Il Regno Unito resta tale e la sterlina vola sui mercati, mentre Cameron (e non solo) esulta, dice che il discorso indipendenza è chiuso per sempre, ma torna a promettere il mantenimento degli impegni presi nei confronti delle aspirazioni anche di Galles e Irlanda del Nord, le altre nazioni della famiglia inglese.
Se l’Inghilterra resta unita, disunita più che mai è l’Italia, anche al’interno delle stesse famiglie, con il Pd frammentato sul Job Act, con Bersani ed Orfini che definiscono il testo licenziato irricevibile ed i sindacasti sul piede di guerra.
Pensare che questa riforma così come proposta è l’unica cosa che paese al Fondo Monetario Internazionale che, dopo Standard e Poor’s, gela il nostro Paese tagliando le stime di crescita i quest’anno dal +0,3% previsto nel World economic outlook di aprile a -0,1%.
La stima per il 2015 è stata invece confermata a +1,1%, mentre per il 2016 l’Fmi si aspetta un’espansione del pil dell’1,3%. La decisione è stata presa dopo che i recenti indicatori economici pubblicati nel corso dell’estate sono stati “deludenti”, come ha spiegato il capo della missione annuale del Fmi, Kenneth Kang.
Come dicevamo la riforma lavoro è l’unica nota positiva, ma, per il Fm, il nodo cruciale è quello delle pensioni che, per l’Italia, è l’esborso più alto d’Europa, pari a circa il 30% del totale, mentre per l’educazione e altre spese sociali non-pensionistiche è molto più limitato.
In sanità si può ancora risparmiare sulla grande differenza di spesa a livello regionale, mentre il lavoro è una questione spinosa da affrontare immediatamente, perché cresce la disoccupazione e diminuisce la competitività.
Per il Fmi è “ambiziosa” l’iniziativa sul lavoro di Renzi, ma serve ora un’attuazione convinta per creare posti, aumentare la produttività e incrementare il potenziale di crescita rispetto a una bassa stima dello 0,5%.
In particolare, la prima fase della riforma del lavoro si concentra sull’aumento della flessibilità e le misure future valuteranno un contratto con un graduale aumento della sicurezza e miglioreranno le politiche attive sul mercato.
Insomma, che l’Italia sia malata e gravemente trova tutti convinti ma, come i medici al capezzale di Pinocchio, sono le ricette ad essere diverse, contrastanti e divise.
Pur non sapendo a chi dare ragione e pur ritenendo che certe “tutele” siano eccessive, debbo dire che è chiaro che la propensione ad assunere può essere determinata solo dalla necessità di produrre: se questa necessità non c’è a causa della crisi econonica, il datore di lavoro non ha alcun motivo per fare assunzioni.
Roberto Simeono su L’altroquotodiano, nel suo discorso alle Camere Matteo Renzi si è esibito in un’altra delle sue ripetitive sceneggiate che ondeggiano ormai tra la più becera demagogia (nella migliore delle ipotesi) e (ipotesi più preoccupante) la mania di onnipotenza di un megalomane.
E nonostante l’assenso con riserve del Fmi, vale la pena ricordare che da lui hamnno preso le distanze Romano Prodi ed Eugenio Scalfari, il primo su “Ballarò” e l’altro su “Di martedì”, con quest’ultimo che incalzato da Floris ha dette che è uno che “fa bollire l’acqua ma non butta mai la pasta”.
L’eroe di Collodi è l’immagine simbolo che serve alla studiosa americana Suzanne Stewart-Steinbergper definire i tratti della nostra storia: un coacervo di contraddizioni, il massimo dell’indisciplina ma anche una “natura” eterodiretta (almeno nelle intenzioni), un destino che non può non avvicinarlo a un principio di autolimitazione, la potenza che diventa atto e una libertà che ha bisogno di costruirsi all’interno di vive, concrete forze materiali.
Francesco De Sanctis degli Italiani ha detto: “non hanno i piedi per terra e per questa ragione hanno sviluppato un concetto assoluto della libertà individuale, che è in contraddizione con i limiti che lo Stato impone”, una diagnosi non dissimile almeno nella prima parte, da quella proposta da Borges per il popolo argentino, per un terzo composto da Italiani ed una diagnosi magari melodrammatica ma purtroppo costantemente vera.
Carlo Di Stanislao
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