È la telefonata che uno non si aspetta. Sabato scorso ero all’aeroporto di Cagliari. In netto anticipo sul volo che mi riporta in continente, mi tuffo nelle appassionate pagine di un libro che sto per terminare.
Non c’è quasi nessuno agli imbarchi. Solo più tardi cominceranno ad arrivare formazioni di pallavolo e calcetto in trasferta nell’isola. Metto in disparte i cellulari per non farmi distrarre troppo.
A un certo punto vedo illuminarsi un display. Compare un nome a me molto noto: Nadia Bizzotto. È la mia amica della Papa Giovanni XXIII, l’associazione fondata da Don Oreste Benzi. Da anni segue un ergastolano ostativo, uno di quelli che ha stampato sul fine pena i numeri 99.99.99, cifre inquietanti che significano mai. Ci siamo incontrati in più di un’occasione e ci siamo confrontati spesso sui temi del carcere.
Hai un attimo per me?, mi viene chiesto dall’altro capo del telefono. Ti devo passare una persona che ti vuole parlare. Sono colto di sorpresa.
Non so che immaginare. Provo a orientarmi, poi ascolto una voce già sentita un’altra volta all’interno del penitenziario di Padova. Volevo farti un saluto da uomo libero. È Carmelo Musumeci, l’ergastolano di cui ho già scritto in questo spazio. So che ti batti tanto per me. Mi sembra un sogno. Mi hanno dato un permesso dalle 9 di questa mattina fino alle 18.
Guardo l’orologio. Sono le 17,30. Sono confuso e un unico pensiero mi assale. Carmelo ha ancora mezz’ora di tempo per stare tranquillo con la sua famiglia e prende il telefono e compone il mio numero. Non ci posso credere. Mi sento un privilegiato. Sono in linea con un ergastolano: un fatto del tutto eccezionale. Sono un uomo fortunato.
Preso dalla commozione, dallo stupore e anche dallo sbalordimento riesco a formulare poche parole. Carmelo prosegue: Là dentro, tra poco, rivivrò gli intensi momenti di oggi. Mi ricordo quando sei venuto a trovarmi, all’interno dell’assassino dei sogni (lui chiama così il carcere,ndr). Te la dovevo questa telefonata, da uomo libero a uomo libero.
Qualcosa sta cambiando. Speriamo.
Sono incredulo. A bocca aperta gli rispondo appena. Sono angosciato dal tempo che dedica a me e sottrae ai suoi cari. Mi vengono in mente le parole scritte al suo rientro dopo l’unico permesso ottenuto in 24 anni di detenzione. Dopo quelle 11 ore per laurearsi, Musumeci fece ritorno dietro le sbarre con il cuore lacerato dallo sbattere dei cancelli che si serravano dietro a lui.
Felice e incredulo, mi sento un prescelto.
Chiudo la comunicazione contento come mai. Rimango imbambolato. Poi scopro la grande novità:Musumeci non è più ostativo.
È un ergastolano resuscitato, come lui stesso scrive il giorno seguente, con la speranza di poter morire un giorno da uomo libero.
Francesco Zanotti
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