Carlo Galli su Repubblica sostiene che i poteri forti sono quelli della rocciosa permanenza delle diverse forme del potere di sempre – parziali, egoiste, autointeressate – all’interno degli spazi istituzionali democratici ed aggiunge che hanno una perniciosa disclocazione extra-statale ed extra-nazionale, che da luogo a diverse espressioni come le grandi case farmaceutiche padrone del biopotere globale, le agenzie di rating, la finanza internazionale (i “mercati”), le istituzioni economiche mondiali ed europee, i media di dimensione transcontinentale, le mafie pluritentacolari, le istituzioni che curano la Ricerca e Sviluppo per la Difesa delle grandi potenze, le multinazionali dei generi alimentari e dell’energia.
Il crollo di un solaio alla stazione ferroviaria di Portici che ha causato la morte di un operaio e il ferimento di altre due persone, è il triste emblema di un’Italia allo sfascio, in cui abbandono e degrado la fanno da padrona, nell’indifferenza assoluta di politici ed amministratori, persi dietro ad infinite discussioni su articoli anacronistici o riforme che non interessano nessuno, ma mai concentrati su temi di autentica portata sociale.
Così mentre l’interesse generale è sull’articolo 18, che riguarda tuttalpiù 3.000 persone, vi sono ancora 200.000 esodati da sistemare ed il tasso di disoccupazione giovanile è giunto al 44%, con la Nazione che resta stabilmente in deflazione.
Questa Italia degli smottamenti, dei crolli e delle inutili risse, con il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfar che continua ad auspicare un intervento della Troika pur di sistemare i conti dello Stato, ed il Presidente della Bce Mario Draghi ventila ulteriori “cessioni di sovranità” all’Europa.
Insomma l’Italia è da commissariare ed anzi, secondo il Wall Street Journal, l’operazione è già iniziata, con il duro editoriale di Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera, dove attacca frontalmente il premier Matteo Renzi, evoca la troika, i segreti del patto del Nazareno e, a questo proposito, sente lo “stantio odore della massoneria, parlando di “muscolarità che tradisce debolezza” e di una squadra di ministri “di una debolezza disarmante” (tranne Pier Carlo Padoan all’Economia), uomini e donne scelti in base alla fedeltà invece che alla competenza.
E che l’attacco sia a tenaglia e concentrico lo dimostra il Sole 24 Ore di Confindustria ed anche gli editoriali di Wolfgang Munchau sul Financial Times, che sembrano dirci che l’Italia che conta, ha sfiduciato Renzi, con la sola eccezione di Sergio Marchionne e John Elkann che continuano a dirsi decisamente renziani.
In questo paese dei balocchi e allo sfascio, è utile leggere anche dagospia che rivela che Mario Draghi ha ormai deciso di lasciare la Bce l’anno prossimo per andare al Quirinale, dove Renzi non lo vuole perché si troverebbe di fatto ad essere commissariato.
Sempre secondo la stessa fonte (che però è ripresa dal Wall Street Journal) De Bortoli supporta Draghi e asseconda quei poteri che sarebbero rassicurati dal vedere il banchiere centrale al vertice della politica italiana, senza però dire nulla sulle intenzioni di Draghi che non è detto voglia o possa andarsene da Francoforte senza destabilizzare i mercati mondiali.
Siti e personaggi dalla discutibile attendibilità sostengono che ci siano legami tra Tiziano Renzi, il papà di Matteo, Denis Verdini (Forza Italia) e logge toscane, ma queste non sono mai state documentate.
Eppure la frase di e Bortoli non può essere usata a caso e, soprattutto, è sospetto che Renzi abbia replicato propprio su questo punto dicendo: “Se c’è una cosa che è lontana da me e da mio padre è la massoneria”.
Certo De Boroli ha avuto molto coraggio e ci ha ricordato quando , nel 2008, Berlusconi suggerì a Giulio Anselmi della Stampa e a Paolo Mieli del Corriere di “cambiare mestiere” e subito dopo iI due direttori furono cacciati.
Però, a ben vedere, De Bortoli non corre lo stesso rischio perché è già stato licenziato e se ne andrà in primavera come da accordi con l’azienda, dopo ripetuti scontri con l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane.
Anche questo appare piuttosto inquietante.
Secondo alcuni il vero uomo forte italiano di adesso è Luigi Bisignani, 61 anni, giornalista, figlio di Renato manager della Pirelli, definito “il manager del potere nascosto”, vero manovratore di Renzi, autore di due romanzi, Il sigillo della porpora (1989) e Nostra signora del KGB (1992), radiato dall’Ordine dei Giornalisti nel 2002, dopo la conferma della condanna per violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti nell’inchiesta Enimont.
Ricorda il Tempo, che lo ha intervistato pochi giorni fa, che a tirare in ballo il suo nome è stato anche Gentiloni che ha ricordato come la sua vita sia del tutto simile al protagonista del suo ultimo libro, anche lui direttore di un importante quotidiano nazionale, che le prova tutte per restare in sella, si divincola tra potenti e morti, e alla fine ce la fa.
Ma più che “il direttore”, uscito per Chiarelettere quest’anno, fa paura dello stesso editore “L’uomo che sussurra ai potenti”, dello stesso editore, scritto con Paolo Madron, in cui si legge che in politica, finanza, nomine in aziende pubbliche, televisione, giornali, non ci sia stata operazione in cui non ci sia stato il suo zampino, vuoi nelle vesti di consigliere vuoi in quelle di vero e proprio regista, tanto che Silvio Berlusconi, che durante la sua lunga permanenza a Palazzo Chigi lo ha spesso chiamato a consulto, lo ha pubblicamente definito “l’uomo più potente d’Italia”.
Ora è anche interessante notare che in quel libro c’è anche un ritratto di De Bortoli che forse ha scatenato l’interessato, definito da Bisignani: “Sempre compassato, dotato di una camaleontica capacità di infilarsi tra le pieghe del tuo discorso e di una grande dialettica, non sufficiente però a nascondere il fatto di non avere quasi ma un’opinione troppo discorde da quella dell’interlocutore: democristiano con i democristiani, giustizialista con i giustizialisti, statalista o liberista a seconda di chi ha davanti”.
E dichiara, poi, di aver aiutato De Bortoli: “Favorii certamente i suoi rapporti con Cesare Geronzi, ma non con D’Alema, visto che i due si detestavano cordialmente. E durante il governo Berlusconi i motivi di contatto sono stati molteplici. (…) Mezzo governo del cavaliere mi chiedeva riservatamente di mediare con lui, sollecitando la pubblicazione di interviste o di lettere. Verso le dieci di sera, quando il giornale stava chiudendo, spesso Ferruccio mi interpellava via sms per la conferma di una notizia, di una nomina o del varo di un provvedimento”.
Ed ecco allora il ritratto perfetto de l’Italia: lotte e ripicche private mentre la nazione precipita ed un operaio muore, per il crollo di un tetto che nessuno a pensato di mettere in sicurezza.
Roberto De Mattei, già un anno fa, scriveva in un pezzo dal titolo emblematico (“La dittatura giacobina dei poteri forti”), che quelle che un tempo si chiamavano “forze occulte” ora hanno la forma della BCE e di altri poteri sovranazionali che non hanno più bisogno di nascondersi e che appaiono questo o quello, non per le Nazioni, ma per il loro tornaconto e la conservazione dello status quo.
Di volta in volta questo potere sceglie da chi farsi rappresentare: Berlusconi, oppure Monti o Letta o Renzi, per portare avanti un piano che vuole amalgamare tutti i Paesi della terra, tenuti sotto la guida di uno sparuto, occulto, gruppo di padroni, come nel romanzo profetico di Robert Hugh Benson Il Padrone del mondo (Fede e Cultura, Verona 2011).
Per fare questo occorre demolire in primo luogo le Nazioni e, successivamente, i presupposti culturali che ne hanno costituito le radici.
Con l’Italia il gioco sembra fatto.
Carlo Di Stanislao
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