I cittadini stranieri che regolarmente soggiornano nel nostro territorio hanno tutto il diritto di poter prestare il servizio civile nazionale. “Una loro esclusione appare di per se’ irragionevole”. Lo ha stabilito la Consulta che, con la sentenza n.119 depositata oggi, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n.77 del 2002 nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell’ammissione allo svolgimento del servizio civile. Il caso, sollevato dalle sezioni unite civili della Cassazione, nasceva dall’iniziativa di un cittadino pachistano che, assieme all’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) e all’Apn (Avvocati per niente Onlus), aveva denunciato la natura discriminatoria del bando, pubblicato il 20 settembre 2011, per la selezione di volontari da impiegare in progetti di servizio civile. Bando che prevedeva, per l’appunto, il possesso della cittadinanza italiana tra i requisiti e le condizioni di ammissione.
Ricorda la Consulta che il servizio civile ha subito nel tempo una profonda trasformazione, passando da originaria prestazione sostitutiva del servizio militare di leva a istituto a carattere volontario, al quale si accede per concorso pubblico. “L’ammissione al servizio civile – si legge nella sentenza – consente oggi di realizzare i doveri inderogabili di solidarietà e di rendersi utili alla propria comunità, il che corrisponde, allo stesso tempo, ad un diritto di chi ad essa appartiene”. Il dovere di difesa della Patria “non si risolve soltanto in attività finalizzate a contrastare o prevenire un’aggressione esterna, ma può comprendere anche un’attività di impegno sociale non armato”, che comprende “anche la prestazione di servizi rientranti nella solidarietà e nella cooperazione a livello nazionale ed internazionale”. Dunque “è irragionevole” escludere i cittadini stranieri specie se si considera che “l’estensione del servizio civile a finalità di solidarietà sociale nonché l’inserimento in attività di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, concorrono a qualificarlo, oltre che come adempimento di un dovere di solidarietà, anche come un’opportunità di integrazione e di formazione alla cittadinanza”.
E visto che “il godimento dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano” e’ riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato (articolo 2, decreto legislativo n.286 del 1998), escludere questi ultimi dalla possibilità di prestare il servizio civile nazionale “impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di utilità sociale e di sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune, comporta – avverte la Consulta – un’ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della persona e all’integrazione nella comunità di accoglienza”.
Lascia un commento