Pick-up in fila indiana come convogli, uomini con sciarpe nere aggrovigliate attorno ai magri volti. Kalashnikov in bella vista, puntati verso l’alto. Dietro di loro la bandiera nera dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria vola spietatamente insieme al vento. Ormai si contano tra i 20.000 e i 31.500 combattenti nel gruppo jihadista guidato da Abu Bakr al-Baghdadi, lontana costola dell’al-Qaeda di Osama Bin Laden.
Gli estremisti sunniti dell’ISIS hanno il dominio di circa un quarto del territorio iracheno. E controllano approssimativamente un terzo della Siria. La roccaforte siriana dell’ISIS è al-Raqqa. Deir Ez-zor è soffocata completamente, fatta eccezione per la base aerea militare. I militanti jihadisti regnano su alcuni quartieri nelle città di al-Joura, al-Ummal e al-Hamidiya, su vaste aree nel governatorato di al-Hasakah, tra cui Ash-Shdadi e al-Houl Markda, su molti villaggi nel nord-est di Aleppo, vicino al confine turco, come al-Bab, Akhtarien, al-Mashoudiya, al-Aziziya, Doybaq, al-Ghouz, Turkman Bareh e al-Rahie.
A Mosul, nell’Iraq del nord, la gente nelle strade sa che la maggior parte dei membri dell’ISIS è irachena. L’organizzazione terroristica ha trovato inizialmente terreno fertile nella comunità sunnita locale, scontenta per l’operato del governo a trazione sciita di Nouri al Maliki, ma è stata subito frenata dal nuovo esecutivo di Haider Al-Abadi. L’ISIS, invece, ha trovato rifugio sicuro in Siria, strozzata da più di tre anni di guerra civile e dalla politica fortemente instabile di Bashar al-Assad.
L’ISIS non è islam. E’ questo che in terra siriana la gente urla. L’ISIS come conseguenza della guerra in Iraq del 2003 e del governo siriano di al-Assad; l’ISIS come gruppo di crudeli terroristi, ma meglio rispetto all’ateismo; l’ISIS come nemico dei musulmani; l’ISIS come kalashnikov, fucili d’assalto, mitragliatrici, obici e mortai, cannoni antiaerei e razzi anticarro, veicoli blindati, carri armati e centinaia di Humvee. Ma il pensiero comune, in terra siriana, è che la forza dei militanti islamici risiede nell’intensa lealtà all’interno dell’organizzazione.
In Siria il gruppo jihadista si scontra con più di 100.000 miliziani del fronte Jabhat al-Nusra, del Fronte Islamico e degli altri movimenti islamici. A opporsi, i ribelli dell’Esercito Siriano Libero e i 50.000 combattenti dell’YPG, Unità di Protezione Popolare curda. In Iraq sono i peshmerga ad affrontare sul campo i jihadisti.
Il muezzin annuncia la preghiera del venerdì, ma le moschee non sono piene. La gente ha paura di camminare per strada, così si accontenta di pregare tra le mura di casa, dove solo Allah può arrivare. Alla domanda “chi sono i combattenti dell’ISIS” risponde con sure del Corano o con brani tratti dai discorsi del profeta Muhammad “leggono il Corano ma non lo capiscono”.
Le donne hanno paura di non coprirsi abbastanza per la shari’a professata dall’ISIS. “Essere bambine è pericoloso” è questo l’assillo della gente, è questa l’inquietudine di ogni madre. I comandanti portano via le giovani vergini per darle come premio ai combattenti più valorosi. E tra le giovani, ci sono bambine che fino al giorno prima giocavano con le bambole nel cortile di casa. In sottofondo il pianto inconsolabile dei bambini, che si accompagna al pianto degli adulti. Fa male. Ogni donna ha perso qualsiasi briciolo di libertà. Le donne possono uscire se accompagnate da un muhram, dal padre, dal fratello, dal marito o da un parente uomo. C’è un coprifuoco. Si rientra a casa alle 7 di sera. Il buio, l’assenza di elettricità, la mancanza di protezione da parte dell’esercito governativo rende potenzialmente fatale ogni spostamento.
“Essere curdi, cristiani o sciiti è pericoloso. Non essere ISIS è pericoloso”. Mentre i siriani nelle province di Idlib e Homs manifestano contro gli Stati Uniti, i curdi siriani appoggiano la decisione di bombardare i territori controllati dai miliziani jihadisti. Quelle zone sono deserte, dicono. Le case sono depredate. Gli abitanti scappano quando sentono colpi di mortaio a poca distanza o quando l’YPG li avverte dell’arrivo delle truppe dell’ISIS. Gli abitanti che rimangono o sono fedeli al gruppo terrorista o sono civili sotto assedio.
E mentre continuano i bombardamenti delle forze americane sulle aree intorno ad al-Raqqa, Deir Ez-zor, al-Hasakah, sul nord-est di Aleppo e sulle zone del confine iracheno, la morte di civili dipinge le giornate.
Federica Iezzi – Nena News
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