I prodotti agroalimentari pugliesi sono gli ambasciatori del territorio nel mondo, alfieri di quel made in Puglia che tanto affascina popoli e culture anche molto diverse dalla nostra. Proprio della portata strategica del comparto agroalimentare, per l’intera economia pugliese, si è parlato di recente presso la masseria didattica Terre di Traiano, in quel di Andria. L’occasione è stato un workshop dal titolo eloquente, “Dalla Puglia al mondo: sulle rotte dell’agricoltura e del cibo”, organizzato dall’associazione ‘A_tratti’ in collaborazione con il Gal ‘Le città di Castel del Monte’. Un focus sull’export dei prodotti pugliesi, quindi, con uno sguardo all’evento dell’anno, l’Expo di Milano 2015.
Fra gli autorevoli relatori intervenuti, Francesco Lenoci – docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e vicepresidente dell’Associazione Regionale Pugliesi del capoluogo lombardo – non ha usato mezzi termini: “La Puglia sta camminando, ma – ammonisce – non è sufficiente, bisogna cominciare a correre”.
Nelle sue parole, il Tacco d’Italia rischia di essere la ‘Cenerentola’ dell’Expo, “perché – dice Lenoci – la presenza della Regione, in Expo e fuori Expo, è insufficiente”. “Non c’è il pane pugliese, non c’è il vino pugliese, non c’è il nostro olio, non ci sono le nostre tradizioni, proprio in questo momento – tuona il docente – in cui tutto il mondo è a Milano”.
Lenoci ha bollato il ritardo accumulato come “un errore blu”. Secondo quanto riferisce, la Regione sarà in Expo solo per la terza settimana di agosto, e tuttavia, sottolinea che “questa è un’occasione irripetibile, e se non lo facciamo – sentenzia – non ce lo perdoneranno i nostri figli”.
In un periodo in cui l’economia arranca e solo timidi segnali di ripresa si affacciano all’orizzonte, l’export diventa una strada non secondaria. Dal 2008, da quando cioè quando la peggiore crisi economica dopo quella del ‘29 ha stretto la sua morsa sulle economie occidentali, la domanda interna ha subito una flessione al ribasso. La strada che porta verso i mercati esteri, quindi, diventa non una complanare, ma un’arteria principale da imboccare senza se e senza ma.
Quali sono gli accorgimenti che un’impresa dovrebbe avere nella competizione globale? A illustrarli è stato Livio Spadavecchia, attuale capo della missione diplomatica italiana nella Repubblica Dominicana, che vanta una significativa esperienza a servizio della Farnesina.
“Oggi non si può più vivere nella dimensione nazionale”, riferisce il diplomatico, anche con riferimento alle Pmi (le piccole e medie imprese). Due sono gli ingredienti che spesso mancano nella ricetta delle aziende italiane: “una comunicazione efficacie, rivolta al target”, da un lato; “la capacità di sapersi integrare, fra pubblico e privato”, dall’altro.
Si tratta di fattori “molto importanti che – dice Spadavecchia – consentono di avere un miglior accesso ai mercati”.
Insomma, se la comunicazione è l’anima del commercio, secondo un noto adagio, occorre adeguarla ai potenziali clienti, senza trascurare il ‘life style’ che gli italiani hanno saputo diffondere. Comunicazione e cultura, quindi, devono viaggiare di pari passo.
Che proprio la comunicazione sia il crocevia fra il successo di un affare o il suo fallimento, lo confermano i casi in cui anche gli episodi che hanno appannato l’immagine di alcune aziende sono stati utilizzati per “respingere e vanificare il marketing negativo”. “In Cina ho avuto l’esperienza di mobilifici e compagnie di navigazione che hanno saputo farlo”, spiega il diplomatico.
Gli altri due relatori hanno posto l’accento su profili diversi dell’internazionalizzazione. Michele Loizzo, commercialista esperto nel settore, ha illustrato il “Piano straordinario per il rilancio internazionale dell’Italia, che prevede iniziative anche all’estero”. Si tratta di misure che puntano “all’accelerazione dei percorsi di internazionalizzazione in entrata, quelli che attraggono investimenti e turismo, nonché – commenta Loizzo – di quelli in uscita, che spostano la bilancia commerciale sull’export”.
Una disamina sui marchi e sulla relativa tutela, invece, è stata offerta dall’avvocato Dimitri Russo, “perché – evidenzia l’esperto di proprietà industriale e intellettuale – conoscere i requisiti che un marchio deve soddisfare è fondamentale per evitarne il plagio e tutelarlo dalla concorrenza sleale”.
Cenzio Di Zanni
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