La battuta che circola fra i presidi e i docenti delle scuole de L’Aquila, di ogni ordine e grado, è la seguente: “Musp, ‘modulo ad uso scolastico provvisorio’. Da noi, invece, i Musp sono diventati ‘ad uso scolastico permanente'”. Rimangono perplessi sentendo parlare, in questi giorni, della riforma della scuola italiana, la madre di tutte le riforme da cui dovrebbe ripartire il Paese. Loro, infatti, sarebbero già contenti di fare lezione in aule vere, di quelle fatte in muratura, con l’intonaco, gli infissi e tutto il resto. Dove i ladri non possono entrare facilmente dalle porte o dalle finestre, per rubare strumenti informatici o musicali.
I Musp (fatti con circa 32 milioni di euro da 52 imprese appaltatrici e 154 subappaltatrici) sono i container dove L’Aquila va a scuola. Decisivi al tempo dell’emergenza post terremoto, stanno ormai scadendo come uno yogurt, consumati dalle intemperie e dall’uso quotidiano. Tuttavia da 5 anni e mezzo – ossia dal sisma più violento che colpì L’Aquila e dintorni (la scossa distruttiva si verificò il 6 aprile 2009; 309 vittime, oltre 1500 feriti e oltre 10 miliardi di euro di danni stimati) – le lezioni si tengono ancora nei Musp. Che 36 erano al tempo dell’emergenza e 36 sono rimasti. Un caso, questo delle scuole aquilane, che dimostra di come, in Italia, il provvisorio superi ogni logica e valore, compreso quello della pubblica istruzione.
“Ciò che allarma è la completa disattenzione verso il servizio scolastico”, afferma Antonella Conio, preside della scuole media di Paganica, della “Carducci “ e dell’”Alighieri” de L’Aquila. I Musp, risolutivi al tempo dell’emergenza, si stanno deteriorando sempre più. A Paganica, ad esempio, la nostra scuola è fatta da container assemblati in lamiera, con il tetto in legno. Essendo stati appoggiati direttamente sulla terra, i loro pavimenti affondano e l’umidità che sale da suolo è ormai insopportabile: 9 classi sono costrette a vivere in queste condizioni“. Alla “Carducci”, proprio in questi giorni, stanno rattoppando il tetto, dopo un problema di infiltrazioni d’acqua. “Il nostro grido”, continua la preside, “è che vogliamo la ricostruzione delle scuole, quella vera, come è accaduto in Emilia Romagna dove hanno recuperato 58 scuole a poca distanza dal sisma”.
I soldi per ricostruire gli edifici scolastici ci sono: 44 milioni di euro, tutti disponibili. Tuttavia “incomprensioni” amministrative e burocratiche tra enti che dovrebbero gestirli (in particolare l’Ufficio speciale per la ricostruzione dell’Aquila-Usra, il comune e la provincia) – da tempo – hanno prodotto una fase di stallo. Intanto, però, dal 4 settembre, sui banchi di scuola aquilani sono già rientrati gli studenti degli istituti tecnici e professionali. Da oggi lunedì 8 settembre toccherà ad alcune scuole medie e al liceo scientifico. Dall’11 settembre, tutti saranno tornati al loro posto. Ossia a seguire le lezioni nei container, che ospiteranno circa 6 mila minori.
Serenella Ottaviano è la dirigente scolastica dell’Istituto Istruzione Superiore “L. da Vinci – O. Colecchi”, nato il 1 settembre 2013 dalla fusione dell’I.P.S.I.A.S.A.R. “Leonardo da Vinci” e dell’I.I.S. “Ottavio Colecchi”; vi si formano geometri, esperti del settore agrario-forestale e commerciale, un totale di circa 1.200 studenti. “Non abbiamo una palestra, ogni anno siamo costretti ad elemosinare uno spazio appena confortevole”, spiega. “Le pareti delle aule sono in cartongesso, dai bagni salgono spesso cattivi odori, ci sono infiltrazioni d’acqua, qualche controsoffitto si stacca. Il nostro Musp, insomma, mostra la corda, visto che era stato progettato per “reggere” un periodo di tempo limitato, quello dell’emergenza. Della nostra vera scuola, il “Da Vinci”, è stata recuperata solo l’area delle segreterie, ma sulla ricostruzione delle classi nessuno ha mai messo le mani”.
Il preside dell’istituto comprensivo “Mazzini-Patini” (infanzia, primaria e media; circa 850 alunni in tutto) è Antonio Lattanzi. “Qui a L’Aquila non c’è verso di ragionare sulla ricostruzione delle strutture scolastiche. Pur lentamente, la ricostruzione privata “viaggia”. Ogni tanto anche qualche altro edificio pubblico viene sistemato, almeno in parte. Ma le scuole no. Non abbiamo uno spazio adeguato per il collegio docenti, siamo senza palestra, quella che avevamo è diventata la sala del Consiglio comunale. Ho dovuto spendere soldi del bilancio scolastico per piazzare un sistema di antifurto (a fine luglio scorso, dei ladri volevano rubare computer, tablet e strumenti musicali), spendendo 3 mila euro e adesso attendo che il comune contribuisca alla spesa. A Rocca di Mezzo e Ovindoli, ogni anno, i riscaldamenti si bloccano e le tubature si rompono per il gelo. I Musp, i cui pavimenti affondano, non sono container fatti per resistere 10 o più anni. Qui, però, nessuno sembra capirlo”.
Paolo Giovannelli – Redattore Sociale.it
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