Nel “Dialogo della Natura e di un islandese” Giacomo Leopardi (che Martone, dallo schermo, ci ha costretto a riprendere in considerazione), dice che è facile persuadersi, e molto presto, “della stoltezza degli uomini; i quali combattendo continuamente gli uni cogli altri per l’acquisto di piaceri che non dilettano, e di beni che non giovano; sopportando e cagionandosi scambievolmente infinite sollecitudini, e infiniti mali, che affannano e nocciono in effetto; tanto più si allontanano dalla felicità, quanto più la cercano”.
Penso a quest’amara analisi mentre faccio il punto sull’anno trascorso, il settimo di seguito in crisi, e devo concludere che Renzi è stato solo un illusionista, uno che durante il semestre di presidenza europea ha continuato a girare col piattino e mendicare “elasticità” senza una sola vera proposta innovativa e che, ancora, con la legge di stabilità, reitera un approccio inadeguato e incongruente alla natura della crisi, con un miglioramento solo di alcune condizioni d’offerta del nostro settore produttivo – limitandosi a ridurre il costo del lavoro e aumentarne la flessibilità – senza curarsi della sua decrescente capacità innovativa che è alla base del nostro declino (non solo economico); senza neanche una riga sul problema più urgente , costituito dalle carenze della domanda.
Come scrive Felice Roberto Pizzuti, Renzi ha detto agli industriali “vi tolgo l’articolo 18 e i contributi, vi abbasso l’Irap, ora assumete”; ma la manovra del suo governo riduce i costi (e aumenta i profitti) per quelle imprese che già dispongono in qualche misura di una domanda la quale, tuttavia, è largamente insufficiente per impegnare tutte le risorse produttive esistenti e non aumenterà significativamente a seguito della riduzione delle imposte a carico delle imprese e dei diritti dei lavoratori. Anzi, i dati confermano che, pur riducendo il cuneo fiscale e aggiungendo 80 euro in busta paga – ma aumentando la precarietà dei posti di lavoro – i consumi e gli investimenti non crescono.
Doni esigui e dubbi, quindi, sotto l’albero di Natale, che non cambiano per nulla la situazione della più parte degli italiani, perche dal punti di vista distributivo la manovra beneficia essenzialmente le imprese, e specificamente quelle operanti nei settori meno dinamici (su 36 miliardi, solo 300 milioni sono finalizzati a ricerca e sviluppo); non solo in via diretta (riducendo imposte e contributi a loro carico e concedendo nuovi incentivi) ma anche in via indiretta per gli effetti di traslazione a loro vantaggio sia degli sgravi contributivi formalmente a favore dei lavoratori sia dell’eventuale trasferimento in busta paga del Tfr.
Dicevo che ancora più grave e l’inutilità della sua presidenza in ambito europeo.
Quando, nel luglio 2012, Mario Draghi, disse, in un famoso intervento rivolto ai mercati finanziari, che la BCE avrebbe difeso l’Euro con tutte le sue forze e che “credetemi, saranno sufficienti”, la speculazione internazionale si fermò, comprendendo che era troppo rischioso andare oltre se la BCE si comportava come una banca centrale normalmente deve fare, cioè difendere l’intera economia di cui è uno strumento di politica economica. I tedeschi e i loro solidali del rigore “stupido” non ne furono lieti, ma dovettero constatare che la posizione assunta dalla BCE ridava fiato all’intera UE.
Per oltre due anni l’avvertimento di Draghi ha retto, ma la Germania non ha mai dismesso la sua contrarietà a quella linea.
Nel frattempo è aumentata fortemente l’offerta di moneta sia della FED statunitense sia della BCE; l‘economia reale non ne ha beneficiato (occorrevano e occorrono mutamenti strutturali della complessiva politica economica), ma – tra l‘atro – sono aumentate le munizioni della speculazione finanziaria. Renzi, durante il semestre della nostra presidenza che scadrà fra pochi giorni, avrebbe dovuto pretendere si seguisse la linea di Draghi ed invece ha continuato a genuflettersi alla Germania del rigore senza senso e non ha in nessun modo reale sostenuto quanto Inghilterra e Francia hanno con forza ripetuto ed anche attuato.
In Europa Renzi il “cambiamento di verso” non l’ha neanche annunciato, determinando così un peggioramento interno con una crescita vertiginosa della disoccupazione e senza il problema di carenza di domanda aggregata, che causa una maggiore flessibilità del lavoro, favorisce contratti precari e peggiora le condizioni di reddito della forza lavoro, rischiando di svolgere una funzione pro-ciclica, deprimendo ulteriormente la domanda (a tal proposito è opportuno notare che l’Italia è il paese europeo in cui i salari reali sono cresciuti di meno dai primi anni novanta ad oggi, determinando una consistente riduzione della quota dei salari sul Pil).
Ed anche in campo Europeo Renzi e l’imperante Germania continuano a perpetrare uno scenario deflazionistico che fa parlare di giapponessizzazione del Vecchio Continente.
Nella Nazione del Sol Levante, a partire dalla metà degli anni novanta, le imprese hanno reagito al crollo della domanda (e dei prezzi), determinato dallo scoppio della bolla immobiliare, tagliando i salari. Con l’effetto di provocare un’ulteriore riduzione della domanda e dando il via a quella spirale negativa che il Giappone sta ancora oggi cercando di invertire.
Ma, nonostante tutto, come ricorda Leopardi, l’uomo non impara dai suoi errori, anzi.
Renzi, in fondo, come il protagonista di “Ad occhi chiusi” di Tozzi, è il risultato di un mondo che solo in superficie dice di cambiare, ma non lo fa mai radicalmente. Sicché, dopo i vari tentativi dei governi per risolvere la crisi, dopo il tecnico Monti e l’equilibrato Letta, dopo il riformatore che non innova Renzi, penso che per noi non restino che i sogni “telediagnostici” di Nora, l’ultima Sibilla, descritta da Simona Sparaco nel suo bellissimo “Se chiudo gli occhi” e che il futuro, sempre più incerto, potrà comporsi solo se eserciteremo una insensata ma tenacia speranza, fidandoci di noi come popolo e comunità e non di coloro che si eleggono a nostri rappresentanti.
Ho letto ultimamente un articolo che mi ha impressionato davvero molto, dove in un ospedale di bambini, la gente delle pulizie che pulivano i vetri erano vestiti tutti da Babbo Natale, per non togliere il sorriso a un bambino malato.
In Italia si fa anche questo ed è questo che nutre in me, ancora, qualche speranza, nonostante la corruzione dilaghi, lo stato frantumi, il territorio sia lasciato a se stesso e delle mamme siano accusate, pare con molte ragioni, dei più atroci dei delitti. Non è stato forse Pirandello a dirci che sono proprio i sogni più arditi a potersi realizzare, d’improvviso, anche se non vi sono premesse a parte di crederci per intero e fino in fondo?
In “Sogno di Natale” egli scrive che sono proprio i momenti di cordoglio intenso e di intesa e totale disperazione i grandi sogni di speranza si realizzano.
Carlo Di Stanislao
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