Secondo l’esercito israeliano, che ieri ha ritirato le truppe dalla Striscia, l’obiettivo della missione è stato archiviato con la distruzione dei tunnel costruiti da Hamas.
Sono 520mila (il 29% della popolazione di Gaza) le persone sfollate a causa dell’attacco israeliano. Di queste, 270mila hanno trovato rifugio nelle sedi Onu, ma la situazione è drammatica. In tutta la Striscia manca l’acqua e i residenti hanno solo 2 o 3 ore di elettricità al giorno. Le pompe delle fognature non funzionano e il cibo marcisce: il timore del diffondersi di malattie è sempre più elevato.
“Cercheremo di seguire non solo i bisogni di coloro che stanno nelle nostre scuole, ma anche degli sfollati che stanno tornando nelle loro case e si troveranno in condizioni difficili”, ha detto Pierre Krahenbuhl, commissario generale dell’UNRWA, agenzia Onu per i rifugiati palestinesi.
Nel secondo giorno di tregua, la popolazione di Gaza esce dai rifugi improvvisati. I negozi stanno riaprendo, i bambini tornano in strada a giocare. Molti vanno alla ricerca delle proprie abitazioni, per verificare i danni, in mezzo alle macerie e ad una devastazione difficilmente immaginabile.
Il ministero degli Esteri israeliano ha fatto sapere che il governo di Tel Aviv non dovrebbe cooperare con il Consiglio Onu per i Diritti Umani, che ha aperto una commissione d’inchiesta per indagare eventuali crimini israeliani nella Striscia di Gaza: “Il comitato creato dal Consiglio scriverà un rapporto, ma se sarà formato sulla base di una maggioranza anti-israeliana, dovremo chiedere se Israele dovrà cooperare. Non abbiamo cooperato con il rapporto Goldstone [dopo Piombo Fuso] che poi è scomparso”. (NenaNews)
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