C’è un meccanismo regressivo puro che riguarda uomini che normalmente non sarebbero aggressivi ma che “perdono la testa” in situazioni di particolare alterazione e ci sono invece delle forme di violenza molto più strutturate, “culturali” o antropologiche che si fondano su convinzioni molto narcisistiche del tipo che chiamiamo “fallico”; cioè basate su un’idea di assoluta superiorità del maschile sul femminile.
Ed esistono molte forme di violenza sulle donne, tale da genwerare una sorta di “invisibilità” del fenomeno, che è invece macroscopico, è dovuta a motivi diversi, molti dei quali sono inconsci e concernono la sostanza dei rapporti uomo/donna, anche quelli considerati normali.
Nessuna donna davvero in lizza per la Presidenza della Repubblica e nessuna, in tutt’altro ambito, nelle 15 caselle degli Oscar del 2015.
Arretra ed anzi scompare fra i nomi papabili per il Colle la Finocchiaro e ricevono mazzate nelle nomination autrici come Selma Ava DuVernay, che avrebbe potuto essere la prima donna nera dietro la macchina da presa a prendere un Oscar ed invece non è neanche candidata ed Angelina Jolie, regista di “Unbroken”, film che pure è piaciuto anche al Papa.
Il mondo resta maschio e bianco, anzi continua ad esserlo, con solo qualche svista che a volta ci illude, come sosteneva George Bernard Shaw.
Ancora oggi, nonostante tanrte rivoluzioni, nonostante gli anni ’60, il maschio, bianco, dominante, cresce studia, osserva il mondo, vede una crisi e pensa che in fondo si stava meglio quando si stava peggio e si comporta, nel “civile occidente” oggi indignato dopo i fatti di Parigi e gli eccidi della Nigeria, che però si comporta allo stesso modo degli atroci barbari islamici che, come racconta bene Fatima Mernissi nel suo “Islam e democrazia”, quando vi è un problema di occupazione, l’Imam annuncia che per le donne è vietato andare a lavorare.
Ed ha ragione allora Fabio Fazio, nella sua intervista di ieri a Jane Fonda, quando dice che la rivoluzione vera deve riguardare noi uomini e non le donne, perché senza questo radicale cambiamento continueremo, con poche insignificanti varianti, ha produrre che guardano al futuro conn gli occhiali del passato, in cui non si immaguinano nemmeno servizi di cura per gli anziani, ad avere asili nido sufficienti a coprire il tasso di natalità, e che preferirà pagare le donne perchè stiano a casa a curare i familiari, piuttosto che dare il loro contributo attivo e rivoluzionario o comunque nuovo, alla società.
Eppure oggi si laureano nel nostro paese in Medicina 13.500 donne contro 6.000 uomini e nonostante queste le assunzioni e le carriere sono ancora spereguate verso il maschio, possibilmente bianco e di mentalità certamente dominante.
Le statistiche dicono ancora che l’80% del tempo dedicato ai lavori di casa è a carico delle donne; che gli uomini che chiedono il part-time sono una percentuale minima rispetto alle donne; che la carriera delle donne è minata dal congedo post partum, sempre e solo a carico loro e non in maniera condivisa dai papà. Ed infine, che la scuola ancora oggi è pensata e organizzata con orari che impongono una mamma a casa.
Il maschio bianco dominante, dicono gli psicologi, è un narciso con mancanza di progettualità e di crescita, spesso violento, ottuso, che non ascolta e sa solo contraddire, che giudica tutto e tutti e si sente assolutamente perfetto.
Secondo il DMS IV, manuale di riferimento dei duisturbi psichiatrici, in aumento oggi il Disturbo Narcisistico di Personalità o NPD, che presenta un quadro clinico complesso che si caratterizza essenzialmente per un eccessivo investimento libidico sulla propria persona, a scapito della relazionalità sociale e dei rapporti interpersonali.
Non deve però trarre in inganno questa sommaria descrizione della apparente “autonomia” della personalità narcisistica, poiché in realtà in questo caso si verifica il paradosso di un individuo fortemente bisognoso della propria immagine riflessa dagli altri, in un gioco di continuo mascheramento e perennemente in bilico tra un senso di sè “gonfiato” (sentirsi superiori, speciali, particolarmente dotati, richiedere eccessiva ammirazione, etc.) e l’oscuro timore di un inevitabile ridimensionamento (che condurrebbe su un versante depressivo e pertanto respinto con tutte le forze).
Ed è da questa ambiguità che nasce, nel maschio narcisio, la violenza o la marginalizzazione della donna.
Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra e psicanalista, tra i maggiori esperti delle problematiche adolescenziali, docente di Psicologia dinamica all’Università di Milano, nel 2008, a commentodi uno dei tanti femminicidi italiani (quello di Lorena Cultraro, una studentessa di 14 anni, che venne trovata morta in un pozzo a un paio di chilometri da casa), parlò del fatto che, in termini psicanalitici, il giovane Edipo è stato soppiantato dal giovane Narciso ed il maschio attuale, adolescente o immaturo di qualsiasi età, a differenza del suo predecessore, che per affermare la propria identità doveva necessariamente ribellarsi all’autorità costituita (simbolo di quella paterna che lo teneva in scacco nell’infanzia), non ha motivi importanti per opporsi o contrastare l’ecosistema culturale ed educativo in cui cresce, e poiché tale sistema è sessista ed antiffeminile, tale diventa, automaticamente.
La televisione è al completo servizio di Narciso, la pubblicità lo corteggia e lo rappresenta come modello, il cinema canta i suoi amori con una tenerezza commerciale inusitata, l’editoria vive delle vendite dei libri costruiti per lui. Tutto il mercato si rivolge a Narciso, favorendo un processo di adolescenzializzazione dei consumi, nella consapevolezza che i ragazzi, orientando la politica degli acquisti di tutta la famiglia, muovono masse enormi di denaro.
E, in questo modo, si resta Narcisi per sempre, per sempre, miscugli disarmonici di aspetti adulti e istanze infantili, con, nelle profondità corporee, sviluppo di istanze che si fanno spesso pericolose o esplosive.
E poiché per Narciso, bianco, maschio, infantile e dominante, l’insieme degli apparati tecnologici e multimediali, che propongono copie del reale indolori e morbide, può rappresentare una sorta di collante per le parti del sé frammentate, l’esperienza di internet è una aggravante che dematerializza la realtà: la possibilità della visione e dell’immersione in ambienti creati e gestiti attraverso il computer de-realizza le situazioni umane, facendo passare il concetto che l’agire simbolico sia naturale; La mente si abitua a categorie percettive diverse, modificando l’essenza ontologica dell’esperienza, la sua qualità, il vissuto emozionale che comporta, l’elaborazione psichica, e infine la sua rappresentabilità.
Ed allora capiamo i fatti che riguardano gli Oscar o il Colle ed altri che ci roteano attorno, con Narcisi di ogni età che piuttosto che ridefinire a livello profondo iloro valori e i loro rapporti con l’esistente, decidono di continuare a giocare il ruolo di grande promessa, ma in ambiti sempre più ristretti e selezionati, con una rabbia che sfuocare in ogni istante in cupo rancore o follia omicida.
Ciò che auspico e che va auspicato , è il declino del narcisismo antropocentrico, per cui accettare finalmente la presenza dell’Altro e riconoscerne l’importanza nella formazione dell’immagine che hanno di loro stessi; il crepuscolo del mito della purezza e della fissità dell’uomo; il tramonto dell’autoreferenzialità centralistica di Homo Sapiens, inteso come bianco e dominante.
Carlo Di Stanislao
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