“Apprendiamo, e purtroppo lo constatiamo quotidianamente, come lei persevera nei tentativi di rimettere indietro le lancette dell’orologio di circa venti anni. La categoria professionale che le scrive non accetta e non accettera’ mai il tentativo intimidatorio e riduttivo messo in atto nei confronti del mondo dei professionisti”. Inizia cosi’ una dura lettera aperta inviata al presidente della Regione Luciano D’Alfonso e sottoscritta congiuntamente dal Consiglio nazionale ingegneri, dalla Federazione ordini ingegneri Abruzzo, e dagli Ordini degli ingegneri di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo. “Pensavamo che certe abitudini fossero ormai superate con il perfezionarsi di un quadro legislativo chiaro, trasparente e valido per tutte le amministrazioni; ricordiamo, infatti, alla perfezione i tempi in cui ogni amministratore aveva i suoi tecnici di fiducia con incarichi ‘a vita’. Non vorremmo ricrederci e abbiamo impiegato tempo per scriverle queste brevi note solo per rispetto istituzionale, e per avvisarla – e’ scitto nella lettera aperta – che al di la’ delle sue argomentazioni i nostri diritti verranno comunque salvaguardati dagli organi competenti e nelle sedi opportune. Venendo alla questione e, per meglio comprendere la problematica, e’ necessario un minimo di cronistoria. Il Governatore d’Abruzzo – affermano gli ingegneri – si e’ convinto che l’unico Satana del sistema tecnico-amministrativo, che succhia la poca linfa vitale dal bilancio regionale, e’ rappresentato dai liberi professionisti tecnici, che ai sensi delle norme vigenti redigono e dirigono buona parte dei lavori pubblici che faticosamente si attuano nella regione; pertanto come ogni buon amministratore risolve il problema annientandoli”.
“Infatti, con delibera di Giunta regionale del 5 settembre 2014, finanziamenti per adeguamenti sistemi idrici e fognali, veniva imposto un tetto massimo al contributo regionale per le spese tecniche del 2,5%. Poi con avviso pubblico dell’ 11 novembre 2014 veniva bandita la possibilita’ per i Comuni e le Provincie di essere utilmente inseriti nei benefici per l’edilizia scolastica. In questo caso le spese tecniche ammesse a finanziamento non superiori al 7%, Iva e previdenza compresa (ossia circa il 2,5 % netto). Infine, con lettera inviata dal Presidente D’Alfonso a diversi Sindaci in merito a finanziamenti ‘assegnandi’ per gli impianti sportivi, viene scritto testualmente: ‘Ti chiedo, per esigenze di pubblico interesse regionale, di razionalizzare al massimo l’uso delle risorse e di non superare il limite massimo del 3% del finanziamento complessivo ‘assegnando’, per la copertura delle spese di progettazione, direzione lavori e contabilita’.” La normativa vigente invece prevede che gli Enti beneficiari per l’affidamento dei servizi di ingegneria per un’opera pubblica devono fare riferimento a precise norme statali, in particolare il D.Lgs. 163/2006, il Regolamento DPR 207/2010 ed il Decreto del Ministero della Giustizia n. 143/2013, che dettano nel dettaglio i costi delle prestazioni professionali che vanno messi a gara (cioe’ soggette a ribasso). Pertanto – rilevano gli Ordini degli ingegneri nella loro lettera – l’invito a ‘non superare il limite massimo del 3%’ suona come implicito sprone al non rispetto delle leggi, invito proveniente per di piu’ da un pubblico amministratore autorevole nei confronti di altrettanti pubblici amministratori. Inoltre, nella considerazione che i costi stabiliti dalle norme per le spese tecniche sono all’incirca tre volte superiori alle percentuali ammesse dalla Regione, ne consegue che gli Enti per approntare le progettazioni, condurre le direzioni lavori ecc., devono far ricorso agli uffici propri, ovvero in caso di ricorso a professionisti esterni, ad integrare con fondi propri”. Ne consegue ancora che le Amministrazioni piccole o con bilanci in difficolta’, sono nel concreto discriminate sia perche’ i loro uffici tecnici hanno personale in servizio formato da tecnici non laureati, e quindi impossibilitati per competenza ad espletare quel tipo di prestazione, sia perche’ i loro bilanci presentano poche possibilita’ di economia, o di reperimento di risorse, rispetto ai bilanci dei Comuni piu’ grandi. Ci saremmo aspettati, invece che l’epitaffio allo svolgimento della libera professione, un richiamo al rispetto delle norme citate, che non sono altro che il risultato di circa venti anni di continui affinamenti (dalla cosiddetta legge Merloni del 1994 in poi) per rendere il processo quanto piu’ trasparente ed economico, assicurando rotazione degli incarichi, parametri certi sui costi e, soprattutto, uniformita’ di procedure nell’intero territorio nazionale. Per concludere – sono sempre gli ingegneri – una riflessione ed una proposta: alle ‘esigenze di pubblico interesse regionale’ i professionisti gia’ contribuiscono attraverso una drastica riduzione del costo di una prestazione professionale che il mercato ha direttamente ed indirettamente imposto a causa del particolare momento economico. Ma un ulteriore taglio ai giusti compensi professionali per un fantomatico ‘pubblico interesse’ non e’ ne’ giusto ne’ corretto che passi attraverso il sacrificio di una sola categoria: provi ad estendere lo stesso principio agli importi dei lavori per le imprese, ai collaudi affidati ai funzionari regionali, agli incentivi per la progettazione, agli stipendi dei ‘collocati’ della politica, agli stipendi dei dirigenti regionali e locali, ai compensi dei consiglieri regionali e degli assessori regionali e degli amministratori in genere, ai manager delle Asl (la Sanita’ divora l’80% del bilancio regionale), alla pletora dei porta borse e segretari aggiunti e alle spese dei vari enti regionali che non producono profitto ma solo spese senza utilita’ per la collettivita’. Gli ingegneri – si legge infine nella lettera aperta al presidente D’Alfonso – sono pronti a fare la loro parte, sia tecnicamente, sia socialmente, sia economicamente ma sempre nel rispetto delle regole e con la condivisione e partecipazione anche delle altre parti sociali”
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