In Italia 200 giornali rischiano di chiudere. Tradotto: 200 voci libere si spengono, 3000 giornalisti, grafici e poligrafici perdono il posto di lavoro, 300 milioni di copie di giornali scompaiono, milioni di contenuti multimediali e pagine web si dissolvono nel nulla. E ancora:l’informazione si concentra in mano a pochi potenti gruppi editoriali,l’indipendenza non è garantita, lo Stato ci rimette non solo in termini democratici, ma anche economici, dovendo pagare gli ammortizzatori sociali e privandosi delle entrate fiscali legate ai media.
Questo è il quadro da cui parte la campagna ‘Meno giornali meno liberi’, in cui Alleanza delle Cooperative Italiane Comunicazione, Mediacoop, Federazione Italiana Liberi Editori, Federazione Italiana Settimanali Cattolici, Federazione Nazionale Stampa Italiana, Articolo 21, Sindacato Lavoratori della Comunicazione CGIL, Associazione Nazionale della stampa Online, Unione Stampa Periodica Italiana si sono stretti per sollecitare il Governo e il Parlamento per far approvare misure urgenti per salvare le testate.
La prima mossa è il manifesto-appello che potete trovare qui.
In caso di chiusura di tante testate, i costi per lo Stato sarebbero largamente superiori al valore del Fondo per il contributo diretto all’Editoria, individuabile, per il 2015, in circa 90 milioni di euro.
La Carta fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea impegna ogni Paese a promuovere e garantire la libertà di espressione e di informazione: lo Stato Italiano è, oggi, però, agli ultimi posti in Europa per l’investimento pro capite a sostegno del pluralismo dell’informazione. L’investimento attuale è, infatti, pari ad una cifra irrisoria del Bilancio dello Stato.
Per saperne di più proposte in discussione relative ad alcune linee fondamentali da suggerire al Governo e al Parlamento per la Riforma del settore potete consultare questo blog.
Attori, giornalisti e politici hanno già firmato. Per vedere chi sono i sostenitori della campagnaclicca qui.
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