Bernardo De Bernardinis, della Protezione civile, avrebbe rassicurato gli aquilani sulla non possibilita’ di una forte scossa sismica a L’Aquila che invece, dopo mesi di sciami sismici, ci fu il 6 aprile del 6 aprile 2009. E’ questa, in sintesi, la motivazione dei giudici della Corte d’Appello dell’Aquila, depositata stamani, che lo scorso 10 novembre, lo avevano condannato, rideterminando la pena, a due anni di reclusione (sospesa). In particolare era stato ritenuto colpevole dei reati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose ed assolto per altri. Da qui la riduzione della pena. In tutto gli imputati erano sette, tutti componenti la commissione Grandi Rischi, organo consultivo della presidenza del Consiglio dei ministri.
Il terremoto, che si verifico’ alle 3 e 32 del mattino, provoco’ 309 vittime. “La condotta colpevole di De Bernardinis (all’epoca braccio destro di Guido Bertolaso, capo Dipartimnto della Protezione cicile nazionale ndr) – scrivono i giudici – ebbe l’incidenza causale diretta (per ritenere la quale non e’ necessario fare ricorso al ‘modello delle rappresentazioni sociali’, la cui validita’ scientifica non ha trovato alcuna conferma) nella formazione dei processi volitivi di alcune delle vittime nei momenti successivi alle prime due scosse, poi definite ‘premonitrici’, della notte tra il 5 e il 6 aprile 2009 poiche’ le stesse sono state indotte da tali affermazioni rassicuranti a ritenere che si trattasse di un favorevole fenomeno di scarico di energia e conseguentemente ad abbandonare le pregresse abitudini di cautela, restando nelle abitazioni che crollarono per effetto del sisma”.
“Ritiene la Corte che la sentenza impugnata meriti di essere integralmente riformata in ordine alle posizioni degli imputati Barberi, Boschi, Selvaggi, Calvi, Eva e Dolce, da trattare unitariamente, nei confronti dei quali deve pronunciarsi sentenza liberatoria con la formula “perche’ il fatto non sussiste” e, parzialmente in ordine alla posizione dell’imputato De Bernardinis”. E’ uno dei passaggi della sintesi delle motivazioni della sentenza di Appello del processo alla Commissione Grandi Rischi, depositata questa mattina negli uffici della Corte di Appello dell’Aquila. “Con riguardo ai primi – si legge nel dispositivo – infatti, ritiene la Corte che la pur imponente istruttoria dibattimentale non abbia consentito di raggiungere un sicuro convincimento di responsabilita’ in ordine alla stessa sussistenza del fatto contestato, trattandosi di condotta esente da colpa con riferimento alla ‘valutazione’ e comunque inidonea ad integrare l’antecedente causale degli eventi, insussistente con riferimento alla ‘informazione’; con riferimento all’imputato De Bernardinis, invece, estraneo alla condotta di ‘valutazione’, sono ravvisabili profili di colpa generica, sub specie di negligenza e imprudenza, in relazione alla condotta di ‘informazione’, con riconoscimento del nesso causale in ordine ai decessi di alcune delle vittime indicate nell’imputazione”. Il collegio giudicante e’ stato presieduto da Fabrizia Ida Francabandera, a latere Carla De Matteis e Marco Flamini, mentre l’accusa e’ stata sostenuta dal Pg, Romolo Como che aveva chiesto la conferma della sentenza di condanna in primo grado. L’organo consultivo della presidenza del Consiglio dei ministri e’ stato condannato nella sua composizione del 2009 per aver compiuto analisi superficiali e aver dato false rassicurazioni agli aquilani prima del 6 aprile 2009, causando la morte di 29 persone quelle per le quali i familiari delle vittime si sono costituiti parti civili. I condannati in primo grado (ottobre 2012) a sei anni di reclusione ciascuno per omicidio colposo e lesioni personali colpose sono Franco Barberi, all’epoca presidente vicario della commissione Grandi rischi, Bernardo De Bernardinis (l’unico che e’ stato sempre presente in aula in tutte le udienze), gia’ vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e., Claudio Eva, ordinario di fisica all’Universita’ di Genova e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile. – Il primo capitolo affrontato dal collegio della Corte d’Appello nelle motivazoni della sentenza alla commissione Grandi Rischi e’ quello sulla riunione tenutasi all’Aquila con i sette membri dell’organismo, una settimana prima dell’evento catastrofico. A tal proprosito “La Corte ritiene che la riunione del 31 marzo 2009 non risponda a nessuno dei criteri legali che valgono ad identificarla come riunione della Commissione nazionale Grandi Rischi. Infatti, benche’ tutti gli imputati siano accusati a pari titolo in relazione alla indicata qualifica formale (‘tutti componenti della Cgr’) deve affermarsi che solo gli imputati Barberi, Boschi, Calvi ed Eva erano componenti effettivi della Cgr, sulla base della normativa vigente (art.4 DL 245/06, convertito in L 21/06 e conseguente Dpcm n 23582/06) dalla quale risulta la nomina del primo (Barberi) quale presidente vicario, in virtu’ della sua storia professionale, del secondo (Boschi) in qualita’ di Presidente dell’Ingv, del terzo e del quarto (Calvi ed Eva) in qualita’ di docenti universitari, esperti di rischio sismico. Quanto agli altri tre imputati – prosegue il collegio – deve dirsi che: De Bernardinis, partecipo’ alla riunione in qualita’ di vice capo del Dpc (il cui capo Bertolaso, aveva indetto la riunione) e in tale veste rappresentava la massima autorita’ di protezione civile, interessata alla consulenza degli esperti di rischio sismico; era, pertanto, funzionalmente estraneo alla Cgr ed infatti si limito’ ad introdurre i temi della riunione, senza operare valutazioni di sorta, e poi a presiedere la conferenza stampa; Selvaggi partecipo’ alla riunione su iniziativa del professore Boschi da questi invitato in qualita’ di Direttore del centro nazionale Terremoti dell’Ingv e fu infatti indicato a verbale quale ‘accompagnatore’ di Boschi; Dolce – spiega sempre il collegio dei giudici di Appello – direttore dell’Ufficio Rischio Simico del Dpc era anch’egli funzionalmente estraneo alla Cgr pur se partecipo’ alla condotta di valutazione. Ne consegue che in assenza di numero legale di dieci componenti in coerenza con le effettive modalita’ di convocazione (con lettera inviata la sera del 30 marzo 2009 dal capo del Dpc Bertolaso soltanto ai quattro componenti la Cgr ‘esperti del settore rischio sismico’) e con lo sviluppo della discussione, la riunione va ricondotta al paradigma delle ‘ricognizioni, verifiche e indagini’ che ‘in ogni momento’ il Capo del Dpc puo’ richiedere ai componenti della Cgr (art.3, c. 10 Dpcm 23582/06). Consegue altresi’ che il contributo di ogni partecipante alla riunione, in assenza di una deliberazione collegialmente assunta, debba essere analizzato, per la verifica dell’accusa di valutazione ‘approssimativa, generica e inefficace’ per quello che effettivamente e’ stato, cosi’ come risulta dalla verbalizzazione effettuata nell’occasione (bozza di verbale, redatta sulla base di appunti presi nel corso della riunione, e verbale ufficiale sottoscritto e reso pubblico il 6 aprile 2009, dopo il sisma) nonche’ dalle dichiarazioni dei testi presenti: Stati, Cialente, Salvatore, Leone, Del Pinto, Braga e degli stessi imputati”.
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