Ormai Facebook è diventato parte del nostro quotidiano, un mezzo di comunicazione usato per scambiarsi messaggi con gli amici della nostra rete, dove inserire annotazioni e pensieri personali. Tali pensieri, talvolta, sfociano in veri e propri sfoghi privati, riflessioni poco gentili su cose, situazioni, ed anche persone. Ma molto spesso l’utente tende a scordarsi che la propria bacheca non è privata ma accessibile a più soggetti, che possono leggere e commentare i suoi scritti. Pertanto, chi sparla su Facebook farebbe bene a pensare ai suoi contatti, perché magari tra coloro che leggono c’è anche il capo. Per alcuni dipendenti la piattaforma social come quella di Facebook è stata fatale. Perché chi ha centinaia di «amici» dovrebbe considerare che ogni post equivale ad una dichiarazione gridata ai quattro venti all’interno di una mensa aziendale.Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, riporta di seguito una sintesi di esempi di storie lavorative di persone che non sono state prudenti e hanno quindi perso il lavoro, per aver scritto sulla propria bacheca di Facebook commenti poco lusinghieri sul boss dell’azienda e su il collega di lavoro.
“Una dipendente inglese, nel suo post su Facebook, si lamentava del lavoro, definendo il capo un «segaiolo perverso». Non si era però ricordata di averlo tra i contatti. Il boss allora aveva preparato un elenco di tutti gli errori fatti dalla collaboratrice e poi l’aveva licenziata.”
“Al diavolo Obama, non eseguirò certo tutti i suoi ordini.» Per un marine statunitense non è una buona idea offendere pubblicamente, su Facebook, il comandante in capo delle forze armate, annunciando per giunta un atto di insubordinazione. Ora Gary Stein non è più tenuto a eseguire gli ordini di Obama, visto che è stato espulso dall’esercito.”
“13 assistenti di volo della compagnia aerea britannica Virgin Atlantic nel 2011 si erano scambiati su Facebook qualche episodio vissuto al lavoro, parlando di frequenti guasti ai motori e di scarafaggi in cabina. Alla compagnia la cosa non era piaciuta affatto, e li aveva licenziati.”
“Nel 2013 Johnny Cook, conducente di bus scolastico nello stato federale della Georgia, Stati Uniti, aveva parlato di uno studente cui non era stato permesso mangiare alla mensa perché gli mancavano 40 Cent. L’istituto aveva licenziato Cook motivando la decisione con il divieto di parlare in pubblico di affari interni alla scuola.”
“Elizabeth Lauten era l’addetta stampa di un deputato repubblicano del Congresso statunitense. Nel 2014 aveva commentato su Facebook un’apparizione in pubblico delle figlie del Presidente Obama, di 13 e 16 anni, scrivendo tra le altre cose: «Abbigliatevi in modo da guadagnarvi rispetto, e non un posto al bancone del bar». Bisogna sapere che gli attacchi ai figli del presidente USA sono sempre stati tabù: ecco che allora la Lauten poco dopo era stata costretta a dare le dimissioni.”
“Claudia B., impiegata di una compagnia assicurativa svizzera, era a casa in malattia, avendo dichiarato un’emicrania che la costringeva a stare al buio e le impediva dunque di lavorare davanti allo schermo. Quando il datore di lavoro aveva scoperto che stava su Facebook l’aveva licenziata in tronco, e il tribunale gli aveva dato ragione.”
“Nedim Zurnaci, funzionario agrario turco, nel corso di un’ispezione presso una fattoria voleva evitare di rovinare le scarpe eleganti nella poltiglia di neve, per cui si era fatto portare in braccio dai contadini attraverso i campi. Poi però le vergognose foto erano comparse su Facebook, e i superiori avevano licenziato Zurnaci per condotta non consona ai valori dell’ente.”
“Il vice ministro per l’Economia russo, Sergej Beljakov, si era scusato su Facebook per la decisione presa dal suo governo di congelare i versamenti nella cassa pensioni statale. In Russia Il dissenso manifestato in pubblico da parte di membri del governo non è tollerato, e Beljakov era stato licenziato.”
“Il dipendente di un mobilificio tedesco aveva postato su Facebook la canzone «Bück dich» (in italiano: inchinati) di Deichkind, gruppo musicale electro hip hop, il cui testo recita più o meno così: «Lo straordinario è dato per scontato, non pagato, regalato, sei fregato! Rialzati». L’azienda, non trovando la cosa affatto divertente, l’aveva licenziato. «L’opinione manifestata può essere interpretata solo come accostamento del testo del gruppo musicale Deichkind alle condizioni lavorative della nostra azienda», riportava la lettera di licenziamento.”
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