Quando si entra in Piazza Duomo a L’Aquila o quando si guardano immagini aeree della città è difficile non pensare al desolante stato di abbandono in cui versa la Cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio, ormai da troppo tempo. E con l’avvicinarsi dei periodi festivi, durante i quali i luoghi di culto diventano ancora più protagonisti nella vita di una comunità, questa constatazione di abbandono si fa più marcata. Stiamo parlando del Duomo, ossia di quella che ovunque è la madre di tutte le chiese della Città e della Diocesi, la casa della comunità cittadina che, al di là delle individuali convinzioni religiose, in gran parte identifica la Cattedrale come uno dei principali punti di riferimento del proprio spazio urbano e ne apprezza le testimonianze storico-artistiche che essa contiene.
Senza dilungarsi ulteriormente, non si può che trovare inaccettabile che la nostra Cattedrale, crollata parzialmente a seguito del terremoto del 2009, versi da troppo tempo in condizioni di grave degrado; alcune testate giornalistiche locali hanno più volte affrontato il problema anche con testimonianze fotografiche recenti che mostrano come la zona del presbiterio, ossia quella dove si celebra, sia ricoperta di erbacce quasi alla stregua di un vecchio capannone abbandonato. Ciò accade perché, come ben noto, da oltre 5 anni la zona della chiesa scoperchiata dal crollo è rimasta in balìa delle intemperie in mancanza di un’opera di copertura provvisoria. Lo stesso grave problema si riscontra anche per altri edifici storici della città, non solo ecclesiastici.
Molti cittadini, credenti o non credenti, amanti dell’arte o non, oppure semplicemente legati alla propria città e orgogliosi di essa e di qualunque sua testimonianza storica, materiale e immateriale, non possono che sentire questa casa comune abbandonata come fosse la propria casa in abbandono.
Come semplici cittadini aspettiamo e chiediamo che si ponga finalmente mano ai lavori di restauro della Cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio.
Si distingue spesso tra ricostruzione sociale e ricostruzione materiale; in realtà ricostruzione sociale e ricostruzione materiale sono due facce della stessa medaglia: c’è ricostruzione sociale se vengono ricostruiti materialmente gli spazi della socialità; non spazi posticci, surrogato di quelli veri, ma gli spazi autentici della città e dei borghi, quelli insostituibili dove da generazioni si svolge la vita comunitaria, sia piazze sia edifici.
Mauro Rosati
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