Vizi privati e pubbliche virtù

Il libro è uscito in Francia all’inizio del mese ed è la vendetta “nero su bianco” della ex moglie tradita, Valerie Trierweiler, giornalista ed ex compagna del Presidente Hollande, che ha scelto questo mezzo per vendicarsi. “Merci pour ce moment”, questo il titolo, con le prime 200.000 copie vendute in pochi giorni. Un libro che […]

Immagine (24)Il libro è uscito in Francia all’inizio del mese ed è la vendetta “nero su bianco” della ex moglie tradita, Valerie Trierweiler, giornalista ed ex compagna del Presidente Hollande, che ha scelto questo mezzo per vendicarsi. “Merci pour ce moment”, questo il titolo, con le prime 200.000 copie vendute in pochi giorni.

Un libro che fa rivelazioni scioccanti e durissime come, ad esempio, che il socialista Hollande in realtà “odia i poveri” ed è un ipocrita impenitente, che nel pubblico minaccia di tagliare al 75% i redditi superiori al milione di euro, ma in privato definisce i poveri “senza denti”.

Un brutto colpo per Hollande, ai minimi storici nel gradimento dei suoi compatrioti, molti dei quali ironizzando sul web hanno fondato un gruppo autoproclamatosi dei “senza denti”, che già conta 2.500 adesioni su Facebook e preannuncia una manifestazione davanti all’Eliseo.

É il primo caso di rivelazioni di un ex première dame fatte su un presidente della Repubblica ancora in carica e a noi ricorda le rivelazioni, non meno dure e schioccanti, di Veronica Lario sull’allora marito e premier Berlusconi.

Naturalmente dello sputtanamento operato dalla Valérie ferita, che rivela che il simpatico socialista Hollande, tra le mura domestiche, è meschino ed ipocrita e mostra tutto il repertorio e ttui i luoghi più o meno comuni sulla gauche caviar, conl risciacquamento nella Senna dei radical chic; ne approfitta Libero per dire che mentre Michele Serra difende Hollande e critica l’ex moglie dal Corriere della Sera, ben altro trattamento a mezzo stampa riservò a Berlusconi.

Scrive Francesco Borgonovo, che mentre se Nicole Minetti parla al telefono del “culo flaccido” dell’ex premier italiano, bisogna scodellare titoli cubitali, pubblicare tutto il pubblicabile e fornire al lettore guardone ogni dettaglio sulla vita privata, anche sessuale, di Silvio Berlusconi, se è Hollande, socialista e francese che va in giro a sghignazzare sostenendo che i poveri sono persone con le pezze al culo che non possono permettersi le cure dentarie, la faccenda non deve sembrare rilevante.

A parte queste schermaglie il colpo è duro per Hollande, la Francia e la sinistra tutta, mentre la storia, di là dalle rivelazioni ad effetto, è degna di un Flaubert o di un Balzac o forse, di un Hugo commosso dalla tristezza di tutti i suoi protagonisti.

A giugno 2014, tutta la stampa contraria a Renzi e alla sinistra, capeggiata da Panorama, è partita con una campagna non meno dura contro De Benedetti, definito il patron del primo “partito-azienda, repubblica-L’Espresso, che, come Marchionne, ha preferito farsi “naturalizzare” come cittadino svizzero, il cui volto e la cui statura è rilevata, secondo loro, dalla vicenda Sorgenia, società controllata dalla Cir (finanziaria della famiglia De Benedetti) fino a pochissimo tempo fa; fino a quando, cioè, le perdite sono diventate tali da convincere il boss di Repubblica e tessera n. 1 del Pd a mollare tutto nelle mani delle banche creditrici, le quali si sono travate a gestire 1,8 miliardi di “sofferenze” e a dover trovare qualcuno – nessuno – che acquisti una società ormai valutata zero euro.

Naturalmente con la stampa di sinistra che glissa o tace, perché la sua golden share sul Pd (su Renzi, in questo momento) e il controllo di un gruppo mediatico che “fa opinione” nella parte (poco) progressista del paese, obbliga a tutto questo.

Già nel 2009, su La Stampa, Barbara Spinelli, aveva denunciato l’intreccio perverso che lega i fatti personali e la politica, sottolineando che “non si vorrebbe saper nulla dell’uomo politico se non quel che riguarda il bene comune”.

Le fece eco Eugenio Scalfari, osservando, opportunamente, che la “tenda divisoria” tra pubblico e privato in democrazia può sussistere, ma sottile.

Qualche dubbio su come e chi valuti la sottigliezza venne a Ilvo Diamanti che scrisse allora che il problema nasce dalla “politica pop” (titolo di un interessante saggio di Gianpietro Mazzoleni e Anna Sfardini, puibblicato per “il Mulino”), cavalcata da Berlusconi, ma non solo da lui e da tempo travasata dal territorio e dalla società sui media, con una micidiale miscela di informazione, intrattenimento e politica, dove i fatti privati degli uomini pubblici fanno spettacolo e audience, con vasi comunicanti fra spettacolo e politica, con esempio nei due sensi, con Irene Pivetti da presidente della Camera ai reality choc, alle danze sotto le stelle e Vladimir Luxuria, dallo spettacolo alla Camera e di nuovo allo spettacolo, fino a L’isola dei famosi che, naturalmente, ha vinto.

Più del film di Miklós Jancsó, questo libro e questi fatti ci ricordano la favola settecentesca del medico e filosofo olandese Bernard del Mandeville, in cui si legge, fra l’altro: “Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtú da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa“.

“La Favola delle Api – vizi privati e pubblici benefici”, pubblicata nel 1703, ci insegna che esistano due concezioni differenti della società civile, una prima che presuppone l’immagine di una comunità piccola , frugale e pacifica, retta dalla virtù e dallo spirito pubblico dei cittadini, e una seconda che si identifica con una società vasta e popolosa, commerciale e militare, priva sia della capacità, che del bisogno di suscitare la dedizione dei cittadini. Il confronto tra queste due concezioni diviene in Mandeville il fulcro di un’intera idea sociale e morale. Secondo Mandeville, un gruppo poco numeroso insediato su un territorio limitato, arriva a creare una società chiusa, pacifica ed egualitaria; frugale, senza commercio e denaro, dove i consumi sono limitati ai prodotti naturali del luogo. Una società, per dirla con Mandeville: “di uomini buoni e pacifici, disposti a essere poveri pur di stare tranquilli”.

All’opposto, la società grande e popolosa, resa militarmente forte ed espansiva da un esercito permanente e professionale, controllata giuridicamente e amministrativamente da un potere politico sovrano e unitario, volta al commercio interno ed estero. I bisogni crescenti di questa società provocano la necessità di una moltiplicazione delle risorse disponibili, del progresso delle scienze e delle arti, mentre la sua prosperità e la sua potenza è legata al numero degli abitanti. Lo spirito civico cessa di essere il principio cardine della società, come pure il senso di appartenenza ad una comunità morale da parte dei suoi membri, la cui cooperazione reciproca (ognuno realizza i suoi fini lavorando per gli altri) è motivata unicamente dal proprio interesse personale.

E siccome la storia a fatto prevalere in Occidente (ma lo sta facendo anche in Cina), il secondo tipo di società, è evidente che, come dice Madeville, non essendoci un’automatica armonia tra interessi sociali e individuali, può accadere che i vizi privati possono portare a pubblici benefìci; ma questo solo se l’interesse egoistico è propriamente indirizzato verso fini sociali dalla mano del governo politico.

Ed è questo il problema di oggi, in Italia, Francia ed altri luoghi.

Carlo Di Stanislao

Una risposta a “Vizi privati e pubbliche virtù”

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