“Scienza, tecnologia e ICT: la chiave per un’economia creativa e per un maggior benessere della popolazione”, è lo slogan in voga in Corea del Sud, una Nazione molto vicina all’universo di Star Trek. La Scienza è una forma di Cultura che, come insegna il Signor Spock, può salvare la vita. La logica galileiana non è opinabile come l’interesse politico. Certamente la predilezione per l’irrilevante tra i “potenti” irresponsabili del malgoverno, tra mille proroghe e mille condoni, può condurre alla follia e alla rovina imminente della civiltà occidentale, Italia compresa, incapace di ragione, visione e fede. Fine non necessariamente legata al dissesto idrogeologico, al Global Warming e alla scarsa cultura del territorio alimentata da pietose litanie emergenziali di contorno giustificate, quanto piuttosto all’inevitabile sequenza degli eventi fisici naturali dei quali l’Uomo è da sempre protagonista con i suoi “mostri” e le sue menzogne ideologiche nella Storia. Se c’è qualcosa che può andare storto, prima o poi sicuramente accadrà. La famosa declinazione della Legge di Murphy, opportunamente interpretata, avrebbe potuto salvare moltissime vite umane a L’Aquila il 6 Aprile 2009. Prima, durante e dopo il terremoto di magnitudo momento 6.3 che sconquassò la Capitale d’Abruzzo, uccidendo oltre 312 persone: un’infinita rispetto ai numeri prodotti da tutti i singoli eventi di pari energia finora registrati sulla Terra. I terremoti catastrofici sono imprevedibili ma se c’è una cosa che il sisma e il maremoto nipponici di Sendai e del Tōhoku (Mw=9; accelerazione del suolo di 2.99g) dell’11 Marzo 2011 hanno insegnato all’Umanità, è la Logica della Preparazione. Un simile evento catastrofico nel Mar Mediterraneo avrebbe provocato, rispetto alle 20.350 vittime giapponesi tra morti accertati e dispersi, una tragedia sicuramente peggiore. In Italia le conseguenze sarebbero state molto più gravi cristallizzando per sempre i più cupi scenari fantascientifici. Come quelli attuati dal Presidente Barack Hussein Obama che pare stia letteralmente frantumando gli Usa, consentendo l’avvelenamento delle acque per milioni di Americani (senza più diritti di proprietà sui beni del “loro” sottosuolo!) con la tecnica della fratturazione idraulica inquinante del #fracking. Si registra altresì un’intensificazione degli sforzi estrattivi di idrocarburi fin dal 2008, l’inizio della presidenza “democratica” giunta ormai al capolinea. È un dato storico. Il Presidente Obama parla di ambiente e diritti umani, accusando apertamente la Russia di violarli sistematicamente, in un Paese (gli Usa) sull’orlo della Seconda Guerra Civile, a 150 anni dalla fine della Prima, dove ancora si uccide per il colore della pelle! Si spiegano così le guerre degli Usa all’estero senza soluzione di continuità e i 17 trilioni di dollari “sparati” sulla Terra a più non posso, per mantenere Uniti gli Stati americani continentali altrimenti in guerra. I veterani affetti da stress post traumatico fin dalla Prima Guerra del Golfo, aumentano a ritmi parossistici: dal 1991 l’uso di droghe e le perversioni di ogni tipo negli ex militari Usa, stanno disgregando la società americana, configurando scenari di suicidio di massa! Gli Usa torneranno molto presto ai Nativi Americani, come profetizzato dagli Anziani. L’Italia seguirà la stessa sorte? Dipende dalla ragione in ciascuno di noi, che è la premessa della soluzione di ogni problema. La Storia sismica del Belpaese insegna a non fidarsi delle certezze finora acquisite. La notte del 28 Febbraio 2015, alle ore 4:16 italiane, è stato registrato un terremoto di Magnitudo Locale Richter 3.9 (Magnitudo momento Mw=4.1, sono due stime diverse: la ML è la più rapida; la Mw è la più realistica) in provincia di L’Aquila, nella Piana del Fucino, alla base della faglia (circa 15 Km di profondità) del grande sisma del 13 Gennaio 1915. I comuni più vicini all’epicentro, Luco dei Marsi, San Benedetto dei Marsi e Trasacco, hanno tremato con annesso “pigiama party” in piazza. Il sisma è stato avvertito nelle province di L’Aquila e Frosinone come evidenziato dai circa 560 questionari compilati sul sito Ingv (www.haisentitoilterremoto.it/) e dalla Mappa del risentimento sismico in scala Mercalli-Cancani-Sieberg che mostra la distribuzione degli effetti del terremoto sul territorio. Se si osserva la Mappa della sismicità negli ultimi 30 anni, si nota che la zona ha sperimentato un’attività sismica molto scarsa. In particolare l’area settentrionale è caratterizzata dai numerosi epicentri della sequenza aquilana del 2009, mentre quella meridionale da una brusca interruzione della sismicità, sia verso il Fucino sia verso Sulmona, per poi riprendere a Sudest, al confine con il Lazio e verso il Molise. La scarsa sismicità dell’area del Fucino coincide con l’area interessata dal forte terremoto del 1915. Il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani mostra che la zona del Fucino e della Marsica è contraddistinta proprio dal violento terremoto del 13 Gennaio 1915 che provocò danni gravissimi ad Avezzano, in tutta la Piana del Fucino e in numerose località della Valle Roveto e della media Valle del Liri. L’intensità macrosismica, stimata sulla base della distribuzione dei danni, fu dell’XI grado della scala MCS, la magnitudo momento stimata pari al grado Mw=6.7 Richter. Se si osserva la zona dell’evento del 28 Febbraio 2015, rispetto alla Mappa di Pericolosità del territorio nazionale, si nota che esso ricade in un’area ad elevata pericolosità, dove l’accelerazione attesa è compresa tra 0.22 e 0.27 g, riferita a suoli rigidi con probabilità di eccedenza del 10 percento in 50 anni. C’è poi l’altro evento del 28 Dicembre 2014 alle 7:08 ora italiana. Un terremoto di magnitudo locale 3.2 localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’Ingv nell’Appennino Lucano, precisamente nel settore meridionale della Val d’Agri, a una profondità di circa 16 Km. L’ipocentro del sisma risentito leggermente fino a distanze epicentrali di 20 Km, ricade in una regione che negli anni recenti è stata più volte interessata da sciami di bassa magnitudo e che ha precedenti storici importanti, come quello del terremoto del 1857. La sismicità recente di bassa energia è in parte riconducibile ad attività antropiche (Rapporto ISPRA 2014). Per questo motivo, nell’ambito delle attività che l’Ingv svolge nel campo dello studio della sismicità naturale ed indotta della Val d’Agri, è stata eseguita un’analisi di dettaglio del terremoto del 28 Dicembre. Quest’analisi si basa sull’integrazione dei dati registrati dalla RSN con quelli della rete locale dell’ENI per il monitoraggio dalla concessione di coltivazione di idrocarburi della Val d’Agri. L’analisi effettuata dagli scienziati, farebbe propendere decisamente per un terremoto “naturale”, portando finora ragionevolmente ad escludere che sia stato innescato da attività antropiche. Il bacino intramontano della Val d’Agri è una delle aree con maggiore potenziale sismogenetico in Italia. Come documentato dal terremoto distruttivo della Basilicata del 1857, di magnitudo stimata M=7 ed intensità massima MCS=11, con epicentro macrosismico localizzato nel settore centrale della Val d’Agri. La genesi e l’evoluzione del bacino sono state controllate principalmente da faglie quaternarie trascorrenti ed estensionali normali di direzione NW-SE. Queste strutture definiscono due sistemi di faglie sub-paralleli che bordano ciascun margine del bacino estensionale con immersione opposta (Eastern Agri Fault System (EAFS) lungo il margine nord-orientale che immerge verso SW, Monti della Maddalena Fault System (MMFS) lungo il margine sud-occidentale che immerge verso NE). Sebbene la geometria e la cinematica dei due sistemi di faglie siano ben definite in base a numerosi studi geologici condotti negli ultimi 20 anni (Lazzari e Lentini,1991; Cello et al.,2003; Maschio et al.,2005) il rispettivo ruolo sull’evoluzione tettonica recente della Val d’Agri e il relativo potenziale sismo genetico, sono ancora dibattuti. Studi multidisciplinari più recenti, pubblicati principalmente da ricercatori dell’Ingv, concordano su un modello sismo-tettonico in cui la deformazione recente è accomodata principalmente da faglie normali del sistema MMFS, ubicate lungo il bordo occidentale del bacino (Maschio et al.,2005; Burrato e Valensise,2008; Valoroso et al.,2009, Pastori et al.,2009; Zembo,2010; Improta et al.,2010, Valoroso et al.,2011). I cataloghi di sismicità strumentale Ingv evidenziano che negli ultimi 30 anni la Val d’Agri è stata interessata esclusivamente da attività di bassa energia con pochi terremoti di magnitudo locale maggiore di 3. Due piccoli sciami sismici sono stati registrati nel 1996 e nel 2002 nel settore sud-occidentale del bacino (Cucci et al.,2004). Un’intensa attività di bassa energia (ML inferiore al grado 2.7) è stata anche registrata da una densa rete sismica dell’Ingv installata nella Regione nel 2005-2006, che registrò 1998 terremoti, in buona parte localizzati a sud del lago artificiale del Pertusillo, tra 2 e 6 Km di profondità (Valoroso et al.,2009). Studi di dettaglio eseguiti con i dati sismici di alta qualità registrati nel 2005-2006 (Valoroso et al.,2009; Valoroso et al.,2011) e, più recentemente, con quelli registrati dal 2005 al 2012 dalle reti di monitoraggio ENI e dalla RSN (Stabile et al.,2014a) hanno evidenziato che i frequenti sciami sismici di bassa energia che avvengono a sud dell’invaso del Pertusillo, sono indotti dal rapido incremento del volume del lago durante la fase di ricarica invernale e primaverile. Questa sismicità indotta si concentra lungo la terminazione meridionale del sistema di faglie normali dei Monti della Maddalena. Un’ulteriore sorgente potenziale di micro-sismicità indotta, è il pozzo Costa Molina 2, ubicato sul bordo nord-orientale del bacino, in cui dal 2006 viene re-iniettata una parte dell’acqua di produzione associata allo sfruttamento del giacimento di idrocarburi della Val d’Agri. Come dimostra l’ubicazione dei pozzi. L’ipotesi di micro-sismicità indotta dal pozzo CM2 è stata avanzata per la prima volta da Valoroso et al. (2009) in base al verificarsi nel 2006 di uno sciame di 40 eventi di magnitudo locale uguale e inferiore al grado 1.7, localizzato in prossimità del pozzo iniettore. Questo risultato è stato confermato da uno studio recentemente pubblicato da Stabile et al. (2014b) che ha analizzato la micro-sismicità registrata dal 2006 al 2012 dalla rete di monitoraggio ENI. Lo studio ha evidenziato 196 terremoti di magnitude locale uguale e inferiore al grado 2, organizzata in sciami, localizzata tra 1 e 4 Km di profondità entro una distanza di 4 Km dal pozzo iniettore, che si correla temporalmente con l’attività di re-iniezione. In accordo con la letteratura, questa micro-sismicità è verosimilmente indotta dalla diminuzione dello sforzo normale efficace su faglie pre-esistenti per incremento della pressione di poro. Questo incremento sembra prodotto dalla re-iniezione dell’acqua di produzione in profondità. Per migliorare la stima dell’ipocentro del terremoto si è proceduto a integrare i dati sismici della rete RSN dell’Ingv con quelli della rete locale di monitoraggio ENI, utilizzando modelli di velocità di propagazione delle onde P (Vp) ed S (Vs) specifici per la Val d’Agri. L’Ingv evidenzia le tre localizzazioni ipocentrali del terremoto del 28 Dicembre, insieme agli ipocentri dei terremoti dal 2005 al 2013 determinati nell’ambito degli studi che l’Istituto sta svolgendo sulla sismicità della Val d’Agri integrando i dati delle reti ENI e RSN. Le tre localizzazioni dell’evento del 28 Dicembre sono state determinate con le seguenti procedure: Localizzazione n.1 della Sala Sismica dell’Ingv determinata con i tempi d’arrivo dell’onda P ed S, letti dalle registrazioni della RSN ed utilizzando il modello di velocità 1-D Vp e Vs di riferimento nazionale. I dati si riferiscono a 20 stazioni in Italia meridionale fino ad una distanza epicentrale di 170 Km; Localizzazione n.2 tipo 1-D determinata con i tempi di arrivo dell’onda P ed S per le tre stazioni della RSN e della rete locale di monitoraggio ENI (10 stazioni) entro 20 Km di distanza dall’epicentro, utilizzando il modello di velocità 1-D Vp e Vs specifico per la Val d’Agri pubblicato dall’Ingv (Valoroso et al.,2009); Localizzazione n.3 di precisione 3-D determinata con i tempi di arrivo dell’onda P ed S per le tre stazioni della RSN e della rete locale di monitoraggio ENI (10 stazioni) entro 20 Km di distanza dall’epicentro, utilizzando una tecnica di inversione tomografica che tiene conto della struttura tridimensionale di velocità della crosta superiore. Dal confronto delle tre localizzazioni si deduce che l’epicentro della localizzazione n.2 è spostato di 1.5 Km in direzione Est rispetto alla Localizzazione n.1 della Sala Sismica Ingv, mentre la profondità ipocentrale diminuisce da 16.5 a 9.2 Km. Gli errori assoluti nominali di localizzazione si riducono da 0.93 a 0.15 Km (errore orizzontale) e da 2.07 a 0.2 Km (errore verticale). L’epicentro della Localizzazione n.3 è spostato di 2.4 Km in direzione Est rispetto alla Localizzazione n.1 della Sala Sismica Ingv, mentre la profondità ipocentrale diminuisce da 16.5 a 10.3 Km. Per la localizzazione 3-D di precisione, gli errori orizzontali e verticali di localizzazione sono di 0.11 Km e 0.15 Km, rispettivamente. L’integrazione dei dati sismici Ingv ed ENI ha così permesso di migliorare la localizzazione dell’ipocentro, in particolare la stima della profondità che dipende criticamente dalla distanza minima dell’epicentro dalle stazioni sismiche. Se si aggiungono i dati della rete locale ENI, la distanza minima si riduce da 11 Km a 5 Km. L’utilizzo di modelli di velocità più accurati, che tengono conto della struttura crostale della Val d’Agri (modello 1-D, Localizzazione n.2) o che derivano da tecniche più sofisticate (modello tomografico 3-D, Localizzazione n.3) ha consentito di determinare localizzazioni ipocentrali più precise che di norma non è possibile ottenere subito dopo l’evento sismico, in quanto richiedono analisi specifiche. Il meccanismo focale del terremoto sembra indicare che la faglia attivata è di tipo normale e orientata in direzione NW-SE. Questo risultato è in accordo con il campo di stress locale, estensionale con estensione massima in direzione NE-SW, e con la direzione e la cinematica delle principali faglie attive che bordano il bacino della Val d’Agri (Valoroso et al.,2009). Dai risultati ottenuti analizzando i dati Ingv ed ENI, gli scienziati ritengono obiettivamente che sia improbabile una relazione causale tra il terremoto e i cicli di ricarica del lago del Pertusillo o l’attività legata al pozzo iniettore CM2, per i seguenti motivi: “il terremoto è localizzato a rilevante distanza dal pozzo CM2, senza che vi sia evidenza di un collegamento con la zona sorgente della micro-sismicità indotta dalla re-iniezione registrata a partire dal 2006; la distanza orizzontale della localizzazione ipocentrale di precisione (Localizzazione n.3) dal fondo del pozzo (attraverso cui è re-iniettata l’acqua di produzione) è di 5.4 Km, quella in profondità di 7.2 Km, per una distanza assoluta di 9 Km; diversamente, gli ipocentri dei terremoti localizzati in Valoroso et al. (2009), Stabile et al. (2014b) e nell’ambito degli studi che Ingv sta svolgendo sulla sismicità della Val d’Agri, sono localizzati entro 3-4 Km di distanza dal fondo del pozzo; inoltre, la sismicità indotta dall’attività di re-iniezione è compresa tra 2 e 5 Km di profondità, mentre l’evento del 28 Dicembre 2014 è profondo 10.3 Km; il terremoto si è originato quindi in una differente unità geologica rispetto a quella in cui avviene la re-iniezione (rocce carboniche della Piattaforma Apula), presumibilmente nel basamento metamorfico; analogamente, il terremoto è localizzato a una distanza di circa 6-7 Km in direzione Nord-Est dal volume di intensa micro-sismicità che è stata interpretata come indotta dall’invaso del Pertusillo da Valoroso et al. (2009,2011) e Stabile et al. (2014a); quest’attività si concentra a Sud-Est del lago tra 2 e 6 Km di profondità (Valoroso et al.,2011; Stabile et al.,2014b). L’evento del 28 Dicembre è una scossa isolata, mentre la sismicità indotta sia dall’invaso del Pertusillo che dal pozzo CM2, è organizzata in sciami. Nessun terremoto è stato localizzato dalla RSN in prossimità dell’evento del 28 Dicembre nei giorni precedenti o successivi, e le registrazioni in continuo della stazione della RSN più vicina non evidenziano terremoti locali. L’evento non è stato preceduto da variazioni significative nell’attività di re-iniezione in CM2. I valori di pressione di iniezione a testa pozzo nei giorni precedenti sono compresi tra 11 e 12 MPa. Analogamente, il terremoto è avvenuto prima dell’inizio della fase di ricarica dell’invaso del Pertusillo. Il volume netto dell’invaso il giorno 28 Dicembre era 61.3 x 106 mc, un valore di poco superiore rispetto al valore minimo 60.0 x 106 mc raggiunto nella prima settimana di Novembre”. Dunque, l’evento del 28 Dicembre 2014, secondo l’Ingv, avrebbe caratteristiche che non soddisfano i criteri stabiliti nella letteratura internazionale (Davis et al., 1995) per discriminare la sismicità indotta da quella naturale. Le registrazioni sismiche del terremoto del 28 Dicembre 2008, oltre a quelle della rete Ingv, e i dati di re-iniezione del pozzo CM2, sono stati forniti da ENI nell’ambito della Convenzione di Ricerca INGV-ENI 2013-2015 “Servizi di ricerca, studi specialistici e rilevamenti in campo geofisico, sismologico e geochimico in Val d’Agri”, con il contribuito all’analisi a cura di Luigi Improta, Davide Piccinini e Samer Bagh della Linea di Attività “Sismicità Indotta” della Struttura Terremoti dell’Ingv. A Vicenza la processione votiva del 25 Febbraio era tra le più longeve manifestazioni devozionali perpetue italiane, originate da un evento sismico. Come il terremoto del 25 Febbraio 1695, di cui si conserva notizia in varie località del Veneto: Castelfranco Veneto, Cittadella, Cologna Veneta, Cornuda, Lendinara e Marsan. Un sisma di magnitudo momento 6.5, il più forte evento localizzato in Veneto, insieme a quello bellunese del 29 Giugno 1873 (Mw=6.3), l’ultimo terremoto distruttivo di cui si abbia notizia nel territorio di Treviso, da almeno 320 anni. I massimi effetti del sisma del 1695, si verificarono al margine settentrionale dell’attuale Provincia, in quello che i Trevigiani di allora chiamavano per antonomasia “il Monte”. Un’area compresa tra le prime propaggini del Massiccio del Grappa e i Colli Asolani, una catena di alture che si stende da Nord-Est a Sud-Ovest a partire dalla riva destra del Piave, nel punto in cui il corso del fiume abbandona le Prealpi bellunesi per immettersi nella alta pianura veneta. Zona di grande fascino, quella di Asolo, ma anche un’area sismicamente delicata. L’evento fu preceduto nella serata e nella notte precedenti da alcune scosse che, a quanto pare, non misero in allarme la popolazione, a giudicare dalle testimonianze coeve restie a parlare di abbandoni di case. Il terremoto si verificò “al levar del Sole”, intorno alle 6:30 locali, con “dano rimarcabile di Castelli borghi Tere Ville palaggi”. Le massime distruzioni capitarono in piccoli insediamenti ai piedi del Massiccio del Grappa, sulle due rive del Piave, come Alano di Piave e Segusino, che furono quasi totalmente distrutti, e ad Asolo. “Di 380 case – riferisce il trevigiano Zuanne Mestriner – quatro solle rimaste abitabilli, et in piedi, nella villa di Lano, et 260 divorate, e disipate nella villa di Segusino, et così senza viveri, e senza teto in mezo alle nevi, che per sciagura magiore durano altissime ancora, soto a’ povere tende, ò miserabili barache essausti di tuto, ma pieni di timore allogiano quei desolati viventi”. Tra la città e la sua “podesteria” (distretto) si ha notizia di più di 1400 case crollate del tutto, più di 1200 inabitabili e quasi 50 vittime. Effetti quasi altrettanto gravi si verificarono nelle Prealpi bellunesi (Castelcucco, Possagno, Cavaso del Tomba) e in alcune località al margine settentrionale dell’alta pianura veneta (Altivole, Caselle). Danni abbastanza gravi si registrarono in buona parte della terraferma veneta, soprattutto nella zona nord-orientale, a Valdobbiadene, Conegliano, Sacile e Treviso. La propagazione energetica appare più forte verso Sud, con danni di qualche entità a Verona e perfino a Ferrara. Di danni più contenuti o sporadici (crollo di comignoli, leggere lesioni agli edifici e alle opera murarie) si ha notizia a Padova, Vicenza, Verona, Soave, Desenzano del Garda, Rovigo e Ferrara. Il terremoto fu avvertito sensibilmente in un’area molto vasta dell’Italia Settentrionale e in tutta la Pianura Padana. L’area di avvertimento si estese fino all’Emilia Romagna (Bologna, Carpi, Cento) e alla Lombardia (Mantova Ostiglia Bozzolo, fino a Lodi e Milano). Il terremoto del 25 Febbraio 1695 lasciò traccia di sé non solo nelle suppliche avanzate dalle comunità colpite alla Serenissima e nelle perizie dei danni subiti dagli edifici pubblici (i soli di cui la Dominante si rendesse responsabile) ma anche nei ricordi di popolani come il barbiere trevigiano Zuanne Mestriner, autore di un “diario” degli avvenimenti del periodo 1682-1731 (Moro,2003) e gli anonimi Veronesi autori dei graffiti che “arricchiscono” un affresco della Basilica di S. Zeno e in numerose epigrafi commemorative, come quelle di Asolo, Castelcucco, Treviso, di cui è in corso il censimento. In questi termini Zuanne Mestriner racconta il terremoto: “1695 adi 25 febraro giorno di venerdì. Raconto del gran teremotto nel levar del sol qui a Treviso. Particolarmente nel teritorio verso il monte con dano rimarcabile di castelli, borghi, tere e ville, palaggi, case e morte di uomini e quantita di offesi dale rovine sepolti che non si trovano. Può render grasia al cielo la città di Treviso che fra tutte le sogette ala inclita Dominante di essa (la Serenissima Repubblica di Venezia, NdA) è stata l’elletta e la preservata; ma può ben piangere le rovine del suo vasto teritorio e particolarmente verso la parte del monte che urtado da un precipitoso teremotto e la magior parte desolato al piano. Li 25 febraro, giorno di venerdi, circa l’8 ore di notte, fecisi sentire un picolo scosso di teremotto il quale rivegliando i spiriti addormentati mise con tormentosa pasione in gelosia la salute di tutti i quali dubitava di rovine magiori. Come in fatti seguirno circa le ore 13 del giorno, in cui sentitosi un gran urtone del teremoto e rivegliando tutte le anime sopite nel sonno, credevano essere per la confusione su i spasmi della morte, su l’agonie di vita. Ma grazie al cielo che di tanti popoli che si trovavano su le piume (a letto, con riferimento alle piume usate per imbottire i materassi, NdA) e altri assistenti allo sacrosanto sacrificio della messa nepure uno vi restò offesso. E tutto il dano consiste nella caduta di alcuni camini; il dano più rimarcabile fu nel territorio verso il monte nel quale ancora eccheggiano le voci di que’ miseri nel i precipizij delle case e palaggi nel castello di Asolo non vi è case che non conti qualche fracasso di maniera che non più albergano nelle proprie stanze per li evidente precipitio con la morte di 3 persone”. Come osservato da Mucciarelli & Stucchi nel 2003, l’area interessata dal terremoto del 25 Febbraio 1695 era scarsamente popolata all’epoca, mentre oggi ospita uno dei maggiori distretti industriali del Nordest italiano. Per questo motivo il terremoto è stato recentemente oggetto di una ricerca finalizzata a una rivalutazione complessiva e omogenea dei dati raccolti dagli studi precedenti, il più recente dei quali rispecchia l’aggiornamento delle conoscenze fino al 2006. La bibliografia e le fonti archivistiche note sono state raccolte e riesaminate a fondo. Una ricerca accurata nella storiografia locale degli ultimi venti anni, ha fornito numerose informazioni del tutto nuove, incluso un sostanzioso patrimonio documentario che è stato integrato alle informazioni già disponibili, e con queste reinterpretato insieme agli scienziati Ingv. Insieme a numerosi documenti inediti provenienti dall’Archivio di Stato di Venezia, che in qualche caso arricchiscono sostanzialmente il quadro informativo per alcune località, è stato individuato un documento di sintesi sugli effetti del terremoto del 1695 in una trentina di località della Podesteria di Asolo, che ha consentito di migliorare drasticamente la stima delle intensità, oltre che di arricchire il numero di località documentate. Da questa revisione emerge un quadro di conoscenze sensibilmente migliorato rispetto allo studio più recente (Guidoboni et al.,2007) che forniva informazioni e stime di intensità per 82 località, due delle quali risultate di attribuzione erronea. Il nuovo studio, in corso di pubblicazione, identifica, documenta e stima l’intensità per 107 località, da cui si ricava un quadro di maggior dettaglio per l’area epicentrale e una stima di intensità decisamente più calibrata. Sempre il 25 Febbraio, ma dell’Anno Domini 2015, alla presenza del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, e del Ministro francese per l’Istruzione Superiore e la Ricerca, Genevieve Fioraso, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’Istituto francese di ricerca per l’esplorazione sostenibile del mare (Ifremer) hanno ratificato un accordo bilaterale di collaborazione scientifica. La firma è stata apposta durante il Summit Francia-Italia a Parigi, nel Palazzo Marigny, dove si è discusso di cooperazione scientifica. L’accordo prevede lo sviluppo e la valorizzazione degli Osservatori multidisciplinari sottomarini già esistenti, per studiare gli ecosistemi e la loro biodiversità, preservarla e progettare un utilizzo sostenibile delle risorse terrestri che le profondità oceaniche offrono, riuscendo allo stesso tempo a valorizzare anche l’ambiente costiero. I due Istituti sono inseriti dal 2006 nell’Infrastruttura di ricerca europea Emso (European Multidisciplinary Seafloor and water-column Observatory) stabilita dalla Commissione Europea per l’acquisizione di dati utili allo studio dei processi geologici, geochimici, geofisici e oceanografici ambientali. “Ifremer e Ingv sono grandi Istituti nazionali che nell’ambito delle scienze e delle tecnologie marine hanno conoscenze e competenze complementari e costituiscono da lungo tempo un esempio di eccellenza nella collaborazione scientifica fra Italia e Francia – osserva Stefano Gresta, Presidente dell’Ingv – mi auguro che i giovani ricercatori possano trarre vantaggio da questa fertile collaborazione attraverso progetti e programmi di ricerca comuni”. In effetti è italiana e dell’Ingv, la ricercatrice selezionata a far parte delle oltre 200 autobiografie di donne scienziate nel campo dell’oceanografia, recentemente raccolte in un volume speciale della rivista Oceanography, dal titolo “Women in Oceanography – A Decade Later”. Un’attività di ricerca prevalentemente in mare, dedicata allo studio dei sistemi crostali di natura sia tettonica sia vulcanica, attraverso la correlazione tra dati sismici, geofisici e oceanografici. È con questa motivazione che Tiziana Sgroi, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, è stata selezionata dalla rivista Oceanography (www.tos.org/oceanography/archive/27-4_supplement.html) a far parte degli oltre 200 “sketch” autobiografici di donne scienziate nel campo dell’oceanografia. “È un’immensa soddisfazione sia a livello lavorativo che personale – rivela Tiziana Sgroi – essere una delle due italiane invitata a partecipare a questa iniziativa (l’altra è Sara Pensieri dell’Istituto di studi sui sistemi intelligenti per l’automazione del Consiglio nazionale delle ricerche, Issia-Cnr), mi ha riempito di orgoglio, soprattutto per le implicazioni in termini di riconoscimento dell’attività svolta in un campo che, in generale, in Italia non è ancora ben affermato e sostenuto”. La ricercatrice dell’Ingv è stata invitata a presentare la propria autobiografia a seguito della recente pubblicazione, sulla stessa rivista, dell’articolo “Geohazards in the Western Ionian Sea Insights from Non-Earthquake Signals Recorded by the NEMO-SN1 Seafloor Observatory” (http://dx.doi.org/10.5670/oceanog.2014.51) nel quale si evidenziano le possibili sorgenti di instabilità del fondale del mar Ionio, attraverso l’analisi di dati sismici non associati a terremoti. “Le motivazioni che hanno portato a riproporre questa iniziativa, a 10 anni di distanza dalla stesura del primo volume “Women in Oceanography” (www.tos.org/oceanography/archive/18-1.html) pubblicato nel Marzo del 2005, è abbastanza comprensibile – osserva la ricercatrice – la parità di genere nel mondo della ricerca è un obiettivo lontano dall’essere raggiunto. Nella parte iniziale del volume, una serie di articoli evidenziano quanto siano ancora basse le percentuali di genere femminile nel campo della ricerca a livello mondiale. Negli Stati Uniti d’America la statistica sull’occupazione e la possibilità di carriera in ambito accademico delle scienziate che si occupano di oceanografia, mostra valori del 30 percento nel caso di Assistent Professor e inferiori al 20 percento nel caso di Full/Senior Professor. Inoltre, i dati riguardanti la partecipazione femminile alle campagne oceanografiche dell’Ocean Drilling Program (Odp), cooperazione internazionale nata per esplorare e studiare la composizione e la struttura dei bacini oceanici del nostro pianeta, si aggira intorno al 30 percento. In entrambi i casi, in Europa le percentuali sono più basse, come ad esempio nelle campagne Odp nelle quali la partecipazione femminile è inferiore al 10 percento”. Tre gli elementi in base ai quali Ellen Kappel, Editor della rivista, ha selezionato le autrici delle biografie: dalla sottomissione di articoli scientifici su Oceanography, in qualità di prime autrici, alla partecipazione a conferenze, in qualità di “invited speakers” o “discussion leaders”, fino alla certificazione AGU Fellow. “Questa pubblicazione – rivela la Sgroi – mi ha permesso di raccontare in modo semplice le attività di ricerca multidisciplinare che svolgo, le motivazioni e le sfide che sostengo tutti i giorni”. Può la Fotonica aiutare lo studio dei terremoti? Il 2015, indipendentemente dai brevetti italiani presentati e dalle invenzioni che saranno esposte all’Expo2015 di Milano, è l’Anno Internazionale della Luce e delle tecnologie basate sulla luce (IYL 2015) secondo quanto dichiarato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’Anno della Luce segue l’Anno della Fisica (2005), l’Anno dell’Astronomia (2009) e l’Anno della Chimica (2011), tutti altrettanto Internazionali e strettamente collegati tra loro per l’argomento scientifico celebrato. In attesa di Star Trek XIII, il nuovo capitolo cinematografico della Paramount Pictures sull’universo alternativo della famosa saga di Fantascienza creata da Gene Roddenberry, occorre ricordare alcuni aspetti che rendono interessante per la Fisica e per l’Astronomia il tema della luce: il dualismo onda/particella finalmente smascherato, le righe di Fraunhofer che ci hanno svelato la composizione chimica dell’Universo, il ruolo del “redshift” in Cosmologia. Come la buona visione pre-scientifica di Star Trek e del Dottor Spock, tutte le iniziative che contribuiscono a promuovere la Scienza come Cultura, offrendo occasioni per progetti, eventi e incontri atti a valorizzare la ricerca di base, a spiegarne la stretta connessione con le innumerevoli applicazioni industriali tecnologiche dalle quali sempre più dipendono lo sviluppo della società e il suo benessere, sono benedette. Bene, quindi, che nella dichiarazione dell’IYL 2015 sia stata riservata la giusta enfasi sulle tecnologie fotoniche basate sulla luce: così si rafforza il legame tra la ricerca di base e l’innovazione tecnologica essenziale in Italia per vincere la sfida della crescente competitività internazionale. Le abbuffate gastronomiche non fanno miracoli del tipo “Warp Engine”! Legare ai benefici che produce quella ricerca che molti governanti miopi ignoranti (quelli che si chiedono perché dovrebbero pagare uno scienziato “quando facciamo le migliori scarpe del mondo” o che affermano che “con la Cultura non si mangia”!) considerano inutile nell’era fotonica, al massimo un “divertimento per pochi” principi islamici magari pure Warlords, e non una delle colonne portanti dell’economia e dello sviluppo di un Paese, è semplicemente geniale. Sicuramente non basta l’Expo2015 per fornire agli Italiani l’occasione di aumentare la consapevolezza nei confronti di argomenti interessanti per il futuro dei propri figli e nipoti, per stimolare l’interesse e l’insaziabile curiosità scientifica, degna del Signor Spock, che sono alla base della crescita intellettuale, spirituale e sociale di una Nazione sovrana, libera, e indipendente. Non più soggetta alle guerre, al terrore e alle paure imposte dallo straniero! I veri Politici, invece di distruggere la Costituzione della Repubblica Italiana, sono chiamati a prestare molta più attenzione alla Scienza e alla Tecnologia. Lo facciano almeno nel proprio interesse. Sempre che ne abbiano ancora uno, di fronte ai propri figli e nipoti, degno di essere tutelato e promosso anche in Italia. La luce è senza alcun dubbio, come insegna Albert Einstein che se ne servì per ridisegnare la geometria dello spaziotempo nella sua Teoria Generale della Relatività (1915), una delle cose che apparentemente ci sono più familiari. Eppure non possiamo dire di averne una conoscenza complete. Le sue proprietà e le sue applicazioni continuano a stupire gli scienziati. Con una temperatura superficiale di circa 5500 gradi Celsius, il nostro Sole emette onde elettromagnetiche in un ampio spettro di lunghezze d’onda, dall’ultravioletto all’infrarosso, con il picco nella zona visibile ai nostro occhi umani, quella compresa tra 4000 e 7000 Angstrom, la luce! Essa illumina la biosfera Terra da cinque miliardi di anni, da molto prima che vi si sviluppasse la vita così come la conosciamo, del cui sostentamento ed evoluzione la luce è la protagonista.
La flora ha imparato a farne tesoro per ricavarne energia da trasformare in crescita attraverso la fotosintesi clorofilliana, una meraviglia chimico-fisica che consente di combinare Anidride Carbonica e Acqua per produrre Glucosio, trasformando così l’inorganico in organico. La fauna, con pochissime eccezioni, ha evoluto il senso della vista sviluppando occhi adatti come sensori alle più diverse condizioni ambientali e affidando loro le migliori chance di sopravvivenza. La luce è il nostro principale veicolo d’informazione, sia per le più banali e comuni esperienze quotidiane sia per le nostre ricerche scientifiche più avanzate. È la stessa luce oggetto di studi e di manipolazioni che continuano a sorprendere consentendo sviluppi tecnologici innovativi grazie ai laser. La sua altissima velocità di propagazione (circa 300mila chilometri nel vuoto) ha indotto a pensare che tale velocità potesse essere addirittura infinita e il dibattito sul suo valore è durato secoli, basato su considerazioni e ragionamenti filosofici. A cominciare da Empedocle, fautore della finitezza della velocità della luce, fino a Erone che la credeva invece infinita, proprio come la pensavano Keplero e Cartesio nel XVII Secolo. Ancor prima che fosse risolta la questione della sua velocità, iniziò anche la discussione sulla natura della luce: ondulatoria o corpuscolare? Tra i sostenitori della prima troviamo Aristotele, Cartesio e Huygens. Tra quelli della seconda Democrito, Gassendi e Newton. A differenza della questione riguardante la sua velocità, che si concluse definitivamente a favore di un valore finito (Rømer, 1676), la teoria relativa alla sua natura ha dispensato, con alterne vicende, ragioni a entrambe le parti. Nell’ambito della Fisica moderna, la teoria ondulatoria raggiunse il massimo della sua popolarità quando Maxwell, combinando quattro equazioni, ricavò la descrizione delle onde elettromagnetiche, la loro velocità nel vuoto (uguale per tutte e coincidente con la velocità, ormai nota, della luce) e rese evidente che luce visibile, radiazione ultravioletta e radiazione infrarossa, erano concettualmente la stessa cosa, onde elettromagnetiche che differivano solo per il valore della loro frequenza. Meno di cinquant’anni dopo, Einstein rimise tutto in discussione con la sua spiegazione dell’effetto fotoelettrico, che gli valse il Premio Nobel, portando alla quantizzazione della luce e all’introduzione del concetto di fotone, il quanto di luce.
Oggi, siamo quasi in pace con il fatto che la luce mostri proprietà che sono meglio comprese ricorrendo ora a un comportamento corpuscolare, ora a uno ondulatorio, e ci siamo addirittura convinti che la luce sia onda e particella insieme. Così come lo sono quelle che inizialmente pensavamo fossero solo particelle di materia, ad esempio, gli elettroni. Quindi, preparatevi ai micidiali laser ad antimateria di Star Trek, di tutte le dimensioni possibili e immaginabili, anche orbitali, chissà forse utili per ricucire la faglie tettoniche che oggi provocano devastanti terremoti e maremoti. Preparatevi ai siluri fotonici! Studi del comportamento della luce e, più in generale, della radiazione elettromagnetica, cioè delle sue forme d’interazione con la materia ordinaria e iper-densa (Idrogeno metallico), sono stati spesso premiati con il Nobel. Come nel caso dell’effetto fotoelettrico (Einstein, 1921), del laser (Townes, Basov e Prokorov, 1964), dell’invenzione e sviluppo delle tecniche olografiche (Gabor, 1971), della trasmissione della luce in fibre ottiche (Kao, 2009) e dell’invenzione dei diodi (LED) ad emissione di luce blu che hanno permesso di potenziare e rendere più brillanti le fonti di luce bianca consentendo un contestuale risparmio di energia (Akasaki, Amano e Nakamura, 2014). Innumerevoli sono gli sviluppi tecnologici che sono derivati dagli studi teorici e di laboratorio: la società contemporanea ne è capillarmente imbevuta, con particolare riferimento all’elaborazione e trasmissione delle informazioni (ICT) e delle comunicazioni. Tra le tecnologie innovative sviluppate più di recente, vi è lo sfruttamento del momento angolare orbitale del fronte d’onda, che potrebbe permettere di raggiungere tassi di trasmissione di dati, via fibre ottiche, enormemente superiori a quanto attualmente possibile (fino a 320 Gb/s), così come un potere risolutivo un ordine di grandezza maggiore del limite di diffrazione, in un qualsiasi strumento ottico telescopico già esistente! Tra quelle in via di sviluppo, è di ovvio interesse la costruzione di un computer ottico quantistico. Utilizzare i fotoni anziché gli elettroni, richiede molta meno energia e sviluppa molto meno calore e gas serra. I fotoni si muovono nelle fibre a velocità notevolmente superiore a quella con cui si muovono gli elettroni nei cavi metallici. Un computer ottico, basato su fotoni, ha bisogno però che questi siano in grado di interagire tra di loro modificando reciprocamente il proprio comportamento. E questo, insegna Spock, non è facile. Due fotoni che interagiscono nel vuoto, semplicemente si passano attraverso senza disturbarsi. Ricercatori del MIT, insieme ai colleghi dell’Università di Harvard e dell’Università Tecnologica di Vienna, sono riusciti a costruire un dispositivo dove un singolo fotone controlla un commutatore ottico e quindi permette di gestire la trasmissione di luce. È l’analogo ottico di un transistor, il componente fondamentale di un circuito computazionale. Siamo liberi di pensarla come si vuole in Italia frenando lo sviluppo con l’ignoranza dei politicanti, ma possiamo tranquillamente aspettarci che i fotoni e le fibre ottiche sostituiranno progressivamente gli elettroni e i cavi di rame (oggi letteralmente a ruba!) in un numero sempre maggiore di applicazioni, consentendo ulteriori sviluppi nell’informatica e nelle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, raggiungendo l’universo di Star Trek entro la fine del XXI Secolo. Così come possiamo immaginare che tecnologie oggi ancora ipotetiche se non in uno stato ancora abbastanza primitivo, come quelle relative al volo interstellare a propulsione iperluminare, progrediscano a tal punto da permettere applicazioni pratiche quotidiane per tutti. Anche per gioco. Già, perché le tecnologie basate sulla luce sono sempre più presenti anche nel campo dell’intrattenimento domestico. Non solo grazie ai sempre più grandi televisori ultrasottili a LED che già ora offrono la possibilità di ammirare immagini e film tridimensionali. Ma soprattutto grazie ai concerti olografici dal vivo, impressionanti, dove artisti, anche defunti da tempo, cantano e ballano per compiacere i loro fan. Il primo concerto olografico tridimensionale ha avuto luogo in Giappone nel 2010. Nella Primavera 2014, al Billboard Music Award di Las Vegas in Nevada (Usa), gli spettatori hanno potuto assistere a una performance olografica di Michael Jackson deceduto nel 2009. La tecnica olografica ha permesso a Julian Assange, co-fondatore di WikiLeaks, confinato dal 2012 nell’Ambasciata dell’Equador a Londra, di partecipare a un dibattito con il regista e produttore cinematografico Eugene Jarecki, tenutosi a Nuntacket in Massachusetts (Usa) nel Settembre 2014 e conclusosi con un simpatico tentativo di “darsi il cinque” tra persona reale e ologramma. In attesa della “miracolosa” resurrezione del Signor Spock in moltissimi altri film, in Corea del Sud il Ministro della Scienza, in collaborazione con Korea Telecom, inaugura un teatro concepito per ospitare esclusivamente spettacoli olografici di musica pop, investendo nell’impresa la bellezza di 9,3 miliardi di dollari. Sul sito del Ministero della Scienza, ICT e Programmazione della Repubblica di Corea si legge: “Scienza, tecnologia e ICT: la chiave per un’economia creativa e per un maggior benessere della popolazione”. Questa è la vera crescita, senza toccare la Costituzione, senza abolire i diritti fondamentali della persona. Questa è l’innovazione. La Fotonica.
© Nicola Facciolini
Lascia un commento