L’Associazione Italiana Degli Psicologi e Degli Psichiatri Cattolici compare tra le proposte di tirocinio presentate dalla facoltà di Psicologia dell’ Univaq per quest’anno e fino al 2020. A soli due giorni dall’omicidio di una ragazza lesbica da parte del padre nel padovano e a poco tempo dal via libera del disegno di “legge Cirinnà” sulle Unioni Civili in Commissione Giustizia, ci troviamo di fatto a dover segnalare l’ennesima disattenzione sul tema dell’uguaglianza delle persone LGBT nella nostra città, che appare totalmente scollata rispetto a quanto avviene nel resto del Paese.
Riteniamo che questa sia stata una mancanza gravissima da parte dell’ Univaq, che se da un lato accoglie la nostra istanza per l’approvazione di un “doppio libretto” per le persone transessuali, dall’altro foraggia un’associazione di professionisti ideologicamente schierati che di fatto portano quelle stesse ragazze e quegli stessi ragazzi ad una morte psicologica quando non anche fisica.
L’ AIPPC, infatti, oltre ad aver foraggiato la fantomatica “teoria del gender”, secondo cui omosessuali e transessuali vorrebbero “scorporare” l’identità sessuale di ognuno nel nome di un chissà quale piano diabolico, va sicuramente menzionata per i suoi trascorsi nell’ ambito delle “teorie riparative”, che già nel 2007 l’allora Presidente nazionale di Arcigay, Aurelio Mancuso, denunciò.
Eppure al funzionario della facoltà sarebbe bastato visitare il sito web dell’associazione per indignarsi di fronte al visibilio verso iniziative come “Un modo di stare al mondo: il proprium di donna e uomo”, in cui si afferma che “nella società attuale la polarizzazione tra ciò che è maschile e ciò che è femminile è messa fortemente in discussione”, anziché di fronte ad articoli come “differenziare non è discriminare”, al cui interno non si fa altro che inveire (cristianamente, si intende) contro lo “scandalo” dell’omosessualità spiegata dentro le scuole, oltre all’immancabile spiegazione dai tratti “lombrosiani” a sostegno della tesi della diversità tra “maschio e femmina”.
Esigiamo che Univaq spieghi alla comunità LGBT di questa città, ai suoi studenti e alle sue studentesse il perché di una tale scelta all’interno del suo piano formativo e prenda provvedimenti., Invitiamo tutti i tirocinanti e i comitati studenteschi che hanno a cuore le sofferenze di chi di omofobia muore, ad indignarsi di fronte ad una tale proposta, che è quanto di più lontano possa esistere dalla laicità di cui una facoltà scientifica dovrebbe farsi portatrice.
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