L’Abruzzo è al secondo posto, nella classifica italiana, tra le regioni che nel 2014 hanno fatto registrare una diminuzione dei protesti. Ben 26,7% in meno rispetto all’anno precedente. I protesti sono stati, in totale, 25.821 di cui 21.591 cambiali. Va meglio solo nelle Marche, che guidano la classifica -28,1%. I dati emergono dall’analisi sull’andamento dei protesti elaborata da Infocamere per conto di Uniocamere e delle Camere di commercio.
“Su scala territoriale”, afferma Lorenzo Santilli, presidente Unioncamere Abruzzo, “i dati dimostrano come i protesti siano diminuiti nella nostra Regione, sia nel numero che nel valore complessivo. Il calo è più sensibile al Centro, rispetto al resto dell’Italia, con l’Abruzzo che si attesta al secondo posto in Italia, con una diminuzione dei protesti pari al 26,7% contro il 21 per cento della media nazionale. Segue il Veneto (-26,4%). Il consistente calo dei protesti evidenzia come il sistema delle nostre imprese sia più accorto e meno dedito alla costruzione di un qualsiasi rapporto. Una tendenza che farà sicuramente bene e che qualificherà l’affidabilità di clienti, fornitori e imprese”.
Nonostante i segnali di ripresa, gli italiani continuano a dimostrare una grande cautela nei rapporti d’affari. Nel primo trimestre 2015, come negli ultimi anni, cittadini e imprenditori sembrano più che prudenti nell’accettare promesse di pagamento, con il risultato di un peso più leggero di cambiali e assegni non onorati in circolazione. In termini assoluti, nel confronto tra il primo trimestre 2015 e lo stesso periodo del 2014 il totale degli effetti protestati è diminuito di circa 50mila unità, di cui più di 37mila costituiti da cambiali e oltre 11mila da assegni. In termini percentuali, il calo più consistente su scala nazionale è quello degli assegni: -23% nei primi tre mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2014, a fronte di una riduzione nel numero delle cambiali che si è fermata a -19,2%. Andamento speculare per quanto riguarda la dinamica dei valori in gioco. In termini monetari, il monte complessivo dei “pagherò” non incassati, tra gennaio e marzo, è sceso di oltre 138 milioni di euro rispetto al 2014, di cui oltre 74 milioni riferiti a cambiali e 60 milioni ad assegni.
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