Dopo l’arresto dell’ex nunzio Jozef Wesolowski, Papa Francesco ha disposto lo spostamento dalla diocesi Ciudad del Este in Paraguay di mons. Rogelio Ricardo Livieres Plano, accusato tra l’altro di malversazione e copertura di abusi sessuali di preti della sua diocesi.
Non meno rumore la condanna per abuso d’ufficio al sindaco di Napoli Luigi De Magistris, con una sentena a sorpesa che gli commina un anno e tre mesi con sospensione condizionale, beneficio che fa decadere anche l’interdizione dai pubblici uffici per un anno, emessa dalla X sezione del tribunale di Roma presieduta da Rosanna Ianniello ed estesa nella stessa misura anche a Gioacchino Genchi, consulente informatico di De Magistris all’epoca dei fatti, risalenti al 2006 quando era pubblico ministero a Catanzaro e titolare dell’inchiesta denominata “Why Not”.
Pene diverse ma non meno dolorose le erogano a Renzi la minoranza del Pd e il Movimento 5 Stelle a proposito del Job Act; ma lui, dagli Usa, replica che la riformanon è rinviabile, mentre la leader della Cgil Susanna Camusso avverte: “Se Renzi non tratta con noi dovremo valutare lo sciopero generale” e al contempo apre all’ipotesi caldeggiata dalla sinistra Pd di allungare il periodo di prova senza articolo 18: “Capisco che ci sia una stagione” in cui “l’articolo 18 non vale” ma è necessario “che sia transitoria” dice la Camusso, mentre sul fronte opposto c’è Sergio Marchionne, secondo il quale l’articolo 18 “sta creando disagi sociali e disuguaglianze: questa non è giustizia”.
Con un duro editoriale ieri sul Corriere della Sera, il direttore “a scadenza” Ferruccio de Bortoli eroga altre pene a Renzi e si schiera apertamente contro di lui, definto magnifico parolaio ma incapace di risultati ed in odore di “mossoneria”.
Dopo questa presa di posizione restano alfieri del “renzismo” solo Repubblica (con Scalfari che però scalpita) e La Stampa (con ripensamenti), mentre il mondo imprenditoriale che sta dietro al Corrierone non ne può più solo di belle parole, sogni e promesse.
“Egocentrico”, “personalità ipertrofica” sono i complimenti minori di de Bortoli, che cita en passant “l’interrogativo più spinoso. Il patto del Nazareno finirà anche per eleggere il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015”. E la Rai?
Ci fa guiù duro l’ancora direttore che nelle pagine interne del suo giornale racconta che anche un amico del premier, Oscar Farinetti patron di Eataly, “tradisce Matteo” proprio sull’articolo 18, l’argomento controverso del momento.
Anche De Benedetti, comunque, prende le distanze e su Repubblica (che finanzia), non lascia scampo a interpretazioni: “L’articolo 18 problema minore per il Paese”.
E la Stampa? Forse anche lei sta ccambiondo ma più timidamente, poiché bisogna arrivare a pagina 34 per scoprire cosa pensi, ma senza dubbi. Il direttore Mario Calabresi titola così le prime tre lettere della sua rubrica: 1) “Art. 18, i problemi sono ben altri”, 2) “Art. 18, c’è chi parla senza conoscere”, 3) “Il vero conservatore si chiama Renzi”.
Come chiosa Antonio Sanna, il fatto dell’editoriale del Corriere è quello che più preocuppa Renzi che conosce molto bene il peso di quel giornale che ha sempre reguistrato gli umori ed i segni di cadute e cambiamenti.
Su La 7, intervistao da Floris che sostituisce la Gruber, Rodotà, in risposta a un montaggio video in cui Renzi si rivolge ai corpi intermedi, e cioè magistrati, giornalisti, sindacalisti e tutti i coloro che il premier ha definito come ‘esperti della tartina’ che spendono il loro tempo in convegni anzichè operare praticamente., commenta ironico che questo atteggiamento denota il disprezzo per gli ‘esperti’ che è causa secondo il Professore di molte decisioni errate del governo, come la proposta di riforma del Senato.
Quando si è in pena occorre passare al contrattaco e allora Renzi sguinzagli i fedelissimi come Formiche.net che definiwsce “autoerotiche” le parole di De Bortoli e quelle di Rodotà contro lo stile Renzi ed aggiunge che siamo talmente combinati male, abbiamo talmente rimandato le cose da fare che ora, che non c’è proprio più niente da mungere, l’imperativo è uno soltanto: – tirare fuori gli attributi -. Ed invece le lotte interne al PD, le pratiche autoerotiche, quelle fatte di distinguo e di approfondimento, fanno ancora di più far perdere tempo al paese.
Per me ha ragine Angela Mauro che nota come da Landini a Rodotà, da Civati a Fassina, sono in moltio che adesso stanno minando il renzismo., a cui oppongono anche una nuova, rivoluzionaria visione, secondo cui eliminare il pareggio di bilancio dalla Costituzione si può e lo strumento può essere una legge di iniziativa popolare, perché il Fiscal Compact siglato dai paesi europei nel 2012 ci obbliga al pareggio di bilancio, ma non prevede che la norma sia inserita nella Carta Costituzionale. E’ intorno a questa rivendicazione che in Italia si coagula uno strano schieramento antirenziano con Maurizio Landini della Fiom e Stefano Rodotà, poi con il Sel e il mondo della sinistra extraparlamentare, ma anche costituzionalisti come Gaetano Azzariti e probabilmente imprenditori come De Benedetti.
Sono ‘movimenti a sinistra’ che non ci stanno a essere schiacciati dalla tenaglia tra “innovatori e conservatori”, dice Fassina. C’è tanto anti-renzismo ma pure molta diffidenza sulla possibilità concreta di reperire risorse per gli ammortizzatori sociali una volta eliminato l’articolo 18 dallo Statuto dei lavoratori: la prova del nove sarà nella legge di stabilità.
Anche questo è un tratto che accomuna i variegati attori della nuova formazione, più culturale che politica. Sul pareggio di bilancio “non facciamoci illusioni: ci sono dei diritti giuridici che conoscono rapporti di forza sfavorevoli oggi”, avverte Fassina. “Se nessuno ci crede, se non si riusciranno a raccogliere le firme, questa proposta di legge finisce nel dimenticatoio”, precisa Azzariti. Ma al di là come andrà a finire, la proposta sul pareggio di bilancio e le critiche al Jobs Act saranno il filo conduttore delle mobilitazioni d’autunno.
Ci rammentano Fabuio Alonzi e Raffaella Bonsignori, che, in senso generale, il termine pena può indicare patimento, afflizione, dolore, dispiacere, anche quando non siano o non appaiano punizione di una colpa. Con riferimento alla giustizia umana pena è invece la sanzione afflittiva comminata dall’autorità giudiziaria a chi abbia commesso un reato.
E ci dicono anche che, durante lo splendore della Repubblica Veneziana, il percorso dei condannati a morte prevedeva il passaggio, fra gli altri, davanti ad una testa di porfido che era collocata nell’angolo sud-ovest della balconata superiore di San Marco, rimossa nel 1974 e attualmente all’interno del museo della basilica, che simboleggiava certo la massima pena, ma anche chi chiunque meriti una pena grave ha certo commesso un reato per “mancanza di testa”.
Spero che renzi rifletta e recuperi il raziocinio, perché, altrimenti, il percoso che sta compiendo è quelo che lo porterà alla decapitazione del suo governo.
Alla fine spero che abbia conservato un poco di autorinoia che gli proviene dal sangue toscano e, cone accade in due italiani, Goldoni e Pietro Longhi, lo preservino dal prendersi troppo sul serio e ritenersi infallibile e non bisognoso di alcuno.
Ricordo negli anni delLiceo, le lunghe spiegazioni del mio maestro di letteratura al Melchiorre Delfico di Teramo (il prof. Ferrari), circa il personaggio del Marchese ne “La Locandiera”: culto delle vuote con la parola vuota, maniacale, ridotta al tic ossessivo e farsesco e non produce altro che “flatus vocis”.
Speriamo che Renzi abbia avuto insegnanti altrettanto efficaci ed anche altri che gli abbiano inculcato la lezione di Roscellino di Compiègne sui discorsi privi di consistenza e sulle promesse che non hanno seguito.
Carlo Di Stanislao
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