Dissolvere il Parlamento con una “dichiarazione costituzionale” e annunciare un nuovo “governo transitorio” che avrà la durata di due anni. E poi scegliere i 551 membri che comporranno il nuovo emiciclo tramite i “comitati rivoluzionari” diretti da uno dei leader del gruppo Mohammed Ali al-Houthi; infine, istituire un consiglio presidenziale di cinque membri scelti dal nuovo Parlamento per gestire gli affari del Paese. Così il gruppo ribelle sciita Houthi, che da due settimane ha bloccato le istituzioni di Sanaa e costretto il presidente yemenita Abd Rabbo Mansour Hadi agli arresti domiciliari, ha preso definitivamente il controllo del Paese, dando corpo a quel golpe a cui i partiti sunniti e la stampa internazionale gridavano ormai da settimane.
Il dialogo tra le parti è collassato definitivamente ieri, il giorno dopo la data-limite fissata dagli Houthi per dare modo alle fazioni politiche di risolvere l’impasse in cui versa il Paese da quando il movimento, storico escluso dal potere, ha rioccupato la capitale lo scorso gennaio: un gesto volto a prendere con la forza quella partecipazione politica che, seppur negoziata con i partiti padroni dello Yemen sotto l’egida delle Nazioni Unite lo scorso settembre, è rimasta lettera morta. Due settimane fa, infatti, Salah al-Sammad, uno dei due consiglieri houthi nominati dal presidente secondo l’accordo si era dimesso perché le sue proposte venivano “costantemente ignorate”.
Ne era seguito il sequestro del capo di gabinetto del presidente Hadi – nonché segretario generale del dialogo nazionale – Ahmad Awad bin Mubarak a un posto di blocco rivendicato dagli Houthi come misura preventiva per evitare che l’accordo tra il gruppo e il governo venisse rotto. Poi, una scaramuccia tra il gruppo e l’esercito yemenita per l’istituzione di un check-point davanti al palazzo presidenziale aveva scatenato l’inferno nella capitale, con morti e feriti e la decisione di occupare le sedi istituzionali yemenite. Invece di prendere immediatamente possesso del Parlamento, i ribelli Houthi avevano intavolato di nuovo il dialogo con i partiti di maggioranza, che hanno rifiutato le richieste del gruppo ribelle: sul tavolo c’erano le dimissioni di Hadi e il rimpasto di governo.
Alcuni giorni fa, a palazzo presidenziale occupato e a capo dello Stato già barricato nella sua residenza, i tre maggiori partiti yemeniti – gli islamisti di al-Islah, il partito socialista e quello nasserista, tutti vicini al presidente, ndr – avevano espresso il rifiuto di continuare a negoziare con gli Houthi sulle dimissioni di Hadi e il rimpasto di governo. Mohamed Qabati, portavoce delle tre formazioni, aveva accusato gli Houthi di aver rinnegato il precedente accordo per respingere le dimissioni di Hadi, oltre ad aver represso con la forza la manifestazione contro di loro organizzata sabato scorso a Sanaa, fermando alcuni attivisti e due giornalisti, rilasciati a condizione di non coprire gli eventi del corteo.
Secondo i politici di alto livello che hanno partecipato ai colloqui degli ultimi giorni, gli Houthi avrebbero insistito sulla formazione di un consiglio presidenziale con i rappresentanti del nord e del sud dello Yemen, secondo un modello confederativo a cui sono più favorevoli che non alla partizione del Paese in sei regioni come proposto dal presidente Hadi. I partiti politici yemeniti hanno poi chiesto garanzie sul fatto che la formazione del consiglio sarebbe andata di pari passo con un ritiro delle forze Houthi dalle istituzioni-chiave e con il rilascio di Hadi e dei membri del governo.
Altre parti nei colloqui, secondo quanto rivela al-Jazeera, avrebbero voluto che il parlamento convocasse ed eventualmente annunciasse le elezioni anticipate, cosa a cui gli Houthi si sono opposti, sostenendo il Parlamento non aveva legittimazione e che il suo mandato era scaduto. Verso la fine della sessione parlamentare l’inviato Onu Jamal Benomar avrebbe lasciato la sala e sarebbe partito per l’Arabia Saudita.
Dure le critiche che arrivano dalla comunità internazionale. Se Washington si è dichiarata “profondamente preoccupata” per gli sviluppi nel paese, dato che la mossa degli Houthi “non ha soddisfatto gli standard stabiliti dall’inviato Onu inYemen”, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha espresso “grave preoccupazione” per la dichiarazione di ieri pomeriggio, dicendosi pronto a intraprendere “ulteriori passi”, che potrebbe significare nuove sanzioni, se il gruppo sciita Houthi non ritornasse immediatamente ai negoziati condotti dalle Nazioni Unite per avviare una transizione democratica.
Ma non sembra un golpe portato avanti in solitudine. Come suggerisce il quotidiano al-Akhbar, la presenza alla dichiarazione costituzionale degli Houthi del ministro dell’Interno e quello della Difesa simboleggia la benedizione di alcune fazioni politiche alla mossa del gruppo. Prima della dichiarazione pronunciata da un rappresentante Houthi, inoltre, il giornalista Abdelkarim al-Khiwani – incarcerato per anni durante gli anni di Ali Abdallah Saleh – e un rappresentante del sud dello Yemen, Hussein Zaid, hanno letto discorsi a sostegno della nuova dichiarazione.
Non è chiaro come evolveranno i rapporti tra gli Houthi e gli indipendentisti del sud: sebbene questi ultimi in varie occasioni abbiano cavalcato l’onda del vuoto di potere garantito dall’occupazione sciita della capitale, dichiarando che non avrebbero più obbedito agli ordini di Sanaa, nei giorni scorsi si sono registrati scontri nella città di Aden tra i gruppi armati pro-governativi dei Comitati popolari del Sud e i combattenti Houthi; inoltre 57 deputati delle circoscrizioni del Sud avevano annunciato giorni fa il boicottaggio dei lavori parlamenti in protesta contro il “golpe” del movimento sciita. Un conflitto nel conflitto di cui potrebbe approfittare al-Qaeda, presente nel sud del Paese, con cui i ribelli Houthi si sono già scontrati nei giorni scorsi.
Ma a preoccupare ancora di più è il probabile scontro aperto tra sunniti e sciiti: come spiega il giornalista di al-Jazeera Hashem Ahelbarra, infatti, ” la rinascita spettacolare dei Houthi potrebbe ulteriormente alimentare le tensioni settarie nel Paese”, perché potrebbe “essere vista dai sunniti come la conquista sciita dello Yemen”. Nena News
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