Se andiamo a ritroso, nella storia e nell’arte, indagare sulla morte femminile è assai utile:dal sacrificio di Ifigenia nell’Iliade a Ofelia nell’Amleto di William Shakespeare, l’arte interpreta uno dei miti che fondano la nostra cultura:donne e morte sono un binomio perfetto per esaltare il potere maschile sulla vita. E proprio di questo si è parlato nel Convegno a Lucca il mese scorso. Intorno al monumento funebre di Jacopo Della Quercia per Ilaria del Cerretto si sono interrogati sul tema (Ilaria e le altre,donne uccise nell’arte. La versione antica del femminicidio) scrittori, critici d’arte, filosofi e storici, quali Bernard – Henri Lévy, Vittorio Sgarbi, Melania Mazzucco e Nicla Vassallo, che ci guidano in una riflessione emersa dalle cronache odierne e dall’incipit del libro di Francesca Serra La morte ci fa belle: ”Nella difficile arte del morire le donne sono insuperabili.”.
L’uomo scarica sulla donna tutta la sua incapacità di vivere, la sua mancanza di valori. E’ l’intera vita di un uomo che ha bisogno del sacrificio femminile.
Foto 1: Monumento funebre di Ilaria Del Carretto
Scolpito da Jacopo Della Quercia tra il 1406 e il 1408 è conservato nella Cattedrale di San Martino a Lucca. Fu commissionato da Paolo Guinigi, Signore di Lucca, per la moglie morta di parto.
Questo sepolcro ispira D’Annunzio, Quasimodo e Pasolini. L’immagine di una giovane morta di parto diventa un simbolo che collega la morte di una donna con la bellezza e l’eternità.
Le donne muoiono sempre per un fattore esterno: un parto, come Ilaria, una malattia, la mano altrui come nel caso del femminicidio. Nell’iconografia la donna porge in sacrificio se stessa.
Foto 2: L’Ophelia di Millas
Dipinta da John Everett Millais nel 1852, è conservata nella Tate Gallery di Londra. La modella si ammalò e morì per essere stata troppo a lungo immersa nell’acqua.
Un femminicidio ha diverse letture. C’è quella psicoanalista, con la quale si cerca di comprendere cosa accada nella mentalità maschile occidentale come la necessità di capire cosa spinga una donna ad accettare un rapporto violento.
L’arte ci ha trasmesso l’idea di una donna che ha sofferto. L’uomo eroe soffre ma con una dignità da protagonista. La donna, invece, sempre perché dipende da altri. E’ come se l’uomo avesse il suo riscatto e la donna no.
Sappiamo che un rapporto sano è una scelta conseguente alla nostra coscienza di esserci concretizzate come donne.
Francesca Ranieri
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