Il mondo del lavoro è un terreno fertile per le discriminazioni basate soprattutto sulla razza e sull’etnia. È quanto emerge dai dati sulla discriminazione raccolti nel 2014 dall’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e resi noti venerdì scorso nel corso della conferenza stampa “Il lavoro che include”, svoltasi a Milano. Le denunce di discriminazioni, riguardanti i contesti di lavoro, ammontano al 18,8% del totale. Un dato in ascesa, dopo un confortante 2013, che con una percentuale del 16% del totale, aveva fatto registrare una notevole diminuzione, rispetto al 37,7% del 2012. L’infelice primato riguarda per il secondo anno consecutivo i mass media, ai quali sono imputabili il 24,9% delle denunce di discriminazioni totali. Il momento in cui avvengono la maggior parte delle discriminazioni è quello dell’accesso al lavoro, con il 79,7% delle segnalazioni. Anche questo è un dato che fa registrare una crescita rispetto al 2013, che si era arrestato al 71,9%. Gli episodi di discriminazione risultato legati sempre più alla razza, con un incremento di quasi 16 punti, dal 37,7 del 2013 al 53,6 degli ultimi 12 mesi presi in considerazione dallo studio dell’UNAR. In diminuzione invece, le denunce di disparità riguardanti l’età, con un dato che si ferma al 34,9%, rispetto al 47,8% del 2013. Per quanto riguarda la provenienza delle denunce, sono sempre le vittime a presentare la maggior parte delle istanze (il 37,3%), anche se il dato registra un sensibile decremento rispetto alla precedente rilevazione (55,8). Crescono significativamente le denunce provenienti dalle associazioni, che passano dal 18,4 al 27,4 del totale, e quelle provenienti da testimoni (si passa dal 21,2% al 26,6%), che hanno avuto modo di assistere direttamente al comportamento discriminatorio. Infine, quasi quattro vittime su cinque sono di nazionalità straniera.
Luca Marrelli
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