Ottanta euro al mese, per tre anni, ai bambini che nasceranno (o saranno adottati) a partire dal 1° gennaio 2015, a patto che i genitori abbiano un reddito non superiore a 90 mila euro: è questa la versione del bonus bebé che dopo annunci, smentite e precisazioni ha trovato spazio nella versione della legge di stabilità firmata ieri sera dal Capo dello Stato e trasmessa alla Camera dei deputati per l’inizio dell’esame parlamentare. Un testo che conferma dunque una delle misure più chiacchierate della manovra di bilancio del governo Renzi ma che porta con sé anche la sorpresa di un riequilibrio dei fondi destinati alle famiglie: al bonus bebé sarà infatti destinata per il 2015 la somma complessiva di 202 milioni di euro, lasciando ad altri interventi “a favore della famiglia” gli altri 298 milioni previsti dal pacchetto complessivo di mezzo miliardo di euro stanziato per interventi di sostegno familiare. Un riequilibrio che va incontro, di fatto, ai numerosi appunti che erano stati fatti alla scelta di destinare l’intera somma ad un contributo monetario a fondo perduto: fra i tanti, Maurizio Ferrera, uno dei massimi esperti di politiche sociali in Italia, aveva parlato di “logica del tappare i buchi” rimproverando la mancanza di collegamento “ad altre misure in campo sociale”. E a sua volta la Conferenza delle regioni aveva chiesto di fare del bonus bebé “uno degli assi di intervento di un progetto famiglia più ampio che veda un mix di servizi e sostegni economici identificando alcune priorità di intervento finanziabili” subito. C’è da sperare però che i tecnici abbiano fatto bene i loro calcoli, perché se via via ci si accorgerà che quei 202 milioni potrebbero non bastare, le carte in tavola cambieranno e l’importo del bonus (o il limite di reddito per averlo) potrebbero cambiare.
Il bonus bebé.
Il testo che arriva in Parlamento prevede che al fine di incentivare la natalità e contribuire alle relative spese per il sostegno, per ogni figlio nato o adottato a decorrere dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, è riconosciuto un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione. L’assegno non concorre alla formazione del reddito (è dunque esentasse) e sarà corrisposto per tre anni, quindi fino al compimento del terzo compleanno del diretto interessato. Ad una condizione: che i genitori non abbiano conseguito nell’anno solare precedente a quello di nascita del bambino un reddito complessivamente superiore a 90 mila euro. C’è un’eccezione però: se si tratta del quinto figlio (o ulteriore, il sesto, settimo, ottavo, ecc.) il bonus spetta anche se la soglia reddituale viene superata. Ad erogare l’assegno sarà l’Inps e per averlo occorrerà chiederlo: non arriverà in automatico, ma bisognerà presentare apposita domanda. Gli ulteriori dettagli saranno spiegato con un decreto attuativo del Presidente del Consiglio dei ministri (su proposta del ministero del Welfare, di concerto con Salute ed Economia), che arriverà entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Le risorse: stanziati 202 milioni.
Con quali risorse sarà pagato l’assegno? La legge di stabilità valuta che l’onere derivante dal bonus bebé sarà di 202 milioni di euro per l’anno 2015, 607 milioni di euro per l’anno 2016, 1.012 milioni di euro per l’anno 2017, 1.012 milioni di euro per l’anno 2018, 607 milioni di euro per l’anno 2019 e 202 milioni di euro per l’anno 2020. La progressione dei numeri segue le caratteristiche del bonus ed è frutto di un calcolo che è sì presunto (dipenderà da quanti bambini nasceranno) ma è comunque frutto di una proiezione sui dati attuali, che parlano di poco più di 500mila bambini venuti al mondo ogni anno. Poiché ciascuno di loro peserà sul bilancio solo a partire dal mese di nascita (e non tutti nasceranno a gennaio, evidentemente), la previsione – che inizialmente era di circa 500 milioni di spesa annua – per il 2015 si è ridotta a 202 milioni. Ma che succederà se i bambini nati saranno più del previsto e quei 202 milioni non dovessero bastare? In quel caso le regole cambieranno in corsa: il testo di legge afferma infatti che l’Inps dovrà monitorare la situazione inviando relazioni mensili al ministero del Welfare e a quello dell’Economia e che in caso si manifestino scostamenti rispetto alla previsione di spesa si provvederà con decreto del ministero dell’Economia (di concerto con Welfare e Salute) a rideterminare l’importo annuo del bonus o il limite reddituale per averlo.
Il nodo Isee.
Un punto che fa ancora discutere è quello dei criteri indicati per la determinazione del reddito da valutare. Il testo infatti non fa riferimento all’indicatore Isee (che dal primo gennaio entra in vigore nella sua versione aggiornata) ma si riferisce semplicemente alla somma del reddito familiare dei genitori, così come si usa oggi per la richiesta degli assegni al nucleo familiare. E’ una scelta che almeno in parte cambia la platea dei beneficiari e che non piace a molti, visto che il nuovo Isee è stato pensato proprio per aumentare l’equità e avere un parametro certo di valutazione della condizione economica della famiglia. E’ facile prevedere che su questo punto in Parlamento arriveranno proposte di modifica al testo.
Altri interventi: 298 milioni.
E gli altri 298 milioni del Fondo per le famiglie? Al momento, se ne sa praticamente niente. Il testo istituisce nello stato di previsione del ministero dell’Economia un fondo con questa cifra per l’anno 2015 stabilendo che esso è “da destinare ad interventi a favore della famiglia”. La destinazione esatta del fondo, i criteri di riparto, l’individuazione degli obiettivi e le disposizione attuative troveranno posto in un apposito decreto attuativo del Presidente del consiglio dei ministri, su proposta dell’Economia di concerto con il Lavoro e le Politiche sociali. (ska- RS)
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