Non dico di cantare allegramente sotto la pioggia come Gene Kelly nel film di Stanley Donen, ma che siamo giunti a chiudere scuole ed università a causa degli acquazzoni ci dice quanto non funzioni il Paese.
Si contano danni dal nord al sud, dal Piemonte allagato, al Veneto e alla Liguria che tengono i loro fiumi sotto controllo strettissimo, a Napoli battuta dal vento forte, all’acqua e alle frane che hanno invaso le strade della Calabria, alla tromba d’aria di Catania.
Il maltempo mette ancora una volta sotto la lente di ingrandimento l’interrogativo su cosa è stato fatto, su cosa non è stato fatto, su cosa non è stato fatto abbastanza.
“Purtroppo andrà sempre peggio e la gente continuerà a morire travolta dall’acqua e dal fango” prevede Mirella Belvisi di Italia Nostra, una delle più antiche associazioni ambientaliste italiane, nata nel 1955 per iniziativa di un gruppo di intellettuali, tra cui Antonio Cederna, che avevano a cuore la salvaguardia del nostro territorio e presieduta negli anni da personaggi del calibro di Filippo Caracciolo e lo scrittore Giorgio Bassani.
Sul dissesto idrogeologico del nostro Paese – racconta a Panorama.it Belvisi – aveva scritto già numerosi articoli lo stesso Antonio Cederna denunciando quello che fu lo scardinamento del Servizio italiano geologico, voluto addirittura dal ministro Quintino Sella, che pure gestiva, con una politica al’oso, un?Italia molto sofferente economicamente.
L’allerta è massima nel Lazio, in Sicilia, in Calabria e nel Nordest, dove è atteso nelle prossime ore un ulteriore peggioramento delle condizioni meteo con precipitazioni, nubifragi e temporali. Tutti i fiumi nelle zone indicate sono sotto osservazione, e in Friuli hanno già superato il livello di guardia. Sotto stretto controllo sono l’Isonzo, che a Gradisca (Gorizia) ha superato gli otto metri e il Tagliamento, il Livenza e il Meduna che, alle porte di Pordenone, ha raggiunto 20,88 metri.
La Protezione civile ha attivato sul territorio 325 volontari di 71 Comuni per il monitoraggio del territorio e per interventi di ripristino o gestione viabilità in conseguenza ad allagamenti o piccoli smottamenti. In particolare, dalle ore 23 di ieri sera alle 2 della notte, l’area isontina (nei Comuni di Cormons, Farra d’Isonzo, Gorizia, Gradisca, Mossa, Ronchi dei Legionari, San Pier d’Isonzo, Staranzano), una parte dell’area udinese (Aquileia, Fiumicello, Ruda, San Giovanni al Natisone, Villa Vicentina) e il Comune di Brugnera nel Pordenonese sono stati interessati da intense precipitazioni che hanno comportato locali allagamenti e problematiche alle reti di drenaggio urbano.
Stamani su Catania, in cui prosegue la conta dei danni provocati ieri dalla tromba d’aria che ha colpito la zona di Ognina e la vicina Acireale e da un piccolo ciclone che ha interessato la zona di Via Dusmet, il cielo è nuvoloso e piove leggermente, ma le previsioni parlano di rovesci di forte intensità, raffiche di vento e burrasca che dovrebbero intensificarsi nella seconda parte della giornata, fino a notte.
L’Italia non investe nel territorio, nella cultura e nei talenti. Federico Faggin, 76 anni, fisico vicentino emigrato a Silicon Valley negli anni ’70, inventore del microchip e del sistema touch, pochi giorni fa, durate l’edizione 2014 dell’Olivetti Day, che ha riunito a Brescia imprenditori e manager accomunati dalla volontà di fare impresa con la stessa filosofia seguita da Adriano Olivetti, che con la sua lungimirante esperienza imprenditoriale riuscì a coniugare profitto e solidarietyà, ha detto: “Oltre mezzo milione di cinesi, manager, scienziati, tecnici, veri cervelli in fuga, sono rientrati in patria richiamati a condizioni equivalenti di quanto avevano all’estero, per fare decollare il loro paese e i risultati si sono visti. Perciò dico che se l’Italia vuole riportare in patria i suoi giovani talenti all’estero dovrebbe prima di tutto preoccuparsi di creare le condizioni: solo così si potrebbe fare ripartire il paese”. E ancora: “Negli Usa ogni anno 25-30 miliardi di dollari vengono dal venture capital e il 40% finisce come investimento nella Silicon Valley e solo così si crea l’ecosistema favorevole allo sviluppo che in Italia manca”.
Ma in Italia non si investono che spiccioi in ricerca, tutela della bellezza e del territorio. Ed i risultati sono impoverimento culturale e territorio sempre più fragile e minacciato.
Vittorio Emiliano, giornalista e scrittore, presiedende del Comitato per la Bellezza, a definito l’Italia: Paese dalle mille frane, aggravate dagli incendi che “cuociono” e indeboliscono decine di migliaia di ettari collinari, dal carattere sismico generale (esclusa la Sardegna), da una speculazione edilizia dissennata dentro e fuori le città da abusi senza sosta che occupano gli stessi alvei di fiumare, torrenti e fiumi, cementificati, tombati, snaturati.
E ricordava che, dopo l’idiozia di Bossi, che proponeva uno spezzatino del bacino padano – allora garantito da una Autorità Nazionale abbastanza efficiente – fra Piemonte, Emilia e Veneto (come i Parchi Nazionali del resto), frutto di una demenza sottoculturale che ha portato – come hanno denunciato nel marzo 2012 i grandi esperti riuniti ai Lincei – ad una Italia “chiusa in una morsa: da un lato l’inadeguatezza delle risorse finanziarie che impedisce di realizzare opere strutturali di difesa e dall’altro un quadro normativo tuttora fondato su Regi Decreti di inizio ‘900, un quadro confuso in cui si intrecciano norme europee, nazionali, regionali che faticano ad integrarsi perché prive di un disegno unitario”; il Paese, pur dortato di un efficiente Servizio Idrografico Nazionale, lo ha poi smantellato con la regionalizzazione (per anni la Regione Lazio ha interrotto la secolare preziosa statistica dei livelli del “pazzo” Tevere). Il Servizio Geologico, che ha realizzato solo per il 40% la Carta d’Italia, non sta bene. Ancora peggio il Servizio Meteorologico “mai istituito con legge nazionale”, dipendente dall’Aeronautica. Nel vuoto di competenze, con Berlusconi, la Protezione Civile è straripata dai suoi già gravosi compiti, inglobando il Servizio Sismico Nazionale da cui era stato cacciato, (ottobre 2002) per ragioni politiche il suo valido direttore Roberto De Marco. Ed i risultati si vedono tutti, a L’Aquila, come altrove.
Una mano validissima a peggiorare le cose è venuta dal Titolo V della Costituzione varato nel 2008 per compiacere la Lega e che mette tutti alla pari: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.” Il caos. Il governo Renzi cerca di ripristinare una catena di comando con un nuovo Titolo V, che comunque genera molti dubbi ed è, almeno per ora, fragile come questo Paese e che non ha il coraggio, ad esempio, di istituire le Autorità di Distretto secondo le direttive UE.
Invece, con il decreto Salva Italia (40 miliardi da spendere in 15 anni), invece di pensare ai nostrio veri potenziali (cibo, film, moda, vino, cultura), si preoccupa di sottolinare: “il carattere strategico delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, delineando quindi procedure chiare ma commisurate alla natura di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità”, rendendo così vane tuttte le norme che difendano paesaggi ed ambiente, di fatto facilmente scavalcabili per opere di stoccaggio, trivellazione e compagnia varia.
Prima dello Sblocca Italia erano le regioni a decidere sulle trivellazioni in terra e Roma in mare. Adesso sarà Roma a decidere su tutto, una sorta di “ghe penso mi” di sapore berlusconiano, che è poi sinonimo di renziano.
Spronati da cittadini, vari comuni e regioni hanno espresso la propria contrarietà allo Sblocca Italia, in maniera bipartisan e vari senatori hanno chiesto emendamenti per evitare scempi, con i 5 stelle che hanno celebrato davanti a Montecitorio il funerale dell’Italia con tanto di bara, fiori e bandiera tricolore e con la scritta “SfasciaItalia”, per protestare contro l’acqua privatizzata, le trivellazioni, le false bonifiche, la malagestione del territorio, lo sfruttamento delle fonti fossili e, per buon ultimo, le grandi opere inutili e azzardate.
Ieri, durante la cena di finanziamento del Pd, Matteo Renzi ha avvertito Silvio Berlusconi: “Il patto del Nazareno non può essere fermato e rallentato perché qualcuno ha paura di mandare avanti le riforme. Se qualcuno pensa di fare il temporeggiatore, noi diciamo che andiamo avanti anche da soli perché c’è un senso di urgenza sulle riforme”.
A spiegare meglio la situazione è il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, la vergine custode di Matteo,come l’ha definita Marco Travaglio, la quale l’accordo del Nazareno scricchiola “perché dentro Forza Italia litigano, non si mettono d’accordo tra di loro. Noi però non ci possiamo fermare”. “Le riforme dobbiamo farle e le facciamo con chi ci sta, con chi vuole dare una mano al Paese, in Parlamento ci sono anche il Movimento 5 Stelle, Sel o la Lega”, ha detto intervistata da Mattino 5. Boschi però è fiduciosa: “Siamo molto vicini a un accordo sulla legge elettorale”. Anche il ministro ha garantito che sarà al Senato la prossima settimana perché “è un’urgenza per il Paese”. “Abbiamo i capi lista scelti dal partito e le preferenze per gli altri”, ha ribadito Maria Elena Boschi. E sulle critiche al governo il responsabile delle Riforme ha osservato: “Non ci spaventano, questo è un governo che non scappa, che non ha paura del confronto con i cittadini anche quando la situazione e’ difficile”.
Come si vede fierezza e convinzione, che, naturalmente, scatena critiche in Forza Italia e Lega, mentre i Cinque Stelle con Luigi Di Maio ribadisce: ” “Non sappiamo che cosa si siano detti Renzi e Berlusconi nelle segrete stanze e quindi è meglio non mettere bocca”.
Mercoledì, con l’elezione, dopo l’estenuante sertie (venti) di fumate nere, di Silvana Sciarra a membro della Corte Costituzionale, Renzi ha mostrato a Forza Italia che è in grado di creare una maggioranza alternativa e consentito ai fuoriusciti del M5S di immaginare un gruppo che possa appoggiare il governo.
Come sempre enfatizza questa vittoria ed il fatto che tra le file grilline si sia stia assistendo un cambio di prospettiva., con i Cinque Stelle che, per la prima volta, partecipano e non facendo opposizione.
Ma la strada è ancora lunga e piena di ostacoli e scricchiolii, dal momento che c’è anche chi, come il senatore grillino Nicola Morra, che si affretta a chiarire: “Tranquilli, il M5S non entrerà mai nel governo Renzi”.
Carlo Di Stanislao
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