Oggi sono repubblicani Michigan e Wisconsin, dove i Repubblicani erano favoriti, ma anche Florida, Illinois, Maine, Kansas, North Carolina, Arkansas, West Virginia, South Dakota, Montana, Colorado e Iowa. I democratici hanno vinto, come da consuetudine, nello Stato di New York con Andrew Cuomo, al suo secondo mandato, e in California con Jerry Brown, pronto per il suo quarto mandato, non consecutivo, mentre la Louisiana andrà al ballottaggio il 6 dicembre.
Per Obama è la sconfitta più dura della sua carriera, con il partito repubblicano che ha conquistato la maggioranza del Senato e ampliato il controllo che già aveva alla Camera dei Rappresentanti ed i suoi che perdono stati in cui tradizionalmente erano vincenti.
Insomma il presidente esce pesto dal Great Old Party e si merita appieno l’appellativo di The lame duck (anatra zoppa), con gli avversari che superano la soglia richiesta di 218 seggi e sono sulla via di sorpassare il numero di 246 detenuti durante l’amministrazione del presidente Harry S. Truman, più di 60 ani fa.
Adesso, a metà del secondo ed ultimo mandato, Obama dovrà affrontare un Congresso tutto repubblicano, indebolito dalla sconfitta del suo partito che aveva già perso 63 seggi nel 2010.
Due anni da incubo si preparano per il lui, due anni “azzoppati” come in passato accaduto solo a Dwight Eisenhower, Ronald Regan, Bill Clinton e George W. Bush.
Intanto, per il prossimo venerdì, ha invitato alla Casa Bianca i leader del Congresso democratici e repubblicani, per sondarne gli umori e cercare di portare avanti la sua agenda.
E gà si temono ripercussioni sulle scelte economiche con la possibilità che emergano un programma di riforme del fisco, con tagli delle aliquote per le imprese, il via libera a nuovi progetti energetici, dall’oleodotto Keystone tra Canada e Stati Uniti, fermo per paure ambientali, a maggiori esportazioni di gas, oltre a possibili frenate alla regolamentazione: nell’energia l’Agenzia per la Protezione Ambientale con riduzione dei poteri sulle emissioni inquinanti, a cominciare dalle centrali elettriche, oltre ad allergerimenti della riforma finanziaria Dodd-Frank, quali un ridimensionamento dell’Ufficio per la protezione dei consumatori e la scomparsa, dalla riforma sanitaria , di alcune imposte, quali la tassa sui produttori di attrezzature mediche.
Per non parlare del capitolo Banca Centrale, che potrebbe finire sotto pressione, poiché i repubblicani intendono esaminare con attenzione la politica monetaria accomodante e gli accresciuti poteri di sorveglianza e regolamentazione della finanza.
Se passasse l’idea del senatore Rand Paul, la Federal Reserve potrebbe essere sottoposta a veri e propri controlli contabili, con applicazione di formule matematiche ispirate anzitutto al controllo dell’inflazione, e non anche all’occupazione, per guidare le scelte sui tassi d’interesse, svolta che modificherebbe il tradizionale doppio mandato della Fed, volto a perseguire sia la stabilità dei prezzi che il massimo impiego.
Il problema della debacle di Obama è che “dalla crescita economica hanno tratto vantaggio soprattutto le persone molto ricche – scrive ancora Max Ehrenfreund sul Washington Post – mentre i salari e il reddito mediano crescono a fatica. La classe media sta peggio oggi di quando Obama è entrato in carica. Solo il 42% degli americani approva la gestione dell’economia da parte del presidente, secondo l’ultimo sondaggio di Washington Post-Abc News“.
Nonostante le promesse sciorinate dopo il secondo trionfo nelle presidenziali, Obama poco o nulla è riuscito a fare per la classe media, che ha visto diminuire il proprio reddito reale e aumentare i costi di gestione della famiglia, mentre i repubblicani, che controllavano già la Camera dei Rappresentanti, sono stati bravi (politicamente parlando) nel bloccare i provvedimenti che nelle intenzioni dei dem avrebbero dovuto portare ad un aumento delle retribuzioni e del salario minimo, ad estendere le tutele per i disoccupati e a stimolare gli investimenti pubblici nelle infrastrutture.
Inoltre, nel suo secondo mandato, Obama ha dato l’immagine di un uomo indeciso su tutto e, come notano in molti di qua e di là dall’oceano, l’immagine che resterà dell’ultima parte del suo secondo è quella del presidente che gioca a golf sull’isola di Martha’s Vineyard, nel Massachussetts, a poche ore dalla decapitazione del reporter statunitense James Foley da parte dello Stato Islamico.
Infine, nota su il Fatto Quotidiano Marco Pasciutti, la sconfitta di Obama e la perdita del Senato potrebbe favorire la chiusura della trattativa con Ue sul Trattato Transatlantico sul commercio e gli investimenti, anche perché, al momento, Washington e Bruxelles rimangono distanze considerevoli su diversi punti, a partire dagli standard sui prodotti agricoli e alimentari.
Secondo Francesco Di Matteo, la situazione creata dal voto di ieri potrebbe portare ad una ulteriore empasse dell’opera del parlamento, già pressoché paralizzato prima di queste elezioni. Infatti, visto che molti dei nuovi parlamentari eletti nelle file repubblicane fanno parte della corrente estrema del partito, il Tea Party, potrebbe essere difficile trovare un terreno comune con Obama e i democratici sul quale poter collaborare. Molti della componente destra del partito repubblicano, infatti, vede Obama come il peggiore dei mali, un vero diavolo in persona.
Tuttavia la situazione di stallo che da troppo tempo sta ostacolando la regolare legiferazione potrebbe costringere i nuovi parlamentari a sforzarsi di trovare terreno comune su cui lavorare, anche perchè se non si sblocca la situazione parlamentare difficilmente l’elettorato deciderà di confermare il voto ai repubblicani.
Gli statunitensi, infatti, secondo i sondaggi, sono assai scontenti dell’incapacità del parlamento di poter lavorare e chiedono ai parlamentari maggior collaborazione per poter procedere nelle riforme indispensabili per il Paese.
Chi è dalla parte dei democratici, consiglia ora ad Obama di occuparsi a tempo pieno di fatti come Ucraina ed ISIS e di lasciare che i Repubblicani si disperdano nella ricerca di una figura autorevole e ben vista in vista delle elezioni presidenziali e che dovranno opporre alla forte candidatura di Hilary Clinton che, in questi giorni elettorali, mentre incitava gli elettori del Kentucky a guardare avanti, pensava propria a quando si sarebbe seduta nello studio ovale.
Carlo Di Stanislao
Deve essere divertente per qualcuno vedere come tutti corrano a destra e a sinistra, fanno campagne politiche ed elezioni quando gia’ sanno che tutto e’ prefissato alla partenza.
Che significato hanno queste mascherate quando e’ chiaro che Jeb Bush sara’ alla Casa Bianca nel 2016 ed ogni promessa fatta dal politico di zona non avra’ piu’ alcun valore? Oggi i tanti tumulti ed un crescente diffuso malcontento andrebbero rivisti in un piu’ grande contesto e non semplicemente entro l’ambito della politica locale. Stiamo ora oltrepassando una delle fasi di un Complotto mondiale di cui anche tu fai parte ovunque tu sia. Non ti lasciare incantare dai media. Il Complotto mondiale non e’ una teoria. Con 2.3 trillioni di dollari dichiarati ufficialmente smarriti dall’amministrazione Bush il giorno prima dell’Undici Settembre ed altri 2 trillioni rubati fra l’affare del “Savings and Loans” ed Enron pochi Sionisti come la famiglia Bush e Dov Zakheim sono ora in attesa del totale collasso del sistema finanziario mondiale e di una Guerra Mondiale di Religioni. Manovrano da dietro le quinte mentre si preparano per il 2016. Investono i loro soldi per generare caos, terrore e disperazione in ogni luogo preparando cosi’ un palco ideale per Jeb Bush.
Una volta riconosciuto l’obbiettivo del Complotto tutto il resto sara’ facile da comprendere e prevedere. Inoltre sembrera’ non aver piu’ alcun senso continuare a giocare al Monopoli quando qualcuno ha gia’ rubato tutti i soldi.
http://www.wavevolution.org