Al pari della disoccupazione, la povertà nel nostro paese è in crescente aumento, causata non solo dalla crisi economica ma anche, e soprattutto, da una classe politica incapace ed improponibile; vent’anni e passa di berlusconismo hanno prodotto danni irreparabili anche in questo versante
Ignorata, peggio ancora provocata da una classe politica incapace e corrotta, la più scadente a detta di molti dell’intero arco repubblicano, la povertà avanza inesorabile nel nostro sfortunato paese, accrescendo quotidianamente il suo campionario di vittime e di situazioni spesso ben al di là del drammatico.
Recenti studi condotti dalla Lega Consumatori e supportati nell’occasione dai dati forniti dall’Istat ci informano che nei primi mesi del 2014 le persone residenti in Italia e che versano in condizioni di disagio economico estremo sono circa 8.078.000, il 13,6% della popolazione, un numero decisamente allarmante e non a caso tale da rappresentare 2.737.000 nuclei familiari, vale a dire più dell’11% del totale delle famiglie nostrane; la percentuale del 13,6% a sua volta si traduce in una incredibile sproporzione tra Nord e Centro-Sud, se è vero che a fronte di un 5% di poveri nel Nord, l’indigenza nel Mezzogiorno sfiora oramai la soglia del 24%, cifra quest’ultima di circa cinque volte superiore al resto del paese.
Nel momento in cui scrivo i nostri politici sono assillati da una sequenza di impegni, equamente ripartiti tra i compiti istituzionali, espressione dalla problematica definizione e di cui i più ignorano gli effettivi contenuti, e l’esigenza di trascorrere le immancabili vacanze, per contro facilmente identificabili e suddivise tra destinazioni tropicali ed i più tradizionali ritrovi della Versilia e della Costa Smeralda; vent’anni e passa di berlusconismo non sono certamente passati invano, ed in effetti la classe dirigente nostrana, a dispetto della crisi e di una situazione socio-economica più che drammatica, ha sottolineato in svariate occasioni di non avere nessuna intenzione di rinunciare alla sua componente ludica e di abdicare ad un modus vivendi fatto di privilegi, quattrini a iosa e divertimenti a suon di milioni, quest’ultimi sempre più spesso dalla illecita provenienza ed oggetto di indagini giudiziarie.
A questi campioni di voracità ovviamente non interessa, e non interesserà mai, che una parte consistente del paese proceda alla deriva, men che meno che l’indigenza rappresenti oramai una realtà che, giorno dopo giorno, assume proporzioni preoccupanti, tali da intaccare il tessuto sociale a da porre una pesantissima ipoteca sul futuro prossimo.
In una situazione del genere anche il lessico esige il suo spazio e sottolinea la drammaticità del momento ricordandoci che esistono ben due tipi di povertà, a dimostrazione di come le carenze economiche si allarghino a macchia d’olio investendo in pieno il tessuto sociale e ridisegnando, quasi sempre in peggio, comportamenti, abitudini e scelte di vita; la speranza di un futuro migliore è niente più di una metafora, mentre il presente obbliga il cittadino a valutare la realtà per quello che è ed a confrontarsi con due termini con i quali dovremo abituarci a convivere, presumibilmente a lungo, la povertà assoluta e quella relativa.
Entrambi i concetti hanno natura squisitamente convenzionale, salvo attagliarsi perfettamente alla realtà, ed ecco allora che mentre la povertà relativa si riferisce ad una famiglia, solitamente di due persone, la cui spesa mensile è inferiore a poco più di mille euro (1.011 nel 2011), la povertà assoluta delinea un quadro ancor più drammatico, in cui il nucleo familiare ha notevoli difficoltà di accesso a quei beni e servizi che consentano di avere uno standard di vita “minimamente accettabile”; sempre giusta i dati del 2011, la soglia di povertà assoluta per una famiglia di due componenti adulti, vale a dire di età compresa trai 18 ed i 60 anni, era di 985 euro se residenti in un piccolo comune del Nord e di 762 euro per il centro-sud.
In termini generali, e giusta i dati Istat, nel 2011 la povertà relativa coinvolgeva in Italia oltre l’11% delle famiglie residenti, pari ad 8 milioni e passa di individui, mentre quella assoluta colpiva il 5,2% delle famiglie, per un totale di quasi 3 milioni e mezzo di cittadini, cifre che a distanza di tre anni avranno ragionevolmente subito un ulteriore incremento.
Ma la classe politica nostrana, responsabile in primissima linea della più grave crisi economica del dopoguerra, che ha determinato all’unisono disoccupazione, perdita del potere economico e regresso culturale, è consapevole di questi dati?
Più no che sì, ed in effetti mentre una fetta sempre più consistente della popolazione si dibatte tra un presente cupo ed un futuro tutto da decifrare, rectius da inventare, i nostri amabili governanti occupano 24 ore su 24 i talk-show televisivi, affetti da una smania di protagonismo e da una povertà assoluta di proposte che neanche questi tempi di vacche magrissime sono in grado di scalfire, fiancheggiati all’occorrenza da compiacenti giornalisti o pseudo-tali.
Uno di essi, notissimo, ha in più di un’occasione sentenziato che “gli Italiani ce la faranno anche questa volta”, frase dalla difficile interpretazione, a metà tra una profezia post-moderna e le rassicurazioni paternalistiche di chi in concreto non ha nulla da proporre, ma che ben sintetizza la situazione del nostro sfortunato paese, bersagliato dalla crisi e, per completare il disastro, anche dalle prese in giro.
Giuseppe Di Braccio
L’Italia è diventata il paese dei poveri,ma è da sempre il paese dell’evasione fiscale: si parla di 150 miliardi/anno. Non si fa niente per combattere questa piaga qui siamo al top in Europa. Se mancano i soldi per le riforme si taglia da tutte le parti,chi ne porterà le conseguenze saranno le classi più povere, cioè quelle che le tasse le hanno sempre pagate. Ma si sa Renzi fa quello che Berlusconi vuole cioè non toccare l’evasione fiscale e
la corruzione.Stanno affossando l’ Italia!