Ha la voce interrotta dal pianto Dea quando prova a raccontare la sua storia lunga 36 anni e segnata da violenze fisiche e psicologiche pesanti come macigni. La web sociale Tikotv accende i riflettori sui casi di donne vittime di violenza, quella spesso sottaciuta tra le mura domestiche, la paura di denunciare un compagno, di rimanere sole, senza sapere dove andare. Una tematica che di donne ne accomuna tante, di tutte le età ed estrazione sociale. “Ho portato per sei mesi il collare al collo. Tutti mi dicevano che fai? Non lo lasci? Ti sta ammazzando!” Così Dea, il nome è di fantasia, svela l’inferno dal quale ha avuto il coraggio di fuggire. Di nazionalità albanese, Dea lascia la sua terra in compagnia dell’uomo che diceva di amarla e che in Albania l’aveva sposata. In Italia avrebbe voluto coronare il suo sogno d’amore, una vita più tranquilla e dignitosa ma l’incubo ha inizio subito. E’ sul traghetto che il marito comincia a picchiarla in preda ai fumi dell’alcol. Gli atti di violenza si ripetono quasi tutte le sere. “Lui non voleva che andassi a lavoro, non potevo allontanarmi nemmeno per comprare le sigarette. Rimanevo in casa e ogni sera al suo rientro venivo massacrata di botte. Finchè un giorno i vicini di casa hanno chiamato le forze dell’ordine.”Esasperata Dea decide di scappare dal suo carnefice e, nonostante la famiglia fosse lontana, affida il suo destino ad una assistente sociale che le offre aiuto umano, prima ancora che professionale.
Riesce così a guardare avanti, a medicare le ferite di un dolore stratificato nel tempo, a rimettersi in gioco, ritrovando anche la fiducia nell’amore che sembra arrivare qualche anno dopo. Lui appare agli occhi di tutti una brava persona e anche Dea lo guarda con occhi carichi di speranza. Non poteva immaginare quale altro duro colpo le stava per riservare ancora la vita. Una reazione inaspettata come un pugno all’improvviso in pieno volto. Alla notizia che sarebbe diventato padre il nuovo compagno la offende e la lascia a piedi per strada. “Non ne voglio sapere. Devi abortire.” Parole fendenti come lame che riaprono una ferita che sembrava ormai cicatrizzata. A quel punto Dea non sa dove sbattere la testa, incinta e sola come un cane, rimane addirittura alcune notti per strada in compagnia di una sola consapevolezza: avrebbe portato avanti la sua gravidanza, ad ogni costo!
La vita così dura le dona un figlio che partorisce e cresce da sola, grazie all’aiuto di chi ha scelto di dedicare la sua esistenza al prossimo. Oggi Dea, dopo aver trovato un nido in seno ad una casa famiglia, vive sola con il suo bimbo e lavora per garantirgli il meglio “E’ lui la mia vita. Farò di tutto per non fargli mancare nulla e soprattutto per educarlo al bene” Ci dice in un sorriso strozzato dalle lacrime. Una storia che va oltre la storia. Un nuovo inzio, non affatto scontato se Dea non avesse trovato la forza di proseguire il cammino quando tutto il resto del mondo sembrava voltarle le spalle ma in grembo c’era la vita, che ritorna sempre.
Daniela Braccani
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