Cerimonia di inaugurazione della Scuola Europea di Alta Formazione, sabato 30 maggio a Sulmona, alle 11.00, alla Sala conferenze del Parco Nazionale della Majella – Abbazia di Santo Spirito al Morrone.
In Italia circa 12 milioni di persone soffrono di dolore cronico. La maggior parte sono donne. Solitamente si è portati a pensare che questo problema riguardi soltanto i malati di tumore, ma al contrario sono tantissime le patologie afflitte da dolore persistente come l’emicrania cronica, la endometriosi, herpes zooster (fuoco di Sant’Antonio), esiti di interventi chirurgici. Ognuna di queste può ottenere benefici utilizzando terapie dedicate alla cura del dolore: terapie che utilizzano anche farmaci quali gli Oppiacei e i Cannabinoidi , capaci di alleviare il dolore e contribuire molto ad ottenere una migliore qualità di vita. Eppure, in questo campo, nonostante il Parlamento abbia approvato all’unanimità una Legge (38/2010 ) per garantire a ogni cittadino le terapie necessarie, l’Italia ha ancora molti limiti nel loro utilizzo.
I dati Ue parlano chiaro: siamo negli ultimi posti in Europa nel consumo pro-capite di farmaci analgesici oppioidi e cannabinoidi , anche se i dati lasciano intravedere una nuova tendenza promettente per il loro uso corretto; in contrasto con questa scarsa appropriatezza farmaceutica siamo al primo posto nel consumo pro-capite di farmaci Fans, ovvero antinfiammatori non steroidei; l’uso prolungato di questi ultimi però, oltre a essere meno efficace in gran parte delle malattie dolorose croniche , può produrre gravi danni a carico dell’apparato digerente, al fegato, oltre ad aumentare il rischio di insufficienza renale e di complicazioni cardiovascolari (ictus, infarto miocardico). Insomma, l’Unione Europea ci dice: curate male il dolore cronico! Ma non è l’unico Ente a sostenerlo. Secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute, infatti, il 40 per cento dei 12 milioni di italiani che soffrono di dolore cronico afferma di non avere cure adeguate perché non sa a chi rivolgersi. La colpa? Della scarsa informazione, anche da parte dei medici. Basti pensare che chi attualmente esce dalle Scuole di Medicina, in Italia, non ha una competenza e una conoscenza specifiche in materia, poiché la materia è stata finora prevalentemente appannaggio degli anestesisti e non esiste, dopo l’università, una specializzazione ad hoc.
A prodigarsi per la divulgazione della terapia del dolore, degli aspetti scientifici e delle applicazioni cliniche, è la Fondazione ISAL Onlus – Istituto di Scienze Algologiche diretta dal professor William Raffaeli, nata nel ‘93 a Rimini, che da anni si occupa della ricerca scientifica ma soprattutto della formazione dei medici. Attualmente, l’80 per cento degli specialisti italiani che operano nei Centri di Terapia del Dolore si è, infatti, formato presso la sede ISAL di Rimini.
Ed è proprio per proseguire ed ampliare tale attività che ISAL, in particolare grazie al vice-presidente della Fondazione, professor Gianvincenzo D’Andrea, ha deciso di aprire una sede in Abruzzo per portare avanti un progetto di formazione europeo, con corsi in lingua italiana e inglese, rivolto a medici di tutta Europa.
La Scuola sarà intitolata al professor Giovanni Leonardis, abruzzese, scomparso quattro anni fa, padre della Terapia del Dolore in Italia. La scuola nasce grazie al sostegno economico del manager Alberto Leonardis.
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