“Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso” (Deuteronomio 5,15). “Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto” (Vangelo Secondo Matteo 4,10). Precipitò nel mare cavallo e cavaliere secondo la Sacra Bibbia. L’Egitto dei Faraoni osò sfidare la Potenza di DIO e Mosè vinse liberando il Popolo Eletto dalla schiavitù. E DIO confermò l’Antica Alleanza stabilita con Abramo, dettò e scrisse i Suoi Dieci Comandamenti affinché fossero incisi nei cuori del Suo Popolo e non soltanto sulle Tavole della Legge donate al nostro patriarca Mosè. Le prove scientifiche della Storia? Ancora non le abbiamo scoperte. È solo questione di tempo. Ma è ragionevole pensare che chi, come il Faraone d’Egitto (forse Ramesse II) Figlio di Osiride, perde la guerra, incassando una sconfitta militare del genere, magari contro i Popoli del Mare, ne cancella ogni traccia per sempre dalle pietre, dai monumenti, dalle statue, dai papiri, finanche concedendo l’oblio al nome di Mosè, affinché nessuno ricordi quei fatti tra i Faraoni immortali d’Egitto. Così non è stato secondo la Bibbia. Il Popolo ebraico poté insediarsi per sempre nella Terra Promessa di Israele dove Mosè inizialmente non osò entrare, sempre secondo la Sacra Scrittura, per volontà di DIO. Il colossal “Exodus – Dei e Re” (Usa, Regno Unito e Spagna, 2014, 20th Century Fox, dur. 154 minuti) di Ridley Scott, film in verità “pasquale” incentrato sulla figura di Mosè, basato sulla sceneggiatura di Steven Zaillian, interpretato da Christian Bale, Joel Edgerton, Aaron Paul, Ben Kingsley, Sigourney Weaver, John Turturro e Maria Valverde (Zipporah, la moglie di Mosè), oggi solleva il classico vespaio islamista in tutto il Mondo dopo i massacri di Parigi e Tel Aviv. Censure comprese. Distribuito il 12 Dicembre 2014 negli Usa e dal 15 Gennaio 2015 in Italia, re del box office, la contestata pellicola di Scott è stata finora bloccata nelle sale di Egitto, Marocco ed Emirati Arabi Uniti, pare a causa di “manipolazioni” giudicate da alcuni Islamici “intenzionali” della vicenda biblica, con l’accusa di “sostegno all’ideologia sionista”! Il film è stato criticato anche per l’assegnazione ad attori caucasici di ruoli di personaggi egiziani e nordafricani. Forse un colossale equivoco per motivi di lavoro? Alla luce della mattanza di Parigi e Tel Aviv, e delle decine di migliaia di potenziali killer “islamisti” in libera circolazione nel Mediterraneo, prezzolati dai Signori della guerra, gli Stati Uniti di Europa insieme alla Russia hanno molto da temere in questi tristi tempi. Chi sfrutta e offende la Religione cristiana, ebraica e islamica nell’Unico DIO, nutre un solo obiettivo: scatenare il terzo conflitto mondiale contro tutti i popoli della Terra, contro la vita, contro lo sport e contro la libertà artistica nel cinema e nel teatro. Il regista di film come Alien, Blade Runner, Il Gladiatore, Le Crociate, Robin Hood e Prometheus, firma con Exodus un capolavoro immenso, articolato, complesso, possente nella luce 3D naturale. Ma nulla a che vedere con il colossal biblico I Dieci Comandamenti, diretto nel 1956 da Cecil B. DeMille. Il nuovo Exodus, con i suoi limiti, sembra avere tutte le qualità per affascinare il grande pubblico che ama la Storia, la Libertà e la Fede nell’Unico DIO che salva e libera dal peccato e dai Signori della guerra. La regia spettacolare e mozzafiato valorizza location europee come Almeria e Fuerteventura nelle Isole Canarie, tanto care a Sergio Leone, dove sabbia e deserto rendono ancora più vivaci le scene di battaglia. Gli eventi narrati in Exodus appartengono sicuramente alla storia delle origini di Israele, secondo il Libro dell’Esodo scritto da Mosè unitamente agli altri quattro del Pentateuco (Torah): Genesi, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Raccontano la Liberazione degli Ebrei dalla schiavitù del Faraone. È il tema focale della Pasqua ebraica (Pesach) e cristiana, perché l’Antica Alleanza, stipulata da DIO e Abramo e poi confermata in Mosè, è sempre valida nella Nuova Alleanza in Gesù Cristo Figlio di DIO (Catechismo Chiesa Cattolica nn. 1096-97). Esodo, infatti, significa anche “partenza”, cioè la liberazione di Israele dall’Egitto subito dopo la prima frugale Cena pasquale, la madre di tutte le feste ebraiche e cristiane (CCC nn. 130-1093-1334-1363-2057). Secondo la tradizione, Moshé, “colui che è stato salvato dall’acqua”, nasce dagli israeliti Amram e Iochebed. Scampato alla persecuzione voluta dal Faraone, viene salvato dalla sorella nubile di quest’ultimo ed educato alla corte egizia. Trascorsi venti anni, il Faraone Sethi si dimostra duro nei riguardi di Ramses, ai suoi occhi facile preda delle passioni umane, privo di polso e determinazione, doti fondamentali per il Re dei Re sulla Terra. È clemente e fiero nei riguardi di Mosè, ora Generale, all’altezza di ogni situazione. Tutto cambia quando a Mosè viene intimato da Nun, un saggio adulto della comunità di Efraim, che secondo la profezia un uomo di nome Mosè avrebbe raggiunto la loro comunità e li avrebbe liberati. Gli svela le vere origini sul suo passato suscitando nel principe egizio una paura che Mosè maschera con scetticismo, assoluta incredulità e impossibilità perché tutto ciò possa essere minimamente verosimile. L’aspetto orgoglioso e fiero del personaggio di Mosè viene più volte esaltato da Ridley Scott. Il racconto del saggio corrisponde a verità e Mosè, su pressioni della Regina verso il Faraone Ramses, nel frattempo succeduto al padre, viene esiliato in un deserto di roccia rovente. Riesce a sopravvivere all’attacco di due uomini mandati ad ucciderlo, alla morte del suo unico mezzo di trasporto nel nulla, un cavallo abbandonato assieme a lui, alla fame e alla sete per un lungo periodo. Finché Mosè trova una tribù di pastori nella quale viene accolto. Conosce la sua sposa, concepiscono un figlio, Gherson, che dopo otto anni è costretto ad abbandonare. Sopravvissuto ad una valanga di fango, Mosè incontra un “bambino” (un Angelo del Signore?) che gli intima di essere il Mosè della profezia, la guida del Suo popolo verso la libertà. Secondo la Sacra Bibbia nei pressi del monte Oreb, Mosè riceve la chiamata di DIO che parla in un Roveto Ardente (i fenomeni e gli strumenti, come il Bastone Pastorale di Mosè o la Colonna di Fuoco, descritti nella Sacra Scrittura sono importantissimi e non possono essere facilmente spazzati via dal contesto cinematografico, www.youtube.com/watch?v=vP7_zYDIiZY, in quanto conservano intatto tutto il loro significato biblico e teologico) che non si consuma. Mosè, sebbene inizialmente scettico, capisce di dover assolvere il suo compito e ritorna in Egitto. Nella notte si insedia a Palazzo e chiede a Ramses di liberare il popolo di DIO. Ma Ramses deride la sua richiesta e nega che ciò potrà mai avvenire. Allora il “bambino”, durante un’apparizione, chiede a Mosè di farsi da parte e di vedere dove può spingersi il Suo Potere. E, secondo la Bibbia, invia al Popolo d’Egitto le Dieci Piaghe: trasformazione dell’acqua in sangue; invasione di rane dai corsi d’acqua; invasione di zanzare; invasione di mosche; morìa del bestiame; ulcere su animali e umani; pioggia di fuoco e ghiaccio ardente; invasione di locuste; tenebre e, infine, la morte di tutti i primogeniti maschi egiziani. Il Faraone, esausto e devastato, acconsente finalmente affinché Mosè e gli Ebrei possano allontanarsi dall’Egitto. Accampatosi con i suoi nei pressi del Mar Rosso, Mosè, su indicazione divina, con il Bastone divide le acque del mare permettendo così al Popolo di DIO di attraversarlo incolume, sommergendo tutto l’esercito del Faraone corso ad inseguirli per annientarli e, poco prima, fermato da una Colonna di Fuoco frapposta tra l’accampamento ebraico e gli Egiziani. Non ne scampa alcuno. Dopo tre mesi di viaggio, il patriarca Mosè raggiunge il monte Sinai dove riceve le Tavole della Legge con i Dieci Comandamenti (www.youtube.com/watch?v=WuALziLPUE4) finendo per punire la parte del Suo popolo che si era macchiato con il peccato del vitello d’oro rimpiangendo la schiavitù egiziana a base di mattoni di fango e cipolle! La scena finale di Exodus inquadra un uomo sfinito, ormai anziano e canuto. Mosè intravede di nuovo il “bambino” (DIO) che si allontana in direzione inversa alla marcia del Popolo Eletto. La tradizione vuole che giunto nei pressi della Terra Promessa, dopo quarant’anni di dura peregrinazione in riparazione dei peccati commessi, Mosè si sia fermato sul monte Nebo senza entrare in terra di Israele. Lo incontreremo di nuovo sul monte Tabor durante la Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, insieme al patriarca Abramo (Vangelo). La lotta contro gli Ittiti è la prima battaglia combattuta dal Mosè di Christian Bale insieme al Ramses di Joel Edgerton. Principi d’Egitto cresciuti come fratelli. Una scena cruenta, ma sotto la soglia dei radar della censura, che evidenzia la fisicità e il temperamento opposto di Mosé e Ramses, profondamente diversi ma uniti dal grande coraggio e dall’amore per l’Egitto e per la famiglia reale guidata dal Faraone Sethi (John Turturro). L’epicità della storia filmata da Ridley Scott crea atmosfere fin troppo spettacolari per il vero racconto biblico scritto da Mosè, centrato piuttosto sulla bellezza del Patto fra DIO e l’Uomo. La Storia dell’Esodo è infatti una Storia di Salvezza che mette al centro il Popolo israelita credente in DIO (Esodo 20,2-17; Deuteronomio 5,6-21) anche attraverso la ribellione alla tirannia del Faraone. Una rivoluzione pagata a caro prezzo, in nome della Libertà e della Fede. Prezzo salato che inizia dalla scoperta della propria identità. Il principe Mosè, cresciuto come egiziano nel Regno dei Faraoni, scopre di essere un Ebreo salvato dalla strage dei bambini innocenti temuti come futuri rivali per la stabilità dell’Egitto. Ma chi è il vero Re? Chi servono gli Israeliti? Gli dèi esistono? Chi sono? Sono domande che Exodus rivolge a tutti, non soltanto a Mosè e al Popolo Eletto. Anche agli Islamici che dovrebbero pacificamente riflettere insieme agli Ebrei e ai Cristiani. Quando Ramses, diventato Faraone, scopre di essere cresciuto al fianco di un Ebreo, cioè di uno schiavo, scoppia il dramma. La cacciata di Mosè nel deserto, simbolo di condanna a morte, è l’inizio della dura lotta per la Libertà. “L’Egitto – rivela Ridley Scott – era, ed è tuttora, un crocevia di culture tra Africa, Medio Oriente e Europa. Abbiamo voluto scegliere un cast di attori proveniente da diverse etnie proprio perché potesse riflettere la diversità. E abbiamo lavorato moltissimo per rappresentare al meglio questa multiculturalità e dare vita a una storia che ha le radici in religioni e popoli di tutto il mondo”. Quando il potere viene imposto da Ramses a tal punto che gli Israeliti non hanno più diritti, costretti a fabbricare i mattoni con il solo fango senza la paglia, la risposta divina alla tirannia viene dalla stessa Natura posta al servizio della liberazione del Popolo Eletto: le Dieci Piaghe che occupano ben cinque Capitoli del Libro dell’Esodo, sono le punizioni celesti all’Egitto, scelte non da DIO ma dal Faraone. Esse dimostrano ancora una volta come la volontà degli uomini, quando ricorre a maghi, fattucchiere, ciarlatani politicanti, signori della violenza ideologica, finanziaria, psichiatrica e guerrafondaia, è potente solo limitatamente nella scelta della punizione più appropriata al peccato commesso contro DIO. Nelle scene di Exodus i flagelli, sembra una provocazione, sono caratterizzati da un uso sapiente degli effetti speciali naturali “a cascata”: la prima piaga è quella dell’acqua trasformata in sangue, con i pesci destinati alla morte e gli stessi Egiziani privati della fonte della loro vita. Ma il cuore del Faraone resta inamovibile, perciò DIO permette la seconda piaga: l’invasione di rane che penetrano negli appartamenti reali fino a togliere il respiro. La terza e la quarta sono le piaghe delle mosche e delle cavallette che divorano tutto quello che incontrano. “La Storia dell’Esodo – osserva Christian Bale – non è solo uno dei testi sacri cardine del Mondo, è anche un racconto tra i più profondi mai scritti. Attraverso la sua fede, Mosè diventa un combattente per la libertà che non ha timore di nulla pur di compiere la volontà di DIO. Allo stesso tempo è anche un uomo pieno di contraddizioni: guerriero tempestoso ma stoico, fedele e polemico, esitante e insieme deciso. In breve, una delle figure più affascinanti che abbia mai studiato. E per prepararmi al personaggio ho letto la Torah, le parti del Corano legate al Profeta e il libro di Jonathan Kirsch”. Benefici divini, peccati, ostilità degli Egiziani. Sembrano tutti ben rappresentati, forse fin troppo plastificati, esagerati, fin dalle prime immagini del film Exodus. Il prodigio del Mar Rosso, volutamente non svelato, manifesta ancora una volta la potenza del colossal moderno che preferisce raccontare una Storia di guerra e violenza, di castigo e perdita, ma pure una Storia di speranza, di fede, di salvezza e di liberazione (questa è la Pasqua) che nasce su iniziativa di un DIO (Primo Comandamento, CCC nn. 2084-2141; Matteo 4,10) “geloso”. L’Unico DIO. Buono. Capace di tutto. La Sacra Bibbia è una fonte inesauribile di racconti che l’Europa cristiana dovrebbe (far) riscoprire insieme alla Russia. La Fede religiosa trasformata in fanatismo laicista dai Signori della guerra in cerca dei propri “martiri”, con il risultato di una violenza cieca che, infusa nei giovani integralisti fin da piccoli, si scatena contro il nemico compatriota giudicato diverso, senza risparmiare neppure gli innocenti, non riguarda soltanto la cronaca fedele di quanto accaduto a Parigi e Tel Aviv fino ai primi giorni del nuovo Anno Domini 2015. Massacri prevedibili. Non riguarda solo l’Islam. Ma è anche la morale di Exodus. Il film di ispirazione biblica con cui il regista Ridley Scott ha voluto proporre la sua personale interpretazione della figura e della missione di Mosè, a dispetto di quanto sostenuto con arguzia da alcuni critici per i quali Exodus è un “film tutto spettacolo e niente personaggi”, lascia intendere in che Mondo viviamo. Non molto diverso da quello dei Faraoni dell’Antico Regno. Non sarà allora un caso se la sceneggiatura, in complesso abbastanza grossolana, insista spesso sui due concetti-chiave richiamati dalla cronaca: fanatismo laicista e violenza che non è mai di natura religiosa ma soltanto politica, appunto. Temi non proprio indifferenti all’indomani del massacro parigino nella redazione giornalistica di Charlie Hebdo e delle mattanze nello Stato ebraico di Israele che ha il sacrosanto diritto di esistere. In Francia, come in gran parte d’Europa, il “profetico” Exodus è uscito in prossimità del Natale 2014, dunque prima di quei tragici fatti. Finora a fare notizia sono state più che altro le controversie e le censure provocate da questa rielaborazione “scottiana” della Torah. Le polemiche sono cominciate con largo anticipo negli Usa, dove non è passata inosservata la composizione del cast, troppo anglosassone e non abbastanza mediorientale ed europeo. Accusa in parte infondata, ancora una volta, considerato che al Mosè di Christian Bale fanno da contrappunto le fisionomie assai più aderenti di Ben Kingsley (già monumentale nel Progetto Bibbia della RAI e nel capolavoro assoluto Schindler’s List di Steven Spielberg) nel ruolo del vecchio saggio Nun, e della spagnola Maria Valverde. Più accentuate, semmai, sono le semplificazioni pseudo-teologiche, tra le quali da segnalare se non altro è il continuo scambio di battute “alla pari” tra Mosè e l’Onnipotente. Il Quale, in procinto di dettare (non scrivere!) le Tavole della Legge, forse la seconda copia dopo la distruzione del vitello d’oro con la prima, sempre per mano di Mosè, si premura di chiedere il consenso informato del Suo amanuense: “Se non sei d’accordo, lascia cadere lo scalpello”, tuona! Qualcuno riderà anche lassù nei Cieli. Ma la vera questione riguarda il destino della Terra e dell’Umanità e non soltanto il futuro di Exodus nei Paesi mussulmani, alla vigilia dell’altro atteso colossal sul Profeta. Il primo a bloccare le proiezioni della pellicola di Ridley Scott è stato il Marocco che ha contestato con forza la scelta di rappresentare DIO in forma umana. Soluzione inaccettabile per l’Islam oltre che per l’Ebraismo osservante, ma di difficile comprensione anche per lo spettatore laico cristiano cattolico non digiuno di Sacra Scrittura. In prossimità del Roveto Ardente stavolta si manifesta, infatti, un “bambino” che in alcune circostanze sembra un Angelo, in altre si attira il sospetto di essere un’allucinazione pedagogica alla Mel Gibson. Il quale però preferisce i bambini luciferini nella sua Passione di Cristo per tormentare Giuda il traditore. Supplizio da comminare ai nostri politicanti che stanno minando le fondamenta della Costituzione della Repubblica Italiana, dell’Unità dello Stato e della Famiglia Naturale (divorzio, aborto, eutanasia). Poco prima di incontrare il “bambino”, Mosè batte la testa, dunque tutto è possibile! Ma al momento opportuno il “pargolo” pronuncia il fatidico “Io Sono!”, rendendo evidente la confusione nello spettatore. L’innocenza dei bambini, però, è sicuramente di natura divina. E il loro giudizio pare incredibilmente celeste. Gesù li conferma quali candidati ideali e perfetti per il Suo Regno che non è di questo Mondo: “Se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli”, ricorda nel Vangelo secondo Matteo al Capitolo 18. Dunque, farsi giudicare dai bambini per meritare il Paradiso, è forse l’altra suprema morale di Exodus. Magari per salvare le famiglie di tutte quelle mamme e di quei papà aperti alla vita nel Matrimonio indissolubile davanti a DIO. Per tutta la loro vita. Senza fare come i conigli, come suggerisce Papa Francesco, ma anche senza fare come i merli. Per quanto non dichiarate, motivazioni di natura religiosa paiono all’origine anche del bando di Exodus negli Emirati Arabi Uniti, mentre fin troppo argomentata risulta l’esclusione dalle sale d’Egitto. Da un lato si lamentano le inaccuratezze storiche, dall’altro si respinge l’assunto politico del film, apertamente bollato come “sionista”! Pura follia dell’assurdo. Autore di pietre miliari cinematografiche, Ridley Scott ha sempre avuto un atteggiamento ambivalente nei confronti delle tematiche religiose. Il suo cinema è pervaso da una spiritualità indistinta, a tratti affascinante perché fertile di riflessioni, che tuttavia non attenua la critica del regista verso le religioni tradizionali abramitiche. Lo strano vezzo esterofilo hollywoodiano per le compiacenti paludate filosofie orientali, è ben noto. Nelle sue Le Crociate del 2004, che hanno senso solo nella versione integrale estesa, il torto secondo Ridley Scott sta tutto dalla parte dei principi cristiani, dei fanatici predicatori guerrafondai, dei templari e dei crociati sanguinari spediti in una Terra Santa (Regno del Cielo) allo sbaraglio, contrapposti a un Islam vistosamente ingentilito dai cubetti di ghiaccio serviti in pieno deserto nelle coppe di un trionfale Saladino, colme di ogni bontà, e di una “medicina” araba scientificamente superiore! Il sottile gioco di Scott si ripete in Exodus con i civilissimi Antichi Egizi che praticano una pacifica religione civile di Stato nella quale, in senso stretto, non crede neppure il Faraone. Tengono in schiavitù gli Ebrei e ne bruciano i cadaveri (la scena è uno dei non infrequenti voluti richiami alla Shoah) ma non ne comprendono la fede cieca nel DIO Unico, al Quale vanno addebitate, secondo il faraonico regista, le atroci piaghe bibliche. Come se il peccato fosse confinato altrove, magari in un indistinto universo ebraico. La tesi sposata da Scott, insomma, sembra parallela a quella ormai molto in voga tra i laicisti “gender” dell’alta finanza globalizzata in un Occidente ormai decadente in cerca di califfi dittatori compiacenti in grado stavolta di spazzare via per sempre Israele dalla faccia della Terra. Per cui il monoteismo e solo il monoteismo delle tre Religioni abramitiche sarebbe portatore di conflitti, atrocità, violenze, ideologie, perversioni, oscurantismi e ignoranza su base religiosa. Finanche la causa del conflitto israelo-palestinese e della Terza Guerra Mondiale. Ci risiamo. Come se la politica dei Warlords nemici di Israele, della Libertà e della Civiltà umana, non esistesse affatto, magari perché di natura aliena extraterrestre! Una pericolosa deriva antistorica, antiscientifica, antietica elaborata, non a caso, nella teoria della Eccezione Mosaica. “Se Mosè non esiste, niente Bibbia, niente Ebraismo, niente Cristianesimo, niente Vaticano, niente Israele”. Ma, allora, anche niente DIO, niente Islam, niente religioni, niente Antica e Nuova Alleanza, niente di niente. Solo il nulla dell’autodistruzione annichilente. È il trionfo, nell’oscuro pozzo gravitazionale, della follia laicista e dell’irrazionalità che tutto assorbe e trasforma. Si spiega così la crescente ostilità versus la Russia cristiana democratica, la Terza Roma, la sola capace di battere i terrorismi integralisti degli esecutori e dei mandanti in appena 24 ore. E non in 50 anni come blaterano gli “esperti” dell’internazionale della paura, della guerra, del terrore e della limitazione delle nostre Libertà fondamentali, a caccia di fantasmi ed assassini da liquidare senza giusto Processo. Sia pure riportate in estrema sintesi cinematografica hollywoodiana, sono le stesse riflessioni e considerazioni che Ridley Scott sembra avanzare durante le presentazioni di Exodus e che oggi riecheggiano in alcuni dei commenti alle feroci mattanze a Parigi e Tel Aviv. “Il film Exodus – precisa il regista in tempi non sospetti – vuole fare riferimento esplicito all’attualità”. Con quali risultati, però, è ancora tutto da capire anche se le premesse ci sono tutte. Il cinema americano, dopo aver ridicolizzato la Religione Cattolica e il Vaticano, si appresta a preparare la via per la Terza Guerra Mondiale contro la Russia, magari a colpi di figuracce patriottiche degne di spietati cecchini ammazza-innocenti in nome, non della Libertà e della Guerra al Terrore mai combattuta e mai vinta, ma della colossale industria militare statunitense che farà schizzare il PIL planetario al 3,7 percento nel 2015. Che confusione, che affari, che pena! E guai a chi si opporrà all’infame disegno diabolico! Due ore e mezza di effetti speciali, colori, costumi, scene di massa, gioielli, meravigliosi paesaggi e grandi Stelle di Hollywood, hanno diviso la critica su Exodus. Il pubblico italiano affamato dalle tasse di governanti senza scrupoli e senza meta, e dalla peggiore crisi economica del secondo dopoguerra, stenta a staccare il biglietto, dopo l’altrettanto spettacolare “Lo Hobbit – La Battaglia delle Cinque Armate” di Peter Jackson. La messa al bando della pellicola di Ridley Scott potrà mai evitare queste amare riflessioni dopo le manifestazioni di piazza? Il quadro geopolitico confuso non invoglia, ma Exodus va visto. Alla fine si possono rimpiangere comunque “I Dieci Comandamenti” (1956) e “Il Principe d’Egitto” (1998) cartoon ben più fedele al Libro dell’Esodo, magari pensando all’opera di Darren Aronoksky che nel 2014, nel suo film “Noah”, sperimenta la Bibbia hi-tech incastonata tra effetti degni della Terra di Mezzo e di Star Wars, con scene di sublime forza e bellezza in difesa della Famiglia. Exodus ha però il merito di trasportare lo spettatore alla fantasmagorica Corte di Ramesse, fino alle pendici del monte Sinai al cospetto diretto di DIO. Ridley Scott è un narratore libero. Sa bene come maneggiare tinte forti, melodramma, battaglie e atmosfere cupe. Alcuni scorci degli Ebrei schiavi e dei loro quartieri richiamano le immagini dei lager nazifascisti che farciscono per sempre le città della stanca vecchia Europa, a suprema memoria della Shoah, a supremo monito dei più giovani. Le Dieci Piaghe che in sequenza devastano l’Egitto sono impressionanti e il passaggio del Mar Rosso, soprattutto nella parte più realistica, prima delle tremende ondate di tsunami che travolgono i cavalieri egiziani, è di quelli più memorabili e sensazionali. Certamente non si può pretendere la fedele narrazione biblica, perché il racconto di Ridley Scott si scosta abbastanza spesso dalla vera Storia originale. Più che un pacifico pastore di greggi, armato di bastone e umiltà, Mosè qui è un prestante principe guerriero che sa il fatto suo. Non balbetta. Né Aaron è il suo portavoce. Anzi, qui Mosè tende a fare di testa propria più che dare ascolto a DIO. Niente Roveto Ardente! L’idea più moderna di Ridley Scott è di far interpretare DIO da un bambino britannico di dieci anni, quasi un invito all’ascolto dei più piccoli che parlano in Sua vece (le “sorprese dell’Altissimo” secondo Papa Francesco) e osservano i terrestri infedeli in tutte le culture, etnie, religioni e civiltà. Le piaghe di Scott paiono scaturire da una quasi naturale concatenazione di eventi degna dell’Articolo 5 del Patto Atlantico che potrebbe trascinare l’Italia nel prossimo conflitto mondiale, nolenti o volenti. Dai coccodrilli che divorando i corpi di alcuni pescatori tingendo di sangue le sacre acque del Padre Nilo fino alla devastante morte dei primogeniti, tutto appare consistente con le Leggi di Natura. Come nota Simcha Weinstein, rabbino del Pratt Institute di New York, “attaccare Hollywood per non essere del tutto fedele alla celebre (per non dire sacra) narrazione biblica è come attaccare la Disney per non aver descritto in modo accurato il cambiamento climatico in Frozen”. Non è Exodus a portare nel contemporaneo la Bibbia, come afferma roboante certa pubblicità degli Studios, magari nella vana speranza di convertire gli “infedeli”. Ma il film, pur nella sua narrazione classica, conserva una sua struttura. Malgrado le difformità dalla Bibbia, che provocano molte critiche, malgrado alcuni personaggi siano troppo caricaturali o appena sbozzati (John Turturro, Sigourney Weaver e Ben Kingsley avrebbero meritato molto di più, ma appaiono tutto sommato coscienti del loro fato!), malgrado quel Mosè che scolpisce personalmente le Tavole della Legge (www.youtube.com/watch?v=iL8DayN0IP4) e poi le trasporta nell’Arca, sia del tutto improbabile, malgrado tra bighe, spade e battaglie in certe scene sembra quasi di trovarsi sovrapposti alle memorabili sequenze iniziali de Il Gladiatore più che nella Bibbia, il film Exodus, dal sicuro “impact factor”, passerà alla Storia del Cinema. Tutto questo per ricordare all’Umanità che Caino ed Abele, antitesi ideologica di estrema attualità (altro che figure retoriche!) rimandano al binomio del Bene e del Male irrisolvibile dall’Uomo. Il valore del sacrificio, il significato del “peccato” contro la Legge di DIO, la consapevolezza del male interiore: sono i molti spunti di riflessione che il film Exodus trasmette a chi ha occhi e orecchi attenti e interessati per intendere. Dalla pellicola di Ridley Scott, insomma, possono tranquillamente riemergere, mentre sprofondano nel Mar Rosso i cavalieri faraonici, i principi fondamentali dell’Uomo sulla Terra: la tendenza a proiettare sul prossimo la propria componente negativa e la tendenza, esemplare in Caino, di compiere atti di generosità frutto di una religiosità formale “bizzoca”, burocratica, non gradita a DIO, più che interiore per la cui espressione conta lo spirito di Abele con cui si offre il sacrificio. Exodus allora eleva la discussione sulla Shoah, sull’Esodo e sulla Pasqua a un approfondimento multidisciplinare sui vari livelli del peccato nell’Uomo e sulla necessità, per elevare se stessi, di non rimanere fermi ma, come insegna Papa Francesco, di continuare a migliorarsi. Sempre. Gli interrogativi e le conseguenti riflessioni su Exodus, dunque, dovrebbero aiutare a chiarire, anche presso i Mussulmani, la natura dell’ostacolo (Satana, il Diavolo) che non permette all’Uomo, distraendolo fin dall’infanzia, di misurarsi con il Male, e della capacità di “vedere” da parte di chi riconosce la Verità, così come fece Balaan grazie alla sua asinella (Libro dei Numeri 22,27-33). Allora le tre Religioni monoteistiche potranno convivere pacificamente, attraendo più che convertendo tutti coloro che non credono nel DIO di Abramo, Isacco, Giacobbe e Mosè. Alla vigilia delle celebrazioni per il 70mo anniversario dell’inizio della fine della Shoah in Europa con l’apertura dei cancelli del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau (27 Gennaio 1945-2015), dopo la mattanza a Parigi e Tel Aviv, meditiamo sulla Verità e sulla Libertà minacciate dalla violenza dell’antisemitismo e dell’antisionismo integralista dei Signori della Guerra. “Un documento sottoscritto affinché la Memoria della Shoah non venga mai a mancare perché la Shoah è la prova storica di quanto sia stato pericoloso consentire che prevalessero l’odio, la violenza, la perdita della libertà e dell’uguaglianza, la violazione dei diritti fondamentali”. Così il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, cristallizza l’importanza del Protocollo di Intesa dedicato all’educazione della Shoah nelle Scuole italiane di ogni ordine e grado. Un documento siglato dall’UCEI con il Ministero dell’Istruzione e rinnovato in occasione del Viaggio della Memoria che ha visto coinvolti duecento studenti di tutta Italia. A firmare il Protocollo, il Presidente Gattegna e il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, nella significativa cornice della Sinagoga Tempel del quartiere ebraico di Cracovia. Questa è stata infatti una delle tappe della due giorni di viaggio – a cui hanno partecipano tra gli altri il Presidente dell’Assemblea rabbinica italiana e rabbino capo di Genova, Giuseppe Momigliano, il Professor Giovanni Maria Flick, Presidente onorario del Museo della Shoah di Roma, l’Assessore UCEI al Bilancio, Noemi Di Segni, la Presidente della Comunità ebraica di Firenze, Sara Cividalli – che si è chiuso con la visita al campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau. “Da qui arriva un duro monito al mondo perché quanto accaduto non accada mai più – osserva il ministro Giannini – da qui deve ripartire la costruzione di un’idea nuova di Europa e Italia”. Quindi un riferimento all’attualità e a quanto accaduto a Parigi: l’attacco alla libertà ed alla vita della persona con l’ennesima feroce aggressione antisemita. È a tutti noto il ruolo fondamentale nella società europea ricoperto dalla cultura ebraica sul territorio. Un Ebraismo che il nazifascismo cercò di annientare, di annichilire mettendo in moto una Fabbrica della morte, come ricorda il sopravvissuto Sami Modiano. Attorno a lui e alle sorelle Andra e Tatiana Bucci, si riuniscono i duecento giovani presenti. Ascoltano la tragedia dell’uomo, di cui Auschwitz è diventato il simbolo. Percorrono in silenzio la Bahnrampe, il Krematorium II, la Zentralsauna, il campo femminile, il Kinderblock. Ascoltano i ricordi dolorosamente vividi quanto terribili dei Testimoni della Shoah, affiancati dalle spiegazioni di Marcello Pezzetti per ricostruire cosa fu la Macchina di morte nazista. “Voglio ringraziare Sami e la moglie Selma, Andra e Tatiana Bucci, Marika Venezia che ancora una volta hanno trovato la forza e il coraggio di affrontare la grande sofferenza di venire a raccontare e quindi di rivivere le atroci sofferenze che avevano patito nel passato”, ricorda il Presidente Gattegna. “Un passato che non deve rimanere storia”, osserva il Professor Giovanni Maria Flick nel suo intervento alla Sinagoga di Cracovia. “La Memoria è un diritto ma soprattutto un dovere perché non si verifichino più discriminazioni e intolleranze”, ribadisce ai ragazzi il Professor Flick. L’auspicio è che i giovani europei raccolgano il testimone e si facciano portatori della Memoria della shoah nella società civile in cui sono immersi. “Io non voglio che i vostri occhi vedano ciò che hanno dovuto vedere i miei”, è il sofferto monito di Sami Modiano. Questo è il senso del Viaggio della Memoria. “La Shoah è stata una grande vergogna, una grande vigliaccheria, una grande ipocrisia commessa da coloro che si spacciavano per grandi guerrieri, rappresentanti di una razza superiore – rivela il Presidente Gattegna – ma la storia ha dimostrato che non erano una razza superiore. Sono stati e resteranno sempre la vergogna dell’Umanità”. Il film Exodus di Ridley Scott può aiutare a capire la realtà nel suo dipanarsi quotidiano. “Sono in gioco tutte le conquiste che la civiltà occidentale ha guadagnato a caro prezzo”. È quanto afferma Renzo Gattegna a proposito dei fatti di Parigi, della lotta all’odio e all’antisemitismo e della difesa degli insopprimibili valori di libertà di espressione e di satira. Un impegno affermato con forza anche nell’adesione dell’UCEI alla grande manifestazione repubblicana di Parigi. “Ai nemici della libertà di stampa e di satira. A chi fomenta l’odio, l’antisemitismo, la discriminazione. A chi vorrebbe imporre modelli culturali non compatibili con le nostre società progredite, rispondiamo compatti nel solco dei grandi valori di pluralismo e democrazia che, dalla Francia, si sono irradiati in Europa e nel mondo intero”, sottolinea Gattegna in un messaggio inviato al Presidente francese François Hollande e al Presidente del Conseil Représentatif des Institutions juives de France, Roger Cukierman. “Vediamo in azione cittadini francesi di seconda o terza generazione. Evidentemente i valori sui quali si fonda la Francia e quindi l’Europa non sono stati assorbiti né apprezzati, vengono visti anzi come un disvalore. E anche su questo bisogna riflettere”, spiega Gattegna. Che lancia alcuni messaggi rassicuranti sulla sicurezza delle Comunità italiane e sulla regolarità della vita ebraica nelle sue diverse espressioni: “Le forze dell’ordine compiono un lavoro eccezionale per tutelare le istituzioni ebraiche. Abbiamo sinagoghe e uffici delle comunità protetti a tempo pieno. Siamo vicini alle istituzioni in un continuo dialogo e scambio di informazioni. Gli Ebrei italiani sono colpiti e allarmati. Ma tra noi non c’è panico. Abbiamo cercato tutti di non cedere alla paura, di ragionare. L’opinione pubblica è schierata al nostro fianco”. Ad essere toccato è anche il tema del progressivo aumento di emigrazione ebraica dalla Francia in Israele per motivi di sicurezza e il rischio che sentimenti analoghi possano diffondersi anche in Italia. Una possibilità respinta dal presidente UCEI. “I numeri sono incomparabilmente diversi, gli Ebrei italiani sono 25mila. Qualche famiglia ha lasciato ma per la crisi economica o per ricongiunzioni familiari in Israele”. Nonostante il film Exodus e il Magistero di Papa Francesco, manca ancora una riflessione urgente e condivisa sull’assenza del Traditore e del Peccato commesso, giustificato e trasmesso nella cultura occidentale così come nella cultura islamica. Giuda, appunto, l’eretico, il riformatore, il protestante, lo straniero, Elisha ben Abuyah, sono figure senza equivalenti nella cultura islamica e nel consumismo. È un terreno delicato ma fondamentale. A poco servono le spinte modernistiche sempre troppo flebili. Quello che aiuterà gli islamici moderati a combattere il fondamentalismo, è il tradimento costruttivo, la dialettica trasgressore-apostata, ben nota nel misticismo ebraico. Colui che superando una soglia si colloca deliberatamente dalla parte dei meno, si isola, prende le distanze. Quanto, del corale sentimento di solidarietà emerso dopo gli attacchi di Parigi, si sarebbe manifestato se l’eccidio avesse riguardato solo gli Ebrei? E quanto pregiudizio rimane vivo nella società italiana? Ruotano attorno a questi interrogativi le domande scomode sull’antisemitismo proposte da Riccardo Franco Levi e Alberto Melloni in vista del Giorno della Memoria. Scrivono gli estensori dell’articolo sul Corsera: “Come ha ricordato il ministro Giannini parlando agli studenti italiani ad Auschwitz pochi giorni fa, pur nel riconoscimento di quel luogo quale primo ed universale simbolo dell’orrore della Shoah, altri sono i luoghi, altre sono le date che parlano e devono parlare alle giovani generazioni della persecuzione contro gli ebrei italiani: l’aula della Camera dei deputati dove il 14 dicembre del 1938 furono all’unanimità approvate le leggi antiebraiche; il Ghetto di Roma dove avvenne il rastrellamento degli ebrei del 16 ottobre 1943; il Binario 21 della stazione Centrale di Milano da dove partivano i vagoni per la deportazione; il campo di Fossoli, ultima tappa prima di Auschwitz, la Risiera di San Sabba a Trieste, l’unico campo di sterminio in terra italiana. Qui, non meno che ad Auschwitz – il loro appello – è e sarà bene portare gli studenti per far toccar loro con mano la realtà e la radice profondamente italiane delle persecuzioni contro gli ebrei”. Poi c’è Tel Aviv, l’attentato sul bus 40. È la nuova azione terroristica condotta ai danni della popolazione civile israeliana. L’attentatore, un cittadino palestinese, è salito sul bus Linea 40 e si è scagliato contro la folla brandendo un coltello. Al Processo Militia, sei le condanne e un’assoluzione nel primo grado di giudizio celebrato a Roma contro alcuni aderenti al gruppo di estrema destra Militia accusati di apologia del fascismo e violazione della legge Mancino per aver diffuso tra il 2008 e il 2011 idee fondate sull’odio etnico e razziale “prendendo di mira la comunità ebraica e alcuni rappresentanti delle istituzioni, con striscioni, scritte e manifesti”. Le pene comminate vanno dall’anno e mezzo agli otto mesi di detenzione. Simbolica la cifra del risarcimento disposto alla Comunità ebraica romana (che sarà poi destinato al Policlinico Gemelli), 7128 euro, tanti quanti i 7.128 ebrei vittime della Shoah italiana. Come stanno gli Ebrei in Italia? “C’è il rischio che il 27 Gennaio si sfoghino i buoni sentimenti, mentre nel resto dell’anno si dimentichi ciò che è successo nei campi di concentramento. Ma stavolta sarà diverso”, afferma il Presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia, Simone Disegni. Sospetto terrorismo, espulso studente turco della Normale. Svolgeva il dottorato di fisica alla Normale di Pisa, il 25enne turco espulso dall’Italia per sospetto terrorismo. “I servizi di intelligence sarebbero riusciti a ‘intercettare’ la sua posta – scrive Il Messaggero – l’attività del suo computer, e alla fine hanno individuato mail che aveva inviato a siti governativi italiani e statunitensi, minacciando di farsi esplodere davanti alle ambasciate”. Da Israele giunge nel frattempo un dossier sull’integralismo islamico in Italia. Diventa di dominio pubblico un dossier che il centro antiterrorismo israeliano ha realizzato per analizzare il fenomeno dell’integralismo islamico in Italia e i rischi per la pubblica sicurezza. Unico campo di sterminio sul territorio nazionale, simbolo per antonomasia delle sofferenze patite dagli Ebrei italiani sotto il nazifascismo, la Risiera di San Sabba accoglie ogni anno molte migliaia di visitatori attingendo con successo dal mondo della scuola e da chi vede nel valore della Memoria un patrimonio irrinunciabile. Un flusso significativo che l’Assessore alla Cultura del Comune di Trieste si propone di monetizzare introducendo un biglietto d’ingresso all’entrata del lager nella convinzione che, racconta in un’intervista al quotidiano cittadino Il Piccolo, “chi la visita sia disposto a pagare”. La proposta ha suscitato lo sdegno di molti e la ferma reazione della Comunità ebraica triestina. “Fa venire i brividi”, osserva l’Assessore alla Cultura della Kehillah giuliana e consigliere UCEI, Mauro Tabor, definendola “un’uscita infelice, fatta in un momento di leggerezza. La cosa più assurda – sottolinea Tabor – è che questa proposta sia stata formulata senza prima interpellare le due commissioni, quella nazionale e quella internazionale, che da anni si occupano della Risiera. Davvero un brutto passo falso”. Tanto che, qualora la proposta avesse un seguito, non è esclusa l’istituzione di una commissione parallela in cui siedano, oltre alla Comunità ebraica rappresentata personalmente dallo stesso Tabor, anche l’Associazione Nazionale Ex Deportati e l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. “Per gli ebrei triestini la Risiera di San Sabba è un cimitero ed è pertanto impensabile che possa esserci alcun genere di ritorno economico nel suo futuro. La mia speranza, ma anche la mia convinzione, è che il progetto possa risolversi in una bolla di sapone”. D’altra parte spiegare il terrorismo “jihadista” dicendo che il problema è l’Islam, è profondamente sbagliato sul piano della semplice logica. È vero che l’Islam ha un problema strutturale anche se sembra non abbia alcuna voglia o capacità di accorgersene. Negare che la matrice politico-religiosa non c’entri nulla, non aiuta a combattere il terrorismo. Il fatto stesso che alcuni degli attentatori di Parigi fossero francesi, dimostra che forse il problema non è l’integrazione degli stranieri né l’imperialismo occidentale, ma esclusivamente un problema interno all’Islam. La soluzione al radicalismo deve provenire dall’Islam stesso e da coloro che rifiutano l’immagine della loro religione che oggi Isis, Al Qaeda, Hamas ed Associati ex-nemici ex-alleati forniscono ai più piccoli, all’infanzia tradita e uccisa (anche in Africa). Scendere in piazza per dire che “siamo Charlie Hebdo” è simbolicamente importante ma praticamente inutile se non comincia dagli stessi Mussulmani la battaglia per combattere i Signori della Guerra e i loro fedeli spietati esecutori fondamentalisti. Sono ancora troppo poche le voci di dissenso nell’Islam e spesso sono legate più al politicamente corretto che a una reale volontà di distinguersi. È vero, l’Islam non è un monolite incapace di indignarsi, ma l’indifferenza territoriale nel mondo mussulmano è ancora troppo alta. A convincere i giovani mussulmani che vivono in Europa a non rimanere affascinati dall’integralismo e dalla violenza che offendono il Profeta e il Corano, non sarà certamente un modello di cittadinanza differente né uno stampo di vita sul modello occidentale dove l’infanzia è altrettanto tradita, umiliata e offesa. Serve piuttosto che sia lo stesso Islam a offrire un modello differente capace di contrapporsi pacificamente e che non si riduca esclusivamente a ribadire che certi gruppi con la religione e la politica non c’entrano nulla. Perché nei fatti, tutti sanno che non è così. Per questo motivo oltre a combattere i terroristi nei loro territori e prevenirli nel nostro, non possiamo fare altro che aspettare che la risposta arrivi da un certo Islam autorevole. Non dal presunto Califfato! Sempre che questa risposta arrivi pacificamente perché, secondo la Storia, la più grande tragedia umana di sempre ha inizio il 18 Settembre 1938 quando il Cavalier Benito Mussolini scelse Piazza dell’Unità d’Italia a Trieste per annunciare l’emanazione delle infami leggi razziali antiebraiche, macchia incancellabile del regime fascista e della monarchia italiana. Così hanno inizio la Shoah, la Seconda Guerra Mondiale e il Secolo Breve. Ma anche la Guerra dell’Energia che prosegue ancora oggi sotto le mentite spoglie della Guerra al Terrore. A volte il disgusto è più forte della voglia di capire ma il nemico dei Warlords è sempre la nostra stessa migliore alleata, la Libertà. Amici Ebrei, Mussulmani e Cristiani, finalmente uniti anche in nome della Scienza, possiamo consegnare Lorsignori della Guerra definitivamente alla Storia.
© Nicola Facciolini
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