Una “esplosione di ira ricollegabile a un litigio tra i due coniugi”. Questa la ricostruzione che la prima sezione penale fa dell’omicidio di Melania Rea, riconoscendone come unico responsabile il marito della vittima, Salvatore Parolisi. Le ragioni fondanti del litigio, aggiunge la Suprema Corte nelle motivazioni della sentenza con cui, il 10 febbraio scorso, confermo’ la responsabilita’ dell’imputato pur disponendo un nuovo processo per rideterminare al ribasso la pena a 30 anni inflittagli in appello, “si apprezzano nella conclamata infedelta’ coniugale” di Parolisi. Il “fatto delittuoso”, sottolineano i supremi giudici, “si inserisce nel contesto di una giornata ‘apparentemente normale’, i due coniugi erano attesi di li’ a poco a casa di amici”, la figlia “era con loro” e “non e’ risultato alcun particolare contatto, nella fascia oraria immediatamente precedente, con ulteriori soggetti o terzi tale da far ipotizzare ulteriori e anomali appuntamenti”. La ricostruzione operata dagli inquirenti “colloca” Parolisi “sul luogo del delitto” e “costruisce il delitto stesso in termini di ‘occasionalita’” ossia legato al “dolo d’impeto” e non alla “premeditazione”, che non e’ mai stata ipotizzata”.
“La mera reiterazione dei colpi”, anche se “consistente”, non puo’ essere ritenuta “fonte di aggravamento di pena”, in relazione all’aggravante dell’aver agito con crudelta’. E’quanto rileva la prima sezione penale della Cassazione.
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