La legge di stabilità 2015 non si smentisce colpendo i soliti noti.
Anche per il 2015 nessun rinnovo contrattuale per i dipendenti pubblici per il sesto anno consecutivo, contrariamente all’impegno annunciato dal Governo nel presentare la riforma del pubblico impiego. Anzi. La mancanza di indicazione sulla ripresa della contrattazione, bloccata anche dalla mancata definizione delle aree, rende di fatto il blocco a tempo indeterminato, accompagnato dal congelamento dell’indennità di vacanza contrattuale. Con danno economico, e previdenziale crescente, soprattutto per i giovani medici e dirigenti sanitari.
Si anticipa il TFR solo per i privati, e con tassazione piena, mentre per i dipendenti pubblici persiste il sequestro infruttifero della liquidazione stessa fino a 48 mesi dopo la pensione. L’esenzione dalla contribuzione previdenziale per i primi tre anni per l’assunzione a tempo indeterminato (fino a 6.200 euro annui) non vale, ovviamente, per i precari del pubblico impiego, e per quelli della Sanità in particolare, chiamati a provvedere, in caso di partite IVA false e vere e contratti “atipici”, a pagare di tasca propria assicurazioni diventate obbligatorie.
Prepensionamenti, staffette generazionali, stabilizzazioni di precari sono rimasti uno spot. Lontano dai riflettori si massacra anche la previdenza complementare, che doveva compensare le spaventose riduzioni delle pensioni contributive.
Una operazione per molti aspetti mediatica che premia le richieste di chi beneficia di sconti generalizzati sul costo del lavoro, anche non collegati all’aumento dell’occupazione. A scapito delle Regioni, come dimostra la crisi istituzionale in atto esplicitata dalla minaccia di dimissioni di Chiamparino, sulle quali si scaricano i costi creando le condizioni per aumentare le tasse locali e/o mettere in ginocchio i servizi essenziali, sanità in particolare, già sull’orlo del collasso. Uno sconto a pochi che verrà pagato da tutti i cittadini con meno servizi.
Il patto della salute assume le connotazioni di un vero pacco, se il Governo dà con una mano e toglie con l’altra. E la sanità pubblica sarà chiamata a pagare ancora una volta il conto di sprechi e inefficienze che tutti denunciano ma nessuno dettaglia ed elimina, continuando a latitare un efficace intervento per debellare le consorterie del malaffare amministrativo locale, esaltate dalla balcanizzazione generata dal federalismo, e la situazione di illegalità diffusa in numerose regioni di fatto a sovranità limitata.
La mancanza di risorse diventa, così, un alibi per continuare a penalizzare il lavoro pubblico, che già ha dato 12 mld al risanamento dei conti, e restringere il perimetro delle tutele nei settori sociali e sanitari vitali per un paese. Non è difficile abbassare le tasse ad alcuni con i soldi ed i sacrifici di altri.
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