A innescare l’ondata di vendite è stato l’ulteriore calo del prezzo del petrolio (-17% a dicembre). Questo ha fatto diffondere il timore che alcune società energetiche, per effetto dei minori incassi, potessero non ripagare i loro debiti. Perché questa paura? Primo: si indebitano in dollari, quindi con il rublo deprezzato (-18% solo a dicembre, ma aveva perso già prima) il loro debito cresce. Secondo: per effetto delle sanzioni internazionali, fanno fatica a raccogliere finanziamenti all’estero. Terzo: in questi giorni dovevano ripagare una fetta elevata di debito contratto con l’estero (la fetta più grossa di tutto l’anno).
IL PUNTO DELLA SITUAZIONE
Per ora, però, non si registra nessun mancato pagamento da parte delle società russe. Dicembre, poi, è quasi finito e i prossimi mesi dovrebbero essere “più tranquilli” in termini di fette del debito da ripagare Inoltre non va dimenticato che la banca centrale russa potrebbe comunque intervenire nelle situazioni di difficoltà – sebbene le autorità smentiscano, si mormora lo abbia già fatto pochi giorni fa con il colosso energetico Rosneft, che aveva in scadenza 7 miliardi di debiti in dollari. Per darti un’idea dei numeri in ballo, si stima che circa 40 miliardi di debiti in dollari americani dovrebbero arrivare a scadenza nella prima parte del 2015, mentre la Banca centrale russa ha munizioni, rappresentate dalle riserve in valuta estera, per quasi 400 miliardi di dollari.
I POSSIBILI RISCHI A BREVE
Tutto tranquillo, quindi? Non proprio. Le riserve della Banca centrale, per quanto notevoli, sono comunque limitate. Si stima che la Banca centrale russa abbia già speso 80 miliardi di dollari dall’inizio del 2013 per cercare di difendere il rublo, inutilmente – pare che la stessa Rosneft abbia venduto rubli e comprato dollari, alimentando ulteriormente il calo della valuta. Se il mercato continua a scommettere pesantemente contro la Russia, anche la Banca centrale rischia di finire le munizioni e soccombere – è già successo con la Banca d’Inghilterra nel 1992. E il mercato continuerà a scommettere contro la Russia? Crediamo che molto dipenda dal prezzo del petrolio. Se resta basso, è possibile che continui a farlo: la Russia ha bisogno di un prezzo del petrolio sopra ai 100 dollari per sostenere le spese del suo apparato statale. Più il petrolio resta basso, più le prospettive economiche del Paese peggiorano – si stima a questi prezzi per il 2015 una recessione del 4,5%.
PERCHÉ LA RUSSIA IN PORTAFOGLIO A 10 E 20 ANNI
La domanda chiave, dunque, è: che accadrà al petrolio? Noi crediamo che risalirà. Dopo gli ultimi scivoloni ci sono a rischio sospensione circa 1.000 miliardi di dollari di investimenti in ricerca petrolifera. Se si interrompono, si stima un calo della produzione pari all’8%, mentre la domanda dovrebbe continuare comunque a salire, per quanto lentamente. Una situazione che dovrebbe portare a un riequilibrio tra domanda e offerta e far risalire il prezzo dell’oro nero. In questo scenario la Russia ha tutto di guadagnare. Per questo lasciamo la Borsa russa nei nostri portafogli a 10 anni (neutro e dinamico) e 20 anni. Non la inseriamo, però, nei portafogli brevi (a 5 anni) perché non sappiamo quando il prezzo del petrolio effettivamente risalirà. La sospensione dei progetti potrebbe richiedere tempo: e più il tempo del rimbalzo slitta, più la situazione russa, con tutti i rischi che ti abbiamo illustrato, può peggiorare. Che fare allora con gli investimenti in Russia? Hai due strade.
VENDI TUTTO
Prima: potresti uscire, vendendo gli investimenti in Russia, e stare alla finestra, depositando magari i soldi su un conto deposito. Aspetti la fine della bufera e poi, quando le cose sembrano sistemarsi, torni su Mosca. È una strategia che ha un lato positivo: non solo elimini il rischio di ulteriori cali, ma guadagni ancora di più ricomprando a prezzi più bassi. Ne ha, però, anche uno negativo: rischi di non azzeccare il momento giusto per rientrare sul mercato, facendolo magari a ripresa già avvenuta, o di non rientrare affatto, finendo solo per consolidare le perdite.
PAZIENZA, MA PASSI A UN FONDO
Seconda: tieni i nervi saldi e conti sulla ripresa di lungo periodo. In questo caso, però, c’è comunque un modo per cercare di arginare i batticuore di breve: passare dall’Etf che fin qui ti abbiamo consigliato, il Lyxor Etf Russia(17,92 euro; Isin FR0010326140), a un fondo comune. Il motivo è semplice: un gestore di un fondo ha più strumenti in mano rispetto a quello di un Etf per arginare le tensioni di breve periodo. In primo luogo, escludendo dal portafoglio titoli che ritiene “a rischio”. In secondo luogo, aumentando la liquidità nel fondo (è comunque un cuscinetto di salvataggio). Infine, inserendo nel fondo prodotti di “protezione”, che guadagnano dal calo della Borsa russa o che sterilizzano il rischio del fallimento di una società in portafoglio. Tra i fondi che storicamente hanno offerto risultati di gestione discreti, abbiamo individuato un fondo che potrebbe fare al caso nostro: Dws Russia (129,13 euro; Isin LU0146864797). Si acquista sulla vetrina di fondionline Fundstore senza spese (investimento iniziale di 2.500 euro). Rispetto ad altri fondi ha una percentuale più contenuta di azioni energetiche. Non solo, nell’ultimo difficile anno è riuscito a contenere il calo in euro al -33% rispetto al -40% della Borsa russa. È una piccola speranza per affrontare un po’ più serenamente i possibili difficili mesi. Resti sempre in Russia, ma cambi “albergo”. Vendi, quindi, l’Etf sulla Russia e investi su questo fondo. Magari non tutto subito. Puoi per esempio, investire 2.500 euro adesso (il minimo per la prima sottoscrizione) e poi comprare altri 500 euro di quote tra un mese (500 euro è il minimo per le sottoscrizioni successive alla prima) e poi altri 500 euro tra due mesi… così da contenere il rischio.
E SE LA RUSSIA VENDE ORO?
Qualcuno ha ventilato l’ipotesi che la Banca centrale russa possa vendere il suo oro per cercare di difendere il rublo. In realtà, vista la dimensione delle riserve aurifere russe (circa 40 miliardi di dollari) contro quella delle riserve in valuta estera (come detto, quasi 400 miliardi), crediamo che l’ipotesi di vendere oro sia al momento improbabile. Non vediamo, dunque, pressioni al ribasso sul prezzo dell’oro dalla Russia. Continua a mantenere i tuoi investimenti in oro fatti attraverso l’Etfs gold bullion (93,12 euro; Isin GB00B00FHZ82) ma solo fino a un massimo del 5% del valore del tuo portafoglio. (Altroconsumo)
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