L’Aquila. Dopo tre giorni di festa senza precedenti, L’Aquila si risveglia dalla sbornia dell’Adunata Nazionale degli Alpini. Un’esplosione di gioia e vitalità che ha travolto la nostra città quasi inaspettatamente. Erano tanti infatti i dubbi che aleggiavano intorno a questa manifestazione alla vigilia dell’Adunata, legati soprattutto alla capacità di una città terremotata, ancora vistosamente ferita a sei anni dal sisma, di sostenere un’ondata di centinaia di migliaia di Alpini, che per tre giorni avrebbe letteralmente invaso le sue strade. Alla fine della “fiera”, possiamo ben dire che L’Aquila ha vinto una delle sfide più importanti della sua storia recente e che il governo cittadino, con il preziosissimo ausilio della struttura amministrativa ed operativa preposta appositamente all’organizzazione e alla gestione dell’evento, si è rivelato, quasi inaspettatamente, all’altezza della situazione, chiudendo la bocca ai tanti, troppi critici, che già mesi prima dell’Adunata recitavano il De Profundis di città e amministrazione.
In questi tre giorni di festa si è parlato di “rinascita della città”, di “primo momento collettivo di gioia del post-terremoto” e di “clima mai respirato all’interno delle nostre mura”. Per una volta, sembrava quasi di non essere a L’Aquila, una città che anche prima del terremoto, diciamolo, non era abituata a questo tipo di entusiasmo. Se infatti la grandissima vitalità portata dagli Alpini era in qualche modo preventivabile, alla luce delle Adunate precedenti, quello che ha realmente stupito è stata la risposta degli aquilani, che per una volta hanno messo da parte la cronica criticità e lo scetticismo che li contraddistinguono, per lasciarsi trascinare incondizionatamente dall’onda della festa e dall’entusiasmo delle penne nere.
Questo grande successo dell’Adunata Nazionale degli Alpini però, non può essere soltanto un momento di celebrazione, ma deve indurre necessariamente anche ad iniziare una riflessione. È possibile ricreare in futuro, nella nostra città, la straordinaria atmosfera di questi tre giorni? Occorre necessariamente un evento di caratura nazionale per riportare la gioia all’interno e all’esterno delle mura cittadine? Oppure è possibile ottenere lo stesso risultato anche sfruttando le ricorrenze legate alla tradizione locale?
Ci riferiamo in particolar modo alla più importante festa cittadina, che si svolge ogni anno: la Perdonanza Celestiniana. Una manifestazione dall’altissimo valore religioso, della quale però non si sfruttano mai a pieno le potenzialità e che alla fine si risolve quasi sempre in un “fiasco”, oppure nella solita monotona “festa di Paese”, che mal si adatta ad una realtà comunque più grande come quella dell’Aquila. In un anno importante per la cristianità, vista la concomitanza con il Giubileo appena proclamato da Papa Francesco, sull’onda del successo dell’Adunata Alpini, l’amministrazione cittadina potrebbe iniziare a riflettere sulla possibilità di adottare le stesse metodologie di organizzazione sperimentate per il raduno degli Alpini, anche per questa importante manifestazione cittadina, ovviamente facendo le dovute proporzioni (inevitabilmente non si raggiungeranno i numeri dell’Adunata) e i conti con la ristrettezza dei tempi (la Perdonanza è prevista per la fine di Agosto).
Potrebbe non essere peregrino, in questo senso, pensare di uscire dalle solite logiche politiche, che inducono ad affidare la gestione dell’evento all’esponente di questo o quel partito e valutare la possibilità di “appaltare” la stessa ad un comitato esterno, magari presieduto da un singolo “General Manager”, avulso dal gioco politico e dotato delle necessarie doti professionali ed umane per ricoprire il ruolo di cui si parla con competenza ed entusiasmo, al fine di trascinare la città alla vittoria anche di questa nuova affascinante sfida.
Del resto, se L’Aquila con l’Adunata è veramente resuscitata, non vediamo il motivo per cui non si debba tentare di cavalcare l’onda di allegria, per prolungare questa ritrovata vitalità, oltre i tre giorni dell’Adunata, mediante l’utilizzo delle stesse tecniche amministrative. Gli aquilani reclamano a gran voce una città viva, ed è dovere di chi governa, per quanto possibile, accontentarli.
Luca Marrelli
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