Come conquistare la Liguria in soli due mesi e in poche semplici mosse. Fino a sessanta giorni fa il centrodestra che oggi ha brindato alla vittoria di Giovanni Toti era dato per spacciato dalla Spezia a Ventimiglia. L’Ohio d’Italia, com’è stato ribattezzato questo territorio stretto tra mare e monti, è da sempre considerato una roccaforte della sinistra. Tanto che la vittoria di Sandro Biasotti 15 anni fa, col passare del tempo, è stata derubricata a semplice incidente di percorso. Nel 2005, infatti, è iniziata l’era di Claudio Burlando (ex Pci e uomo forte della sinistra genovese) al vertice di piazza De Ferrari; e quando la sua “delfina” Raffaella Paita, nel marzo del 2014, ha deciso di candidarsi alle primarie tutti hanno pensato che lo scettro del potere sarebbe passato automaticamente a lei. O, alla peggio, a chi l’avesse battuta alle primarie. Questa convinzione era così radicata che persino un pezzettino di opposizione, il Nuovo Centro Destra oggi alleato di Toti, aveva invitato a votare Paita nella competizione interna al Pd, per evitare che il governo della Regione fosse troppo sbilanciato a sinistra. Insomma per molti – anche a destra – già con le primarie di gennaio si sarebbe scelto il futuro governatore. E invece così non è stato. Il 12 gennaio, giorno dopo la vittoria di Paita sull’avversario Sergio Cofferati (che poi ha lasciato il partito) il centrodestra ligure era a pezzi.
A poche settimane dalle elezioni (si pensava che si sarebbe andati a votare a marzo) non c’era neppure un candidato. E così, proprio quel giorno, un po’ a sorpresa, è sceso in campo Edoardo Rixi, vicesegretario federale della Lega Nord e consigliere regionale. “O mi appoggiate o vado da solo”, aveva detto chiaro e tondo l’esponente del Carroccio agli alleati di Forza Italia (visto che Ndc ancora flirtava col Pd). Ma tra gli azzurri, all’epoca accreditati ai minimi storici in Liguria (si parlava di percentuali sotto il 10%), l’appoggio a Rixi veniva vissuto come un rischio troppo alto. “Non possiamo appiattirci sulla Lega”, dicevano tutti a cominciare dal coordinatore ligure di Forza Italia Sandro Biasotti. E così i berlusconiani si sono messi alla ricerca di un proprio candidato, anche di bandiera, ma possibilmente pescato fuori dai confini del partito. A quel punto è iniziata la girandola di nomi (da Federico Garaventa a Ilaria Cavo, oggi nel listino di Toti) e con i giorni che correvano veloci e il voto dietro l’angolo il centrodestra sembrava destinato ad andare diviso e perdente al voto. Poi però sono successe due cose: le elezioni fissate il 31 maggio, che hanno dato un po’ di tempo in più a Forza Italia per organizzarsi, e la spaccatura a sinistra con la candidatura, il 23 marzo, di Luca Pastorino in antitesi a Raffaella Paita. A quel punto, qualcuno, a destra ha capito che si era aperta qualche chance in più per giocarsela o almeno per perdere onorevolmente.
Forza Italia, dopo aver “bruciato” 4 o 5 aspiranti candidati, ha deciso di rischiare il tutto per tutto mettendo sul piatto Giovanni Toti. Era la fine di marzo e il nome del consigliere politico dell’ex Cavaliere sembrava più un tentativo disperato di forzare la mano col possibile alleato leghista che una decisione ponderata. Il primo aprile, però, Matteo Salvini, nonostante un mese prima avesse detto a Genova che mai la Lega Nord avrebbe fatto fare un passo indietro a Edoardo Rixi, si è giocato la parola data e ha scelto l’alleanza e il sostegno a Toti. Il consigliere politico di Berlusconi, da parte sua, ha subito assunto il ruolo di federatore, quello che aveva fatto 5 anni prima Burlando, quando era riuscito a mettere insieme una coalizione enorme, che andava da Sel all’Udc. Toti nel giro di pochi giorni è riuscito ad arruolare praticamente tutto il centrodestra ligure a parte Enrico Musso, prendendosi persino il Nuovo Centro Destra e mettendolo in coalizione con la Lega. Sono bastati due mesi di campagna elettorale molto politica e molto contro per riuscire a battere Raffaella Paita, che da oltre un anno girava la Liguria per presentare il proprio programma e consolidare consensi. Le polemiche, soprattutto a sinistra, hanno pesato più dei programmi. Senza contare che una vocazione maggioritaria del Pd, con una legge elettorale come quella ligure e almeno tre diversi poli in campo (centrodestra, Pd e Movimento 5 Stelle), era davvero impraticabile in questa regione, uno degli ultimi avamposti bersaniani (se così si può ancora dire) nonostante la conversione al renzismo di quasi tutta la giunta e di gran parte del governo regionale.(Dire)
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