E’ un vero e proprio eremitaggio sociale, con l’autoconfinamento a casa e la totale dedizione a giochi informatici e a connessioni internet. Il suo nome è sindrome Hikikomori e in Italia affliggerebbe 220.000 ragazzi tra i 14 e i 22 anni.
Lo rendono noto la professoressa Donatella Marazziti, docente di psichiatria a Pisa, e il giornalista Mario Campanella, componenti del comitato scientifico della Fondazione BRF OnLus , per la ricerca scientifica in Neuroscienze.
L’analisi del numero è scaturito da una campionatura di 600 soggetti, divisi per sesso, età , scolarizzazione, di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bari e Palermo .
“E’ un numero che cresce progressivamente – spiegano Marazziti e Campanella – in proporzione alla proliferazione degli strumenti informatici , e che provoca una vera e propria autoemarginazione” .
L’Hikikomori è una patologia sociale che causa dispersione scolastica, difficoltà nelle interazioni sociali, isolamento assoluto.
La realtà virtuale diventa l’unica accessibile e l’unica praticabile, in un contesto nel quale le amicizie e il gruppo dei pari diventano, esclusivamente, i compagni di gioco e di avventura.
Il dato è orizzontale e riguarda , in egual misura, Nord e Sud.
I ragazzi diventano “Otaku”, come si dice in Giappone, cioè ossessionati da una totale disambiguazione sociale.
E’ necessario- concludono i due- che “il Ministero della Salute avvii una campagna di prevenzione e che affronti questa non nuova emergenza con strumenti chiari e precisi. Analoga richiesta va fatta alle Regioni che, attraverso i servizi sociali, possono e devono agire di contrasto al fenomeno, aiutando le famiglie coinvolte”(Dire)
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