Varie paure minacciano il lungo orizzonte del ponte di Ferragosto, paure interne ed estere, un momndo inqueto fra guerre di ogni tipo (Ucraina, Libia, Siria, Iraq), questioni irrisoltev come quella fra Israele e Palestina, che in Egitto discutono ma creano solo distanziamenti, l’Ebola che sembra fuori controllo e tutti a chidersi se altri cibi, oltre alle scimmie, possono minacciarci. In aggiunta Moody’s che decurta ulteriormente le previsioni di crescita italiana, l’OCSE che corre in difesa ma in modo non convincente e l?Istat che prumulga dati di deflazione già in atyto in varie città-simbolo del Bel Paese, con case che si svalutano perché non si vendono. Vanno bene i titoli di stato ma continuano gli affanni su econonia che nonn cresce e lavoro che cresce anche meno.
Renzi liquida la questione con netta sufficienza e dice che usciremo dalla crisi più presto del previsto ed in barba agli iettatori e preferisce concenrtrarsi su un altro tema: il lavoro e la sua riforma e ne approfitta per lanciare due grosse bombe: l’attribuzione totemica dell’articolo 18 e l’aspra critica degli iuti ai carrozzoni di stato come l’Alitalia.
Da ‘Millenium’ in onda ieri sera su Raitre, dice che l’articoolo 18 “E’ assolutamente solo un simbolo, un totem ideologico” ed è “proprio per questo trovo inutile stare adesso a discutere se abolirlo o meno. Serve solo ad alimentare il dibattito agostano degli addetti ai lavori”.
Sorprende così tanto i suoi che gli alleati di Angelino Alfano che ne richiedevano l’abolizione e, tanto per gradire, redaurguisce ancora il suo numero due nell’esecutivo affermando che le sue parole che hanno definito gli ambulanti dei “ vu’ cumprà ” lui non le avrebbe utilizzate.
E dopo aver aggiunto che l’accordo con Berlusconi rigurda solo la riforma elettorale, rassicura che non vi saranno manovre aggiuntive, che condivide le parole di Draghi e poi spara la bordata a sorpresa: “È del tutto doveros” non indirizzare più fondi pubblici ad Alitalia, ne abbiamo messi talmente tanti, di soldi pubblici, che sarebbe inaccettabile”.
Vuole rasserenare i nostri cieli il rottamatore-riformatore e pensa alla “alla ragazza di 25 anni che non può aspettare un bambino perché non ha le garanzie minime” mentre immagina di riscrivere le regole per il lavoro.
Ma intanto si apprende di una lettera fatta pervenire un mese fa da Bruxelles al govrno, che è stato rinviato a settembre per carenza di organicità strutturale circa i 40 miliardi di fondi per innovazione e strutture.
L’Italia è ferma sotto cieli cupi ma Renzi non se ne accorge e parla di un “solleone” solo di poco rinviato.
Ha promesso che entro il 21 settembre dovrà riuscire a pagare tutti i debiti della pubblica amministrazione, qualcosa come 40-50 miliardi, meno dei 68 inizialmente stimati, ma comunque sempre tanti e che vanno ad aggiungere ai 43 di investimenti annunciati per le infrastrutture.
Come scrive Valentina Conte su Repubblica, si sa che i fondi europei per essere spesi devono essere accompagnati da risorse nazionali, secondo il criterio generale “fifty-fifty”: metà li stanzia Bruxelles, metà Roma. Ma questo criterio non è rigido. Anzi ammette una deroga interessante (scritta nei regolamenti Ue). La possibilità cioè di portare il contributo nazionale dal 50 fino al 25%. Dunque anziché doppiare (100 li mette l’Europa e altri 100 li mette l’Italia), il cofinanziamento può essere ridotto della metà (100 li mette l’Europa e 50 l’Italia). O portato a tre quarti (100 li mette l’Europa e 75 l’Italia).
E su questo puntava il governo con un risparmio di 12 miliardi già iscritto in finanziaria, ma, evidentemente, l’Europa è stanca dello nostre acrobazie.
E, contrariamente a quanto sostenuto da Renzi, del tutto contraria allo sforamento del fatidico 3% nel rapporto deficit e Pil, condizione ventilata soltanto e solo dentro e non fuori le regole comunitarie.
Ma evidentemente renzi ha letto Shakespeare meglio degli altri e sogna “notti magiche” in queste estati che si dimezzano nel tempo e nelle risorse reali.
Ciò che il “Bardo” ci ha insegnato è che è inevitabile nell’uomo il conflitto tra istinto e ragione e che spetta all’arte il compito di avvicinare il mondo ideale a quello della vita reale, affinché la ragione non soffochi nei meandri del quotidiano, ma possa prendere respiro dei sogni.
Ma per la politica ed il governo le cose sono diverse e decisamente più concrete.
Carlo Di Stanislao
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