L’Epatite B è attualmente affrontabile con due tipi di terapie: l’interferone e altri farmaci che vengono somministrati per tempi più lunghi, anche per tutta la vita. Entrambe hanno lo scopo di indurre la condizione di portatore inattivo, pur senza vincere l’infezione. Gli approcci sono diversi: l’interferone ottiene questi risultati nel 20% dei pazienti per una terapia limitata nel tempo; i farmaci antivirali, invece, devono essere somministrati per tutta la vita. In altri termini, entrambe bloccano il virus, ma non permettono la guarigione, e non riescono a limitare il rischio di cancro al fegato. Entrambe le terapie, rimborsate dal Sistema Sanitario Nazionale, costano 5-6mila euro l’anno a paziente.
Se n’è parlato durante il XIII Congresso Nazionale della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, apertosi domenica a Genova e conclusosi ieri. Il congresso, che conta circa mille delegati provenienti da tutta Italia, si è proposto di affrontare due emergenze in particolar modo: una verifica sulla situazione d’emergenza riguardante l’Ebola, e una discussione sui batteri “cattivi”, per colpa dei quali la sanità internazionale sta rischiando di perdere la sfida sul fronte degli antibiotici.
Questo congresso assume un valore particolare nella città portuale: “Genova – spiega il Prof. Claudio Viscoli, uno dei Presidenti del congresso – ha visto la nascita e lo sviluppo come disciplina autonoma di uno dei primi centri in Italia di Malattie Infettive, grazie all’innovazione nella ricerca e all’impegno nell’insegnamento del professor Paolo Tolentino. Nel corso degli anni i suoi allievi hanno poi contribuito nell’affermare una vera e propria scuola genovese di Malattie Infettive”.
“Per quanto riguarda le tematiche congressuali – aggiunge il Dott. Gianni Cassola, altro Presidente del congresso – abbiamo cercato di dare spazio anche ad argomenti magari meno sviluppati nel corso degli ultimi anni, pur lasciando ampia visibilità alle più recenti attualità dei vari settori. Si è inoltre cercato di valorizzare i contributi scientifici, in particolare quelli dei giovani ricercatori, dando loro la possibilità di esposizione orale ed attribuendo premi speciali ai lavori migliori”.
“I nuovi farmaci, invece, sono ancora in fase di sperimentazione – spiega il Prof. Massimo Puoti di Milano, Direttore Reparto Malattie Infettive Ospedale Niguarda di Milano e infettivologo Simit – La scoperta del recettore del virus dell’epatite B consente di avere delle cellule in vitro che acconsentirebbe alla sperimentazione di nuove tecniche curative definitive. Queste nuove metodologie bloccano l’ingresso del virus nella cellula, creano una situazione di inibizione, mentre altri farmaci aiuteranno a reagire ad altri livelli, bloccando la sintesi del virus. Non sarà una vera e propria cura microbiologica, ma una cura a livello funzionale. Nessuna idea, al momento, sui costi. Basterà una compressa al giorno, ma ci vorranno almeno 4-5 anni per stabilirne la certezza della sua efficacia. La nuova terapia, studiata da Stephan Urban, potrebbe durare soltanto dai 3 ai 6 mesi”.
La vaccinazione obbligatoria per tutti i nati dopo il 1979, che non assicura comunque l’eliminazione del rischio nel 100% dei casi, ha provocato in Italia un forte decremento. I nuovi casi si sono verificati in persone che provengono da Paesi dove tale vaccinazione non è obbligatoria e c’è un’alta frequenza di infezione. Circa il 40% dei nuovi casi è di persone straniere, o immigrate in Italia o nate fuori dai confini nazionali: i Paesi con più alta endemia sono i paesi asiatici, come Cina e Filippine, e quelli dell’Africa Sub Sahariana. L’epatite, quando non trattata, riduce la durata della vita perché può indurre la cirrosi epatica e il cancro del fegato. Ancora grosse le difficoltà di combattere quest’ultimo rischio, che colpisce ogni anno il 4% dei pazienti con cirrosi epatica.
L’Epatite B si trasmette con il sangue e con i rapporti sessuali non protetti. L’infezione da epatite B ha una capacità di contagio dieci volte maggiore rispetto a quella da Hiv. Si consiglia di effettuare il vaccino per una maggiore sicurezza per i nati prima del 1979, per gli operatori sanitari e per tutti i soggetti a rischio.
“Secondo gli studi effettuati nell’ultimo anno – proseguono gli infettivologi Simit – l’azione di più farmaci ad azione antivirale diretta ha comportato percentuali di guarigione finora neanche lontanamente immaginabili, pari a circa il 100% dei casi: un evento che in medicina accade raramente. Sono farmaci che, usati congiuntamente, bloccano il virus e i suoi meccanismi di replicazione. Una volta eliminato il virus, il soggetto guarito potrebbe infettarsi con un altro ceppo solo ponendosi a rischio di un nuovo contagio. Tutte le terapie sono ormai approvate in America, mentre in Europa si attende il via libera per due di esse. Non hanno controindicazioni. L’unico problema è che i costi saranno molto elevati, pari a circa 40mila euro per tre mesi di terapia, che potrebbero diventare sei per alcuni soggetti. Il rimborso del Sistema Sanitario Nazionale inizialmente sarà probabilmente previsto per i pazienti con malattia in stadio più avanzato”.
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