire dal fatto che, dopo due mesi di aumento, gli ordinativi hanno subito una battuta d’arresto, con un calo del 2,1% su base mensile e del 2,5% su base annua a fronte di un fatturato in calo di un punto percentuale per il secondo ribasso consecutivo, con netta flessione delle esportazioni.
I cattivi dati che giungono dall’economia reale e che rendono impossibile per quest’anno una crescita del Pil dello 0,8%, come previsto nel Def, ma forse addirittura anche di pochi decimali sopra lo zero (l’Istat ai primi d’agosto potrebbe rivelare un Pil ancora negativo), fanno prevedere la necessità di una manovra correttiva, anche se questa è stata a più riprese smentita dal ministro Padoan e dal premier Renzi.
Da via Venti Settembre si fa sapere I margini per ammortizzare la mancata crescita ci sono tutti senza per questo ricorrere a una correzione dei conti e si fa notare come l’ampio margine dal 2,6 al 3% nel deficit-Pil, il basso livello dello spread e l’alto gettito ottenuto con le entrate Iva, consentono di stare tranquilli.
Ma dopo il secondo default in 13 anni della Argentina col ministro dell’economia Kicillof il quale ancora si ostina a dire che “i fondi ci sono” e ci sono margini di manovra, non tranquillizza.
Carlo Di Stanislao
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