Per la prima volta, da quando ho l’età della ragione, quest’anno non ho partecipato alla marcia Perugia-Assisi.
Eppure negli anni passati, ho fatto anche lunghi viaggi per potervi prendere parte, sia a quelle “ordinarie” che a quelle “straordinarie” che a quelle “specifiche”. Per esempio, ricordo la Marcia del 1990, per partecipare alla quale ero partito in pullman la sera prima da Messina, città nella quale studiavo filosofia all’università. Avevo anche appuntamento, il giorno dopo la Marcia, a Perugia nella casa di Aldo Capitini in via dei Filosofi, con Pietro Pinna – il primo obiettore di coscienza politico all’obbligo militare e fondatore con Capitini del Movimento Nonviolento – per un incontro sul filosofo della nonviolenza, ideatore della Marcia, sul quale stavo cercando materiali per fare la tesi di laurea. Un incontro, con Pietro e con Aldo, che ha segnato il seguito della mia vita.
Ricordo, dieci anni dopo – anche in risposta all’insofferenza rispetto ad una “Marcia della pace” sempre più “generica” nei contenuti di promozione, al punto da far sentire a suo agio tra i marciatori anche chi usava (e usa) i bombardamenti come via alla pace – la costruzione della marcia “specifica” promossa congiuntamente dal Movimento Nonviolento e dal MIR per il 24 settembre del 2000 sul tema “Mai più eserciti e guerre”. Si trattava di una marcia per ribadire che non si possono sdradicare le guerre se non se ne eradicano “i mezzi e gli strumenti” (come è scritto nell’art. 11 della Costituzione) che la preparano e la rendono possibile, ossia gli eserciti. Il rischio – dicevamo già allora e ribadisco ora – è di fare solo retorica della pace. Ossia – di fatto – un servizio alla guerra ed alla sua preparazione.
Ho partecipato alla Marcia del 50° anniversario della prima – ed anche alla sua preparazione – nel 2011, quella promossa congiuntamente dalla Tavola della Pace e dal Movimento Nonviolento. Una marcia importante, capitiniana fin dal tema “Marcia della pace per la fratellanza tra i popoli” che richiamava quello del 1961, dalla quale era emersa la soggettività politica del “popolo della pace” evocato da Aldo Capitini dalla Rocca di Assisi. E poiché, come scriveva Capitini, “una marcia non è fine a se stessa, produce onde che vanno lontano”, dalla marcia del 2011, nella quale – tra le altre cose – era stato messo al centro il tema del disarmo e della lotta ai cacciabombardieri f35, è partita l’onda di costruzione delle condizioni che hanno portato oggi il più ampio movimento per la pace a ritrovarsi, prima nella grande assemblea dell’”Arena di pace e disarmo” – a Verona, il 25 aprile di quest’anno – per affermare che di fronte alle enormi spese militari, nazionali e internazionali, oggi “la liberazione si chiama disarmo” e poi nell’impegno nella Campagna politica “Un’altra difesa è possibile”, per il disarmo e la costruzione in Italia della difesa civile, non armata e nonviolenta.
Nei giorni scorsi centomila persone hanno camminato ancora da Perugia ad Assisi, vi sono state chiamate da un appello che elenca molti generici propositi, ma non assume ne’ propone ai marciatori nessun impegno specifico per la pace, il disarmo, la nonviolenza. Non avvia alcuna onda oltre il marciare fine a se stesso. E’ come se – difronte alla degenerazione bellica internazionale – centomila persone fossero state rassicurate che il solo generoso cammino da Perugia ad Assisi possa essere un talismano. Un affidarsi al fato, un placare la coscienza, tornando alle proprie case, convinti di aver fatto qualcosa per la pace. Eppure il vero impegno comincia adesso, nella capacità di portare il tema del disarmo e della costruzione delle alternative alla guerra nella propria quotidianità lavorativa, associativa, politica, amicale, familiare. Nelle proprie città e nei propri paesi. Di questo oggi c’è urgentemente bisogno.
Che fare, dunque? Le sei Reti che promuovono la campagna Un’altra difesa è possibile hanno inviato alle moltissime associazioni aderenti ai rispettivi network la lettera per la costituzione dei “Comitati promotori locali” per la raccolta delle almeno cinquantamila firme necessarie a presentare una proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione della difesa civile, non armata e nonviolenta. E’ assolutamente necessario che siano costituiti i Comitati, formati da tutte le associazioni, gruppi informali, movimenti, circoli e singoli che aderiscono all’iniziativa in un determinato territorio. Se ciascun marciatore, reduce dalla Perugia Assisi, si attivasse adesso personalmente, collegandosi ai nascenti comitati locali – o ne costituisse di nuovi laddove non ci fossero – potrebbe dare un formidabile contributo al buon esito della Campagna, ed un senso concreto al proprio marciare. Un impegno specifico personale del quale la costruzione della pace ha davvero bisogno
Pasquale Pugliese-Azione Nonviolenta
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