L’Occidente trema e teme per la sua incolumità dopo l’assalto al parlamento canadese costato la vita ad una guardia ed in cui è rimasto ucciso Michael Zehaf Bibeau, al secolo Michael Hall, elemento considerato “a rischio”, convertito all’islamismo e il cui profilo combacia con quello di molti militanti che combattono in Medio Oriente ma sono disposti ad agire nei loro Paesi in risposta agli appelli del Califfo dell’Isis o di ideologi minori.
Tutto l’Occidente si sente violabile e nel mirino, soprattutto perché è capillarmente diffusa la rete composta da vari siti web, innumerevoli facilitatori che reclutano dal 2012 giovani più o meno disadattati, che entrano i in brigate ribelli in Siria e in Iraq, con una preferenza per le formazioni più dure e, infine, si mescolano ai jihadisti somali (famoso il ruolo di “Mamma Shebab”, una donna di Toronto stabilitasi a Merca dove ha accolto decine di mujaheddin occidentali) , per passare poi all’Isis.
Il fatto che ieri il premier canadese Harper avrebbe dovuto premiare il Nobel Malala è stato uno dei motivi della scelta del Paese da colpire, ma è certo che nessuno di quelli della coalizione anti Isis è al sicuro, poiché vari convertiti di quelle diverse nazionalità sono partiti per i vari fronti e sono pronti a rientrare per generare morte e terrore.
In Italia ve ne sarebbero meno di 50, sarebbero invece 400 i belgi, 700 i francesi, 100 gli svedesi, 400 i britannici.
Tuttavia, come nota su il Messaggero Marco Ventura oggi, il fatto che la rivista online dell’Isis abbia pubblicato di recente un fotomontaggio con la bandiera nera svettante sul Vaticano e lo stesso Califfo Al Baghdadi abbia puntato la spada su Roma ci deve allarmare, anche perché l’allarme jihadismo è nel cuore dell’Europa, in Bosnia e Kosovo, davanti alle nostre coste, dove il retaggio delle guerre jugoslave si fa sentire, come nemesi per l’indifferenza davanti al massacro dei musulmani di Srebrenica ed altrove.
A ciò va aggiunto che l’Italia è a rischio come centro della cristianità e perché sostiene con fermezza la coalizione contro l’Isis, fornendo armi e formazione.
Gilles Kepel, grande esperto che però nel 2001 scrisse un libro sostenendo che l’estremismo islamico era destinato alla marginalità, ma oggi ha cambiato radicalmente idea, affermando che la minaccia si propaga attraverso Twitter e le reti social.
Dopo USA, Inghilterra e Francia, ora anche il Canada è in allerta estrema, anche perchè, come ha detto il premier Harper, quello di ieri è il secondo attacco terroristico in tre giorni, dal momento che, tre giorni fa, a Saint Jean sur Richelieu in Quebec , un uomo con simpatie jihadiste si era lanciato con la sua auto contro due militari canadesi, uccidendone uno ed era stato poi a sua volta ucciso dalla polizia al termine di un inseguimento.
La scorsa domenica, in Vaticano, si è svolta la cerimonia “blindata” della beatificazione di Paolo VI, con piazza San Pietro, simbolo della cristianità, considerata obiettivo sensibile delle cellule terroristiche jihadiste segnalate in Europa, controllata da un piano straordinario o predisposto ai massimi livelli, con la collaborazione dei servizi segreti di diverse potenze straniere.
A fine settembre, a margine della conferenza della “Strategia per la sicurezza della Ue”, l’incontro nato per stabilire nuove norme di sicurezza interna per il Vecchio Continente, il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha ribadito che l’Italia non deve ritenersi al sicuro dal terrorismo e dall’avanzata dello Stato islamico e detto: “La minaccia del terrorismo ha assunto nuove forme e modalità operative e richiede progressi sul piano normativo. Nel nostro paese l’allerta è elevata, anzi elevatissima, pur in assenza di una minaccia specifica. Siamo parte di una grande comunità che è oggi sotto attacco da parte di un califfo e di un sedicente Stato e di una organizzazione criminale che ha condizioni, soldi e uomini che nessuno ha mai avuto”.
Sempre a Settembre, sul Corriere, si è letto che, un blitz delle forze alleate fra Afganistan e Pakistan alla ricerca di Bin Laden ha permesso di trovare, in un covo di talebani, una vera e propria miniera di informazioni che attraverso Europa, Medioriente e Hong Kong hanno portato sulle tracce di una colossale frode fiscale sui certificati ambientali servita a finanziare anche il terrorismo islamico.
La stessa idea della Procura di Milano che in un’indagine innescata dalla denuncia di una commercialista terrorizzata, con l’incriminazione di 38 indagati e il sequestro di 80 milioni di euro, ha svelato un’associazione criminale anglo-pakistana e una franco-israeliana che dal 2009 al 2012 hanno rubato all’Italia più di un miliardo di euro di Iva.
L’aspetto più inquietante che emerge dalle carte dell’indagine milanese è che dietro le “imponenti operazioni di riciclaggio” legate alla frode fiscale potrebbe celarsi un canale di “finanziamento al terrorismo internazionale” di matrice islamica.
A lanciare l’allarme sono stati i servizi segreti americani e inglesi che hanno esaminato la documentazione trovata tra le montagne tra Pakistan e Afghanistan e hanno segnalato tutto alla “Hm Revenue & Custom di Londra”, una sorta di Guardia di Finanza inglese, il cui ufficio stampa, contattato dal Corriere della Sera , non ha fornito ulteriori dettagli perché non può “discutere di singoli casi per ragioni legali”.
Ma anche se i pm milanesi non hanno prove dirette su questo profilo, né possono utilizzare le carte dell’intelligence, essi sono certi che questo meccanismo criminale è stato replicato per anni in centinaia di transazioni facendo impazzire le polizie di tutta Europa, fino a quando le viarie organizzazioni hanno trasferito gli affari in Italia, dopo che altri Paesi dell’Ue erano corsi ai ripari con norme che avevano di fatto rotto il giocattolo.
Carlo Di Stanislao
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