Il medico che ha ricevuto dal paziente un consenso all’uso scientifico di fotografie anatomiche non puo’ farne altro uso. Nemmeno per difendersi in un giudizio se non risultano pertinenti per il decidere. L’articolo 26 del d.lgs. 196/2003 (Codice privacy) stabilisce al comma 4, punto c) che i dati sensibili possono essere oggetto di trattamento quando, tra l’altro, «e’ necessario (…) per far valere o difendere in sede giudiziaria un diritto, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalita’ e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento». Al di fuori da quello stretto ambito non e’ ammessa la pubblicazione o diffusione, anche se la parte anatomica non permette di riconoscere la persona, e una produzione non coerente legittima il paziente a chiedere il risarcimento del danno. Questa e’ l’opinione della terza sezione della Cassazione che, con sentenza 19172/2014, ha confermato la condanna al risarcimento del danno nei confronti del medico e del suo avvocato.
E’ vero che nel caso in questione non si tratta di diffusione ma di comunicazione idonea a «dare conoscenza dei dati personali a uno o piu’ soggetti determinati diversi dall’interessato» (art. 4 lett. l) d.lgs. 196/2003), tuttavia e’ indiscusso che il consenso era stato fornito dall’interessata per fini scientifici e, dunque, del tutto estranei al trattamento realizzato. La causa scaturiva da un fatto clinico diverso da quello che aveva dato origine alla foto della parte anatomica e, conseguentemente, cio’ legittima il risarcimento del danno non patrimoniale se ritenuto dimostrato dal giudice.
Cassazione: il medico è limitato all’uso delle foto anatomiche
Il medico che ha ricevuto dal paziente un consenso all’uso scientifico di fotografie anatomiche non puo’ farne altro uso. Nemmeno per difendersi in un giudizio se non risultano pertinenti per il decidere. L’articolo 26 del d.lgs. 196/2003 (Codice privacy) stabilisce al comma 4, punto c) che i dati sensibili possono essere oggetto di trattamento quando, […]
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