Nel suo discorso di insediamento, dopo aver ricevuto un largo consenso, ma mostrato, al contempo, numerosi franchi-tiratori nella colazione di sostegno popolar-socialista, il nuovo presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, promette un piano di aiuti da 300 miliardi, da spendere però con “intelligenza” ed “astuzia”, allerta la Germania preoccupata da un nuovo aumento del debito pubblico che va frenando l’iniziativa comunitaria e fa esultare Renzi poiché, sul fronte delle regole, si limita a ribadire che le norme non saranno cambiate ma applicate con flessibilità.
Nel giorno in cui la Commissione, ancora guidata da José Manuel Barroso dovrebbe inviare a cinque paesi della zona euro una richiesta di chiarimenti relativa ai bilanci previsionali per il 2015 presentati a metà mese, l’affermazione fa gioire soprattutto Italia e Francia, che sottolineano la parte del discorso in cui il neogovernatore dice: “l’Europa deve avere un rating Triplo A non solo in termini economici e finanziaria ma anche in termini sociali”.
Qualche perplessità viene invece dalla scelta di creare numerose posizioni di vice presidenti responsabili di progetto, chiamati a essere dei “coordinatori”, degli “animatori”, degli “organizzatori”, con il centro-sinistra che teme un indebolimento del socialista Pierre Moscovici, commissario agli affari e monetari e responsabile in questa veste del controllo dei bilanci nazionali.
Tuttavia Juncker ha rassicurato che: “La Commissione non deve essere un attruppamento di funzionari anonimi” e che “ gli alti funzionari devono obbedire ai commissari, e non il contrario”, frase molto renziana e di grande effetto, che ha suscitato un applauso scrosciante in aula.
Come dicevamo molto soddisfatto è Matteo Renzi che ha annunciato che domani non sarà a Parigi al vertice del Pse in quanto per la mattinata sono previsti l’ incontro con le Regioni e il Consiglio dei ministri.
Ieri intanto era salito al Quirinale, perché, come già nel giugno scorso, in occasione del Documento di Economia e Finanza, il presidente dell Repubblica gli ha ricordato che lui non può prendere in esame leggi che non siano prima state vidimate – la famosa bollinatura di garanzia circa le coperture finanziarie – dalla Ragioneria generale dello Stato e siccome la Legge di Stabilità varata 6 giorni fa dal governo è arrivata al colle senza bollinatura, Napolitano ha mostrato un irritato disagio nella forma di un comunicato che rendeva pubblico che quel testo non aveva passato il vaglio della Ragioneria, e che dunque sarebbe occorso del tempo “per un attento esame”, prima della controfirma.
Il richiamo ha avuto il suo immediato effetto e Renzi è salito al Colle, confrontandosi con il Presidente per un’ora e mezza, con uno scambio di vedute anche sulla questione delle mancate nomine in Parlamento, per venti votazioni, dei due giudici della Consulta.
Napolitano gli ha chiesto, come segretario del Pd, che acceleri, occupandosi personalmente della questione e, se necessario, chiedendo all’ex presidente della Camera Luciano Violante di ritirarsi dalla corsa.
Comunque l’argomento centrale è stata la bollinatura, assicurata comunque in serata dalla Ragioneria, il che ha disteso i toni, tanto che, le note finali di palazzo Chigi erano atte a gettare acqua sul fuoco.
Anche se è la prima volta che il parere della Ragioneria arriva leggermente dopo il testo, e c’è fretta: la impone il Consiglio Ue del 23 e 24 ottobre, il caso è per ora rientrato, come fanno sapere dal Colle che ha anche molto gradito il fatto che Renzi, in chiusura dell’incontro, abbia espresso a Napolitano “vicinanza per le pressioni e gli attacchi che lo hanno colpito nelle ultime settimane in maniera infondata, per scelte del passato di cui non è stato partecipe”.
Tutto bene quindi ma non per la tranquillità degli italiani. Infatti, la legge di stabilità non è soltanto taglio della base imponibile Irap per le aziende o 80 euro per le neo mamme, ma nasconde nelle sue pieghe anche molte fregature, anche se assicura (pare) 800.000 nuovi posti di lavoro e tagli chirurgici e non lineari su welfare e sanità.
In primo luogo una clausola di salvaguardia, ovvero un salvagente voluto da Bruxelles per blindare gli impegni di bilancio presi dall’Italia, per cui, se i nostri conti non raggiungeranno gli obiettivi prefissati, scatterà la clausola di salvaguardia che prevede l’aumento automatico dell’Iva agevolata, ora al 10%, di 2 punti percentuali nel 2016 e poi di un altro punto nel 2017, arrivando così al 13%. Mentre l’attuale aliquota ordinaria del 22% salirebbe al 24% nel 2016, al 25% nel 2017 e al 25,5% nel 2018.
Previsti, poi, se tale aumento non bastasse, un aumento delle accise sulla benzina e già dall’anno d’imposta in corso un ’aumento dell’aliquota Irap dal 3,5 al 3,9%.
Oltrte poi ad un fatto marginale: la cancellazione dell’esenzione dal pagamento del bollo per le auto storiche, con un gettito previsto di 7,5 milioni, c’è la questione molto più consistente del Tfr.
La legge di stabilità dà infatti, la possibilità al lavoratore di scegliere se ricevere parte del suo Tfr direttamente in busta paga, con un aggiunta del 7,41% della retribuzione. Ma la fregatura è proprio dietro l’angolo e colpisce soprattutto i poco informati.
Prima di decidere se prendere o meno il Tfr in busta paga è necessario sapere che la tassazione a cui è sottoposto il Tfr sarà quella ordinaria come per tutti gli altri redditi da lavoro e non quella agevolata che si applica solitamente sul trattamento di fine rapporto.
Non va meglio a chi decide di accantonare il Tfr in fondi pensione e casse previdenziali. La legge di stabilità infatti, prevede l’aumento della tassazione per la previdenza complementare: le tasse sui fondi pensione passano dall’11,5% al 20%, mentre quelle delle casse di previdenza dal 20 al 26%.
Come nota poi Marta Panipucci, c’è anche da considerare il fatto che mettere il Tfr in busta paga significa aumentare il proprio ISEE. E ptrebbe accadere che il lavoratore optando per il Tfr subito in busta paga superi il tetto massimo di reddito per altre agevolazioni come il bonus Irpef di 80 euro o altri benefici assistenziali come sconti sull’iscrizione del figlio all’asilo.
Di Carlo Di Stanislao
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