Dieci punti da cui ripartire per rendere competitiva la ricerca clinica indipendente in Italia. E’ questo il contenuto del documento promosso da Fadoi (Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti) insieme ad altri 50 soggetti tra istituzioni e realtà sanitarie, e rilanciato questa mattina a Roma nel corso di un workshop che si è tenuto nell’aula Santa Maria in Aquiro al Senato e a cui hanno partecipato politici ed esponenti della sanità italiana.
Alla base del convegno, la necessità di rimettere in corsa un settore che nel nostro Paese vive un momento di particolare difficoltà. Secondo alcuni dati dell’Aifa, infatti, gli studi clinici da promotori no-profit sono diminuiti del 56% negli ultimi quattro anni. A questo si collega l’insufficiente ricorso alle procedure e ai bandi internazionali che permettono di ricevere finanziamenti: ad esempio l’Italia ha contribuito con 6 miliardi di euro al Programma quadro dell’Unione europea 2007-2013, ricevendo però risorse per meno di 4 miliardi.
Tra le proposte evidenziate dal documento, messo a punto lo scorso gennaio e presentato anche al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, assume particolare importanza la revisione della normativa nazionale per la ricerca clinica, anche in vista della nuova regolamentazione europea che entrerà in vigore dal 2016. Ne consegue l’esigenza di recuperare la competitività dell’intero sistema di ricerca, compresa quella industriale dunque. Un meccanismo complesso che richiede sinergia tra pubblico e privato ma anche interventi globali, orientati a ottenere una crescita fondata sui principi di semplificazione, armonizzazione e qualificazione.
Questi i dieci punti del documento sulla ricerca clinica da promotori no-profit in Italia:
– Non escludere la possibilità che il risultato degli studi condotti da promotori no-profit possa essere finalizzato e utilizzato a scopi regolatori e per lo sviluppo industriale;
– Introdurre l’obbligo della valutazione del rischio effettivo dello studio;
– Adeguare le polizze assicurative delle aziende ospedaliere e delle Asl;
– Semplificare le procedure di raccolta dati dei pazienti con l’introduzione del consenso informato ai fini della ricerca all’atto del ricovero;
– Applicare un modello di documentazione standard valido e riconosciuto da tutti i comitati etici a cui viene richiesta l’autorizzazione per la realizzazione di uno studio;
– Favorire il lavoro dei comitati etici affidando loro una quota rilevante delle risorse provenienti dalle convenzioni relative agli studi autorizzati dagli stessi comitati;
– Ripristinare le attività di finanziamento che Aifa ha interrotto nel 2012;
– Creare strutture che supportino i ricercatori nelle applicazioni per bandi di ricerca internazionali;
– Realizzare database nazionali a cui possono rivolgersi i ricercatori per acquisire dati funzionali alla loro ricerca;
– Prevedere incentivi fiscali per le strutture no-profit che assumono figure professionali da impiegare nella ricerca. […]
Erika Primavera-Dire
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