Dal profondo Sud dell’Italia a Palo Alto in California, con l’orgoglio delle radici. Emigranti di successo. Il coraggio delle sfide. Con la voglia di fare bene. E di riuscire. Protagonisti due fratelli di Scalea (Cosenza) e un amico di Ginosa Marina (Taranto). Si sono messi insieme ed hanno aperto un ristorante nella Silicon Valley. Affari d’oro. Un successo che ha richiamato l’attenzione della grande stampa, dal New York Times a Repubblica. “Il nostro obiettivo era quello di creare un luogo che sarebbe stato la nostra casa lontano da casa, dove i nostri amici sarebbero venuti per il cibo semplice, la buona compagnia e per divertirsi”. Uno dei tre proprietari, Franco Campilongo, 36 anni, laurea in economia e gestione dei servizi turistici, ha così spiegato al giornalista americano qual è l’ingrediente fondamentale della ricetta vincente. Sentirsi a casa. E così è anche per il nome del ristorant:Terùn. Ha scritto il New York Times: “In piemontese terùn è un termine dispregiativo per i meridionali italiani” ma ha sottolineato che gli intraprendenti imprenditori venuti dalla parte estrema dello stivale “lo indossano come distintivo d’onore”. E Maico Campilongo, 41 anni, studi di ingegneria elettronica e di economia e commercio interrotti per scegliere altre vie (musica, pianobar e politica), ci conferma: “Sì, è proprio così. Noi abbiamo deciso di dare un significato positivo a questo termine, che per anni ha visto i nostri genitori e i nostri nonni paragonati ad una razza inferiore. Usato dai piemontesi o comunque dalla gente del nord, ci faceva male, ci condizionava, tanto che da piccolo cercavo di cambiare il mio accento perché ritenevo che quello meridionale non fosse una cosa positiva”.
La scelta di andare via. “ Tutti e tre -dice Maico Campilongo- siamo arrivati alla conclusione che fosse il caso di provare, seguendo il sogno americano, fiduciosi delle nostre capacità”. L’amara constatazione: “E siamo anche tutti e tre d’accordo sul fatto che la nostra bella Italia, il nostro bel paese, sia un luogo per dinosauri dove il nepotismo la fa da padrone e dove la terribile piaga della corruzione impedisce di andare avanti a chi onestamente fa il proprio lavoro ”. Felici per questa esperienza californiana. “Nella Silicon Valley scopri che essere italiani è motivo di orgoglio e fare cucina italiana dà immense soddisfazioni, perché quando vendi il tuo prodotto vendi anche la tua storia”. La storia appunto. La loro la raccontano così: “Diciamo che ci sono almeno tre storie. Quella di Franco è di aver scoperto un luogo bello del mondo dove poter cominciare una nuova vita e avere la possibilità economica di viaggiare e di fare cose che in Italia non sono possibili. Kristyan D’Angelo, lo chef, invece segue un sogno americano che ha maturato nei suoi viaggi e decide di venire a fare la migliore pizza della California. Maico, infine, ha una visione più politica della sua scelta, nonostante un lavoro a tempo indeterminato in una grossa società del Trentino. Pessimista sulle prospettive in Italia. Anche dal punto di vista economico: non si vedeva per il futuro uno stipendio superiore a 1300 euro al mese”.
Federico Rampini si è occupato dei tre amici e dei loro successi con la buona cucina. Su Repubblica ha scritto: “Da emigrato, nostalgico della cucina italiana, ho rispetto e ammirazione per chi porta qui in America le nostre migliori tradizioni gastronomiche. Eppure c’è probabilmente uno spreco d’investimenti nell’istruzione, se una facoltà di ingegneria sforna degli esperti di software che vanno a fare la pizza in California”. Rileva: “Buon per loro che si divertono nella nuova impresa, e tanto meglio per noi americani che ci guadagniamo un’offerta sempre più ricca e variegata nella ristorazione italiana di qualità. Ma le vicende di questi ragazzi dovrebbero interpellare chi governa l’Italia, costringere la classe dirigente a farsi un esame di coscienza. Dovrebbero esserci fior di indagini promosse dal governo Renzi e dal Parlamento italiano, andando ad ascoltare migliaia di giovani immigrati qui in America, per scandagliare le loro storie personali, capire le loro motivazioni, fare un inventario di tutti gli ingredienti del modello americano che li attirano qui”. E Maico Campilongo commenta: “Quello che sostiene Rampini è vero. Esiste, sì, uno spreco di investimenti nell’istruzione”. E poi aggiunge: “E’ palese che gli stipendi in Italia sono molto inferiori a quelli del resto dell’Europa, e soprattutto dell’America. Il regime fiscale in Italia non supporta troppo le aziende, il costo del personale è molto elevato, ma questo è un discorso lungo e andrebbe fatta un’analisi molto accurata”. Osserva che “la mancanza di un governo stabile non permette di creare delle leggi o rafforzare quelle esistenti per stimolare lo sviluppo economico. Gli ultimi tre Presidenti del Consiglio in Italia non sono stati espressi dal popolo, quindi una terribile mancanza di democrazia”.
In California quali sono stati inizialmente i più grossi problemi?
“Il primo scoglio da superare è stato sicuramente la buona conoscenza della lingua inglese. Indispensabile per trovare un lavoro che ti permette di fare una vita migliore. Sapersi organizzare e adattarsi a tutto. Anche se da cameriere non hai uno stipendio, con il sistema delle mance in California si possono tranquillamente guadagnare più di 5000 dollari al mese. Ovviamente bisogna lavorare duro. Se hai voglia di lavorare l’obiettivo è facilmente raggiungibile”. E ricorda che per la nascita di “Terùn” non è stato semplice “trovare i soldi per poter procedere con l’investimento, ma tutto è stato risolto grazie alla conoscenza e al supporto ricevuto da amici che fidandosi ciecamente di noi hanno contribuito alla realizzazione del nostro progetto”.
Fiducia ben riposta, compiti ben definiti, in base alle competenze maturate. Kristyan D’Angelo in cucina, Franco Campilongo per il settore finanziario e Maico Campilongo customer service commerciale, di fatto la persona che sta di più in mezzo ai tavoli, per dirla in breve, l’oste. Organizzazione ottimale. I risultati non si sono fatti attendere. Il ristorante Terùn è uno dei più frequentati di Palo Alto. Gli italiani d’America presi per la gola, con “la particolare passione per la pizza chef D’Angelo”. Scrive Rampini: “Si mangia una pizza fantastica, mozzarella di bufala e burrata, melanzane alla parmigiana, e tante altre specialità meridionali”. Ed annota: “Incontri lì la “young crowd”, la folla giovane dove pullulano talenti creativi”. La creatività e la voglia di crescere. Maico Campilongo ai giovani consiglia “dopo aver finito la scuola di continuare a studiare” e citando Steve Jobs li invita “ad essere sempre affamati di sapere e vogliosi di imparare, perché qualsiasi esperienza una persona abbia fatto nella propria vita tornerà sicuramente utile in qualsiasi lavoro si cimenterà. Se sei un ingegnere e ti troverai a lavare i piatti, laverai i piatti con le conoscenze di un ingegnere e sicuramente ottimizzerai meglio quello che stai facendo. Impegno costante per maturare esperienza. Un cuoco diventa bravo quando passa molto tempo dietro i fornelli”. E raccomanda di “essere umili, pronti ad imparare e viaggiare, perché solo viaggiando possiamo capire le differenze”.
Avete mantenuto i legami con i luoghi di origine?
“Certo, torniamo almeno una volta all’anno e avendo le nostre famiglie in Italia il legame è molto forte. In ogni viaggio in Italia ci ricorda quanto bella è la nostra patria. E quando torniamo al nostro lavoro. In California, i nostri occhi brillano di orgoglio italiano. Orgoglio italiano che viene trasferito ai nostri clienti.
Domenico Logozzo
I TRE AMICI DEL SUD
KRISTYAN D’ANGELO
Sono nato a Ginosa Marina, in provincia di Taranto, dove ho vissuto fino a sedici anni. Mio padre si occupava della vendita di frutta e verdura all’ingrosso. Mia mamma lavorava in un ristorante come cuoca. Per un bel pezzo le cose sono andate bene. Un giorno però abbiamo dovuto abbandonare la nostra terra ed emigrare ad Asti. Mia madre ha aperto un ristorante e mio padre la pompa di benzina con autolavaggio. Io aiutavo entrambi: la mattina alla pompa di benzina e la sera al ristorante. Quando mia mamma chiuse il locale, mentre continuava l’attività del distributore di carburante, siccome avevo una grande passione per la cucina, decisi di andare a lavorare con un mio amico per imparare a fare la pizza. Mi è rimasta impressa la frase del pizzaiolo napoletano che è stato il mio maestro. Volevo sapere i segreti e i suggerimenti per fare una buona pizza. Lui mi rispose: “ Tu u mestier me l’haia arrubbà”( Tu il mestiere me lo devi rubare). Cosa che ho fatto. Negli anni vissuti ad Asti ho lavorato e ho viaggiato molto. Spesso in vacanza in California. E’ così che mi sono innamorato di questa terra, nonostante il lavoro ad Asti non mi mancasse e nonostante la mia vita fosse piacevole in Italia. Avevo voglia di cambiare aria e così ho maturato l’idea di aprire oltre Oceano una pizzeria. Sono arrivato in California nel 2002 e come tutti ho cominciato a fare lavori più diversi: cuoco, chef, pulizia del ristorante, cameriere. Poi ho conosciuto i miei attuali soci. Abbiamo cominciato a parlare del futuro e messo insieme le idee. Così siamo arrivati a costruire Terùn.
FRANCO CAMPILONGO
Sono nato 36 anni fa nell’ospedale di Maratea, in Basilicata, ma i miei genitori sono originari di Verbicaro, un paese della provincia di Cosenza. Mio padre negli anni Ottanta si trasferisce sulla costa, a Scalea. E’ il periodo del boom economico dell’Alto Tirreno cosentino, con l’edilizia a gonfie vele. Da piccolo frequento la scuola di inglese. Da studente durante l’estate lavoro nei ristoranti e nei bar. Dopo il diploma al liceo scientifico di Scalea mi scrivo alla facoltà di economia e gestione di servizi turistici dell’università di Cosenza, dove mi laureo. Svolgo il servizio di leva, che era ancora obbligatorio, nei carabinieri, fra Reggio Calabria e Vibo Valentia. Una esperienza molto importante che mi maturerà. La voglia di migliorare la conoscenza della lingua inglese mi porta in Inghilterra nel 2002. Nel frattempo un mio caro amico di Scalea apre un ristorante dalle parti di San Francisco, e mi suggerisce di passare tre mesi da lui in California, invece che andare in Inghilterra. Inizio a lavorare come aiuto cameriere, vado avanti e poi in un altro ristorante imparo la gestione operativa. Così nasce il sogno di aprire il ristorante con mio fratello e con il mio amico Kristyan. Gli studi di economia e gestione dei servizi turistici mi portano ad appassionarmi alla gestione e alla organizzazione dell’attività in maniera particolare. Sin da piccolo mi appassiona la bicicletta, la mountain-bike in particolare. Arrivato in California decido di passare anche alla bici da strada. Questa passione unisce, come si dice, l’utile al dilettevole, in quanto anche il ristorante vedrà i benefici del collegamento salute-sport-cibo.
MAICO CAMPILONGO
Ho 41 anni, anche io sono nato come mio fratello Franco nell’ospedale di Maratea, in Basilicata. Fino a sei anni ho vissuto a Verbicaro, poi a Scalea, dove mi sono diplomato al liceo scientifico. Mi iscrivo alla facoltà di ingegneria elettronica all’università di Pisa, ma i risultati non sono ottimi, provo con gli studi in economia e commercio ma mi lascio prendere da altre passioni: la musica, il pianobar e la politica. A Scalea un’esperienza da consigliere comunale durata quattro anni unita all’esperienza di sei anni come consigliere della Banca di Credito Cooperativo di Verbicaro. Papà muratore e mamma casalinga, una sorella che vive in Toscana, laureata in Scienze Economiche e Bancarie. Come mio fratello lavoro durante le estati in ristoranti della costa tirrenica, in particolare con nostro zio proprietario di una pizzeria, nel frattempo altri lavori nel settore commerciale. Dal 1994 al 1995 militare di leva a Pisa nei paracadutisti. Una bella esperienza saltare da un aereo attaccati ad un paracadute. Questo mi porta alla passione per il volo libero in parapendio e quindi ad esplorare anche l’esperienza di un lavoro estivo come pilota biposto. Alla fine degli anni Novanta provo a fare un’esperienza nel campo degli scambi enogastronomici con l’obiettivo di esportare prodotti del sud Italia in tutto il mondo. Forse perché troppo in anticipo sui tempi e probabilmente anche per inesperienza l’avventura fallisce. Così dopo un anno a Torino come cameriere rientro in Calabria e faccio un colloquio con una società del Trentino che si occupa di servizi informativi bancari. Mi assumono nel 2002 e così mi trasferisco a Trento. Dopo quattro anni vissuti molto bene e con un contratto a tempo determinato, un viaggio in California per vacanza mi provoca una sorta di cambiamento di prospettiva. Ammiro l’energia e la positività di questi luoghi. Decido di trasferirmi e di ricominciare da zero. Barista, lavapiatti, aiuto cameriere, cameriere, Assistant manager. E adesso proprietario di Terùn.
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