Cannes scalda i motori e si prepara a far giustizia della scarsa attenzione alle donne anche nel cinema, a raccogliere le parole dure ed amarissime di Patricia Arquette durante gli ultimi Oscar e a valutare, come si deve, autrici ed attrici brave e marginalizzate.
Come scrive Gloria Satta su il Messaggero, la 68° edizione del Festival di Cannes, che parte il prossimo 13 maggio, fa largo alle donne ed anche se i registi continuano ad essere la maggioranza, quest’anno a tenere banco saranno le storie e i personaggi femminili protagonisti dei film più attesi, mentre il glamour verrà incarnato più che mai dalle attrici pronte a sfilare sul red carpet.
Al nuovo corso ”in rosa” va ascritta la presenza del colosso del lusso Kering guidato da François-Henri Pinault e fresco partner del Festival, che annuncia dieci incontri sul tema delle donne nel cinema e il premio Women in motion e l’apertura con il film La Tête haute, diretto dalla regista, Emmanuelle Bercot, e che ha come protagonista Catherine Deneuve nel ruolo di un giudice dei minori.
Altra grande settantenne presente Jane Fonda, che nel film in concorso di Paolo Sorrentino Youth-la giovinezza, interpreta una diva 81enne, arrivata da Hollywood per incontrare il famoso regista interpretato da Harvey Keitel in un’enorme sala da ballo arredata con candelabri e un tavolo da ping pong.
Più giovane di un decennio, nata nel 1953, al Festival più cinefilo del mondo ci sarà anche Isabelle Huppert, protagonista di ben tre film: Louder than Bombs, Valley of love, Asphalte, mentre l’altra sessantenne Isabella Rossellini, reduce dalle riprese di Joy accanto a Robert De Niro, presiederà la giuria del Certain Regard e parteciperà all’omaggio per il centenario della madre Ingrid Bergman, che campeggia sul manifesto del Festival.
Fuori concorso Natalie Portman porta il suo esordio alla regia: Une histoire d’amour et de tenèbres, da un romanzo di Amos Oz, in cui si è ritagliata il ruolo della madre dello scrittore.
Sempre fuori concorso la bravissima giapponese Naomi Kawase, mentre concorrono alla Palma D’Oro le due registe francesi : Valérie Donzelli (Marguerite & Julien) e la a Maïwenn (Mon roi).
Donne ancora al centro dei film italiani: quello già ricordato di Sorrentino, quello di Moretti dedicato alla madre alla sua versione al “femminile” ed infine Il Racconto dei racconti di Garrone ispirato alle favole seicentesce di Basile, con Salma Hayek che una regina disposta a tutto pur di avere un figlio, anche a mangiare il cuore sanguinante di un drago.
Anche Allen ci parla di donne e riconfermando Emma Stone come sua musa di oggi presenta in anteprima mondiale Irrational Man, storia di una l’allieva-confidente (e forse qualcosa di più) di una smarrito prof di filosofia interpretato da Joaquin Phoenix. Emily Blunt in Sicario fa una tostissima agente della Cia impegnata contro in narcos messicani, ma il film che farà certo più discutere è Much loved di Nabil Ayouch, su un gruppo di prostitute marocchine, assieme al documentario Amy, decicato a Amy Winehouse, già stato sconfessato dalla famiglia.
Se le donne reclamano il loro spazio nel mondo della celluloide, i docenti voglioni essee i veri protagonisti della scuola.
Ieri Renzi è stato contestato a Bologna da un gruppo di docenti, scontenti per il premier Il premier ha legato ancora una volta il DDL alle assunzioni.
C’è un’atmosfera molto tesa attorno a questa delicata riforma che lui spera di far passare entro oggi e sempre a colpi di maggioranza.
“So che ci sono persone che mi vogliono contestare sulla scuola e sono pronto a incontrare chiunque ma libertà è rispondere con un sorriso a chi contesta e dire che non ci facciamo certo spaventare da tre fischi: abbiamo il compito di cambiare l’Italia e la cambieremo, di non mollare e non molleremo”.; ha detto ieri Renzi al Festival de l’Unità di Bologna.
Intanto domani è stato confermato lo sciopero dei docenti in dissenso alla riforma, mentre nella VII Commissione Cultura alla Camera si votavano gli emendamenti che dovrebbero “correggere” alcune storture del disegno di legge: la questione del POF triennale, la riduzione dei poteri dei dirigenti-padroni e la scelta degli insegnanti.
Ad essere stato accolto è un emendamento di Coscia che chiarisce che il POF diventa triennale con possibilità di ritocchi annuali. Un altro sembra limitare, seppur parzialmente, il potere dei dirigenti-padroni: a gestire il POF non sarà soltanto il preside, ma il Collegio dei Docenti per quanto riguarda l’elaborazione e il Consiglio d’Istituto per quanto riguarda l’approvazione. Fumata nera, invece, per quanto riguarda uno dei nodi più controversi, la possibilità da parte del Dirigenti Scolastici di scegliere gli insegnanti.
La ministra Giannini, responsabile della riforma, ha definito “squadristi” i contestatori, mentre Renzi ha optato per l’ironia: va bene fischiare, ma, se la riforma della scuola non passa, ai docenti non resterà altro da fare che continuare a fischiare perché salteranno le 100mila assunzioni che sono da considerarsi contestuali all’intero impianto.
Un modo piuttosto ricattatorio che dimostra che il premier è piuttosto nervoso, anche perché i sindacati hanno risposto sottolineando come il premier perseveri in un atteggiamento antidemocratico e da “uomo solo al comando”, come è accaduto con l’Italicum e il Jobs Act, senza ascoltare le critiche e le controproposte che arrivano dal basso e dalla società civile.
Scrive la Repubblica che L’idea che ha in mente Renzi è quella di rilanciare la scuola assegnando più potere ai dirigenti scolastici. Tra le competenze del capo d’istituto è prevista la compilazione del Piano triennale dell’offerta formativa della scuola – il documento politico-organizzativo dell’azione educativa – che svuota gli organi collegiali di importanti poteri deliberanti. Passa nelle mani del capo d’istituto la valutazione dei docenti neo immessi in ruolo e toccherà sempre al dirigente scolastico premiare, con un corrispettivo in denaro, gli insegnanti più bravi. Il preside dell’era Renzi potrà inoltre scegliere i docenti dagli albi territoriali in cui verranno piazzati i 100mila nuovi assunti e potrà “strappare” alle altre scuole i docenti migliori.
Ma la più parte dei docenti non si fida affatto delle qualità e della libertà di giudizio dei propri dirigenti e teme che nelle nuove modalità di finanziamento, nonostante la quota perequativa del 10 per cento prevista dal disegno di legge, si accentuino i divari tra scuole frequentate dalle élite e gli istituti ubicati in contesti disagiati.
Inoltre, come è noto, uno dei punti centrali riguarda l’edilizia scolastica, con un piano di spesa di 4 miliardi in quattro anni per riqualificare 36mila edifici non in regola.
Il governo non ha chiarito da dove prenderà questi soldi e intanto, dopo un anno di governo Renzi, soffitti ed infissi continuano a cadere.
Ancora, tra le polemiche di coloro che non vorrebbero che lo stato finanziasse neppure con un euro gli istituti privati, arriva la detraibilità delle spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie – dell’infanzia e del primo ciclo – con un tetto massimo di 400 euro ad alunno per anno. Uno scherzetto che costerà alla collettività 100 milioni di euro all’anno e si aggiungerà ai 472 milioni erogati ogni anno al sistema scolastico non statali.
Infine non sono chiari i criteri premianti e meritocratici per i docenti più attivi, efficaci e migliori e si teme, come sempre in Italia, che benefit e carriere siano decisi da amicizie e cordate, piuttosto che da meriti e valori.
C’è poi il problema della rivalutazione delle pensioni, con la Corte Costituzionale che si è detta contraria al blocco della rivalutazione delle pensioni voluto dal Governo Monti ed ha ha messo al lavoro i tecnici di palazzo Chigi. Secondo quanto scrive Il Corriere dell Sera, una delle ipotesi sarebbe quella di cominciare a rimborsare i pensionati con gli assegni più bassi, provvedendo più avanti per gli altri. Una sorta di rimborso a rate.
Il quotidiano di via Solferino parla anche di un piano del governo contro la povertà, una sorta di reddito di cittadinanza per chi è sotto la soglia degli 8.000 euro annui. Tuttavia, proprio la sentenza della Consulta, con le sue conseguenze economiche, rischia di far tramontare il piano prima ancora della sua nascita.
Non sarà semplice per il governo trovare i fondi necessari per attuare la riforma delle pensioni, a causa della sentenza numero 70 della Corte Costituzionale, che ha bocciato la norma della Legge Fornero che prevedeva il blocco delle indicizzazioni per le pensioni superiori a 2,8 volte l’assegno sociale (1.500 euro circa).
La decisione della Consulta potrebbe avere effetti disastrosi sulle casse pubbliche: il ministro dell’Economia Padoan non ha smentito ne confermato le voci circolate in questi giorni, che parlavano di un rimborso dovuto compreso, complessivamente, tra i 5 e i 10 miliardi di euro, spiegando di voler prima studiare dettagliatamente la situazione.
Intanto l’Espresso fa il conto in tasca ai parlamentari e dimostra che questi, dall’inizio della Repubblica ad oggi, hanno decuplicato i loro stipendi in barba alla crisi e alle difficoltà del Paese (vedi: http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2014/05/21/news/cosi-i-parlamentari-sono-diventati-milionari-1.166241) .
Fra le altre cose, Questo aumento degli stipendi ha prodotto effetti a cascata anche sugli enti locali. Perché se gli eletti nelle Camere si sono agganciati ai magistrati di Cassazione, i consiglieri regionali hanno fatto altrettanto con i parlamentari. E ogni ritocco all’insù sancito dall’Istat è costato miliardi e miliardi di lire a tutta la collettività.
Carlo Di Stanislao
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